Israele – Oggi e domani

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Lo Stato d’Israele (in ebraico: ????? ?????, Medinat Yisra’el; in arabo: ???? ???????, Dawlat Isr?’?l) è uno stato del Vicino Oriente che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Confina con l’Egitto a Sud, la Giordania a Est, il Libano a Nord e la Siria a Nord-Est.
La popolazione nel 2006 supera i sette milioni di abitanti. È l’unico Stato a maggioranza ebraica al mondo (circa il 76,4% della popolazione), con una consistente minoranza di arabi (in prevalenza di religione musulmana, ma anche cristiana o drusa).
L’attuale stato d’Israele è sorto il 14 maggio 1948, alla scadenza del Mandato britannico della Palestina. La Legge Fondamentale del 1980 afferma che la capitale è Gerusalemme, tuttavia, lo status di Gerusalemme non e riconosciuto dalla comunita’ internazionale in quanto territorio occupato ed è contestato dalla Autorità Nazionale Palestinese che rivendica la parte orientale della città quale sua capitale. Tutti gli Stati che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono infatti le proprie ambasciate a Tel Aviv o nelle vicinanze in ossequio a quanto disposto in sede di Consiglio di Sicurezza e Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ris. ONU 252 (1968) 21.05.1968 e Ris.ONU.267 (1969) 03.07.1969. israel4.gif
I suoi confini e la sua stessa esistenza furono oggetto di molti conflitti con i paesi limitrofi. Ad oggi, Israele ha raggiunto accordi ufficiali sui confini solo con Egitto (1979) e Giordania (1988), mentre continuano a non essere mutuamente riconosciuti quelli con Siria e Libano. Resta tutt’oggi ancora in discussione anche lo status finale di Cisgiordania e Striscia di Gaza (da cui Israele si è ritirata completamente nell’estate del 2005).
Israele è riconosciuta da varie ONG come l’unica democrazia del Vicino Oriente, e lo Stato più avanzato in termini di diritti civili e politici, di libertà d’espressione e di economia di mercato.
A 60 anni dalla nascita dello Stato ebraico il 14 maggio 1948 sulla base della risoluzione 181 delle Nazioni Unite, oggi Israele è l’unico Stato al mondo la cui legittimità viene messa in discussione dalla maggioranza dei Paesi arabi e musulmani. Questi, pur essendo membri dell’Onu e pur avendo il dovere di attenersi alla sua Carta, continuano a negare il diritto all’esistenza di uno Stato anch’esso membro dell’Onu e pienamente legittimato dal diritto e dalla comunità internazionale. Ancor più preoccupante è il fatto che alcuni di questi Paesi, con in testa il regime nazi-islamico iraniano di Khamenei e di Ahmadinejad, perseguono deliberatamente e pubblicamente l’obiettivo della distruzione di Israele anche con la minaccia della bomba atomica che mirano ad ottenere in flagrante violazione delle risoluzioni dell’Onu, nonché tramite il sostegno ai gruppi terroristici dell’Hezbollah, di Hamas e di altre sigle palestinesi, arabe ed islamiche che hanno fatto dell’eliminazione fisica di Israele la loro stessa ragion d’essere ricorrendo all’arma disumana e abietta del terrorismo suicida.
Il nostro auspicio è che nel sessantesimo della nascita di Israele si sradichi definitivamente l’ideologia di odio, violenza e morte generata dal rifiuto pregiudiziale di Israele ma che infierisce contro tutti coloro che non si sottomettono all’arbitrio del terrorismo islamico globalizzato, il quale costituisce la principale minaccia all’insieme dell’umanità. Affinché ciò si realizzi lanciamo un appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, ai capi di Stato dei 5 Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza, a tutti gli Stati membri dell’Onu e a tutti gli uomini di buona volontà nel mondo, affinché si prodighino per promuovere l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu di due risoluzioni concernenti la tutela del diritto di Israele all’esistenza e la denuncia del terrorismo islamico globalizzato, specie la sua aberrante degenerazione suicida-omicida che si alimenta dell’odio di Israele.
Nella prima risoluzione si considera “la negazione del diritto di Israele all’esistenza e il perseguimento dell’obiettivo della sua distruzione come un crimine contro l’umanità”.
Nella seconda risoluzione si considera “il terrorismo islamico globalizzato, specie nella sua degenerazione nichilista del suicidio-omicidio, che si alimenta dell’odio, della violenza e della morte nei confronti di Israele, un crimine contro l’umanità”.
Al tempo stesso noi prendiamo atto dell’esecrabile fatto che Israele resta l’imputato per antonomasia presso buona parte dell’opinione pubblica occidentale e internazionale, che trincerandosi dietro al paravento della denuncia del sionismo (fino al punto da equipararlo in sede Onu a una forma di razzismo) o reiterando la critica aprioristica e permanente della politica dei governi israeliani, ha di fatto assunto un pregiudizio ideologico nei confronti di Israele che si traduce nella riesumazione dell’antisemitismo che evidentemente non è mai stato estirpato a dispetto della tragedia storica dell’Olocausto.
