Islanda e il Museo del Fallo

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Come promesso nel precedente post, eccovi le foto e il servizio sull’originale collezione di campioni fallologici (cliccare qui) appartenenti a varie specie di mammiferi sia d’Islanda che di altre parti della Terra, raccolti in una delle esposizioni più bizzarre al mondo, il Museo Fallologico Islandese, a Laugavegur 116, nella città di Reykjavik. Sembra assurdo che esista, ma ha avuto un successo tale che è stato trasