Governo, Marini prova…

Dietro l’incarico anche un nodo politico: chi gestirà le elezioni
Inutile girare intorno alla questione. Il nodo politico che ancora nessuno ha saputo sciogliere riguarda quale governo gestirà le elezioni. L’attuale esecutivo dimissionario guidato da Romano Prodi? Oppure un altro governo costituito ad hoc, il cui unico scopo sarebbe farsi bocciare dalle Camere e sostituirsi a Prodi e ai suoi ministri nel disbrigo dell’ordinaria amministrazione?

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Consigli per consigli…
Il ministro degli Esteri ammonisce il segretario del suo partito, Veltroni, a non seguire i consigli del direttore di questo giornale ma, par di capire, di af­fidarsi ai suoi. Beh, W dovrebbe pensar­ci bene. In fondo hai davanti agli occhi l’esempio di Fassino, che i consigli dalemiani li ha seguiti a puntino e si è vi­sto che fine ha fatto.  O meglio, nessuno sa più neppure che fine abbia fatto. I pa­reri di D’Alema, peraltro, sono abba­stanza noti e si può esaminarli per ve­dere dove avrebbero condotto il Pd. Sul­la struttura del partito D’Alema pensa a una specie di riedizione, con 65 anni di ritardo, del “partito muovo” di Togliatti, un partito di massa dentro il quale però contavano solo i dirigenti, selezionati occhiutamente dall’ufficio quadri di Sec­chia. I partecipanti alle primarie, come gli aderenti alle assemblee di sezione degli anni 40, servono come canale pro­pagandistico e per osannare i capi, le scelte vere le fa l’ufficio politico, capace persino di ingabbiare il leader (come ac­cadde quando decise di spedire lo stes­so Togliatti a dirigere il Cominform a Praga). Togliatti, allora, si ribellò persi­no a baffone e ai suoi mandatari interni, chissà perché Veltroni, invece, dovrebbe inchinarsi ai baffi meno maestosi dell’ex presidente Ds. Per le scelte politiche, D’Alema punta a un accordo con l’Udc che dovrebbe favorire la formazione di un nuovo governo in cambio del sistema tedesco (il contrario di quello pattuito da W con Berlusconi). All’estrema ripro­posizione di questa ipotesi “realistica”, Casini ha risposto che la considera un insulto. Il fatto è che Veltroni, sia sul­l’assetto del partito sia sullo schema elettorale, ha talora sbandato verso le posizioni dalemiane, col risultato di tro­varsi in un pasticcio. Resta la questione del come andare alle elezioni, da solo o in copiosa e contrastante compagnia. Cioè se farsi accerchiare definitivamen­te o mantenere il ruolo che le primarie gli hanno attribuito. Magari, come dice Pannella in “sintonia forte con la voce non a caso isolatissima” del direttore di questo giornale, “la soluzione potrebbe essere quella di un governo Veltroni e una vicepresidenza unica a Letta”. (• da Il Foglio del 31 gennaio 2008, pag. 3)

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