E’ in questo contesto terrificante, da un lato, per l’ideologia di odio, violenza e morte che dilaga nel mondo arabo ed islamico e, dall’altro, per il pregiudizio diffuso nel mondo che si ammanta del perbenismo formale per mettere in discussione il diritto alla vita di Israele, che noi siamo sinceramente e massimamente inquieti per quanto sta accadendo in Italia. Prima c’è stato l’annullamento della visita dell’imam della Grande Moschea di Roma, Alaa Eldin Mohamed Ismail Al Ghobashy, alla Sinagoga di Roma, di fatto sottomettendosi ad una fatwa, un responso giuridico islamico, emanata il 21 gennaio dallo sheikh Abdel Fattah Allam, il braccio destro del Grande imam di Al Azhar, lo sheikh Mohammed Sayed Tantawi, in cui ha sentenziato: “Il dialogo tra islam e ebraismo non è contemplato finché non saranno restituiti i propri diritti a chi ne è titolare”. Che sostanzialmente significa che non ci potrà essere dialogo tra i musulmani e gli ebrei in Italia fino a quando i palestinesi non saranno riusciti a eliminare Israele. Poi c’è stata l’iniziativa dell’Unione degli scrittori arabi di annunciare il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino, in programma dall’8 al 12 maggio, sostenuto da un’altra sconcertante fatwa emessa il primo febbraio da Tariq Ramadan, l’ideologo di maggior prestigio e visibilità mediatica dei Fratelli Musulmani in Europa, in cui ha sentenziato: “Dobbiamo affermare in modo chiaro che non si può approvare nulla che provenga da Israele (…) A partire da ora non possiamo riconoscere la legittimità di celebrare uno Stato nel momento che si tratta di Israele, il quale lascia una scia di morte e di desolazione”. Quindi l’8 febbraio è stata resa pubblica una lista di proscrizione dei docenti universitari ebrei e simpatizzanti di Israele, in prevalenza della Sapienza di Roma, in cui si denuncia la presenza di una “di una lobby ebraica negli atenei della Sapienza”, con un “cognome ebraico” e che “sostiene pubblicamente e politicamente Israele”. La si definisce “una minoranza etnica ideologizzata culturalmente e politicamente solidale ad una entità politica extranazionale quale Israele rappresenta”.
Al tempo stesso non possiamo che esprimere la nostra seria preoccupazione per la partecipazione di frange legate alla sinistra estrema e di altre forze radicali al movimento di condanna permanente di Israele. Anche perché siamo consapevoli che se è vero che è solo una piccola minoranza quella che brucia le bandiere di Israele e inalbera gli slogan dei terroristi palestinesi, c’è purtroppo una maggioranza fin troppo silenziosa che non soltanto non reagisce ma periodicamente sottoscrive appelli che s’ispirano al medesimo pregiudizio nei confronti dello Stato ebraico. Più in generale siamo allarmati dal fatto che nelle università, nei centri culturali e perfino nelle sedi istituzionali si ospitino volentieri degli apologeti del terrorismo islamico, quale Tariq Ramadan e Youssef Qaradawi, mentre si contestano gli ambasciatori e gli intellettuali israeliani. In particolare consideriamo un grave errore l’aver incluso il presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), Mohamed Nour Dachan, in seno alla “Consulta per l’islam d’Italia” istituita presso il Ministero dell’Interno sin dal 2005, i cui lavori sono stati recentemente sospesi dal ministro dell’Interno Giuliano Amato proprio per le sue aberranti farneticazioni in cui ha equiparato Israele al nazismo e per il suo esplicito sostegno al gruppo terroristico palestinese di Hamas, costatogli il rinvio a giudizio per istigazione all’odio razziale. Eppure Dachan continua a ricoprire formalmente l’incarico di consulente del ministro dell’Interno.
Ecco perché, nel sessantesimo della nascita di Israele, noi lanciamo un accorato e vibrante appello a tutti gli uomini di buona volontà ovunque nel mondo, affinché si dica basta alla negazione del suo diritto all’esistenza. Noi siamo consapevoli che oggi più che mai Israele è il paradigma della vita perché nel momento in cui non lo si è voluto accettare il 14 maggio 1948, si è messo in moto un deleterio processo ideologico di odio, violenza e morte che si è ritorto contro gli stessi che l’hanno promosso, tanto è vero che oggi i carnefici sono musulmani ma anche la gran parte delle vittime del terrorismo islamico sono anch’esse musulmane. Noi oggi vogliamo elevare in modo chiaro e forte il nostro augurio di lunga vita a Israele nella certezza che esso coincida con l’inno alla vita di tutti, a partire dagli arabi palestinesi che ci auguriamo possano al più presto avere uno Stato indipendente che coesista pacificamente al fianco di Israele.
Noi qui in Italia dobbiamo partire proprio dalle esperienze traumatiche della pubblicazione di una lista di proscrizione di docenti ebrei, dell’annuncio del boicottaggio arabo della Fiera del Libro di Torino, dell’annullamento della visita dell’imam della Grande Moschea di Roma alla Sinagoga, delle manifestazioni in cui si bruciano le bandiere con la Stella di David, dei ripetuti appelli in cui si condanna Israele paragonandolo al nazismo, della collusione ideologica con gli estremisti panarabisti e islamici presente in seno alle università e alle sedi culturali, della pavidità della classe politica che sulla scena internazionale svende i valori in cambio degli affari con i negazionisti di Israele e che sulla scena interna ha permesso che le moschee si trasformassero in centri di indottrinamento all’ideologia islamica radicale, dobbiamo partire da tutto ciò per dire basta con il loro arbitrio, le loro minacce e la loro aggressività e basta con la nostra paura, il nostro disfattismo e sottomissione.
Concretamente noi vogliamo essere in prima fila nel festeggiare i 60 anni di Israele e nell’augurare lunga vita allo Stato ebraico. Vogliamo che d’ora in poi in Italia non si accreditino e non si legittimino più come interlocutori coloro che negano il diritto di Israele all’esistenza e sostengono il terrorismo palestinese. Noi ci auguriamo di cuore che la festa di Israele corrisponda alla festa della Vita, la vita di tutti gli amanti del bene comune e di tutti i protagonisti della comune civiltà dell’uomo (da www.magdiallam.it).
60 anni di Israele – in sottofondo, l’inno nazionale israeliano “Hatikva” (la speranza) cantato da Barbara Streisand

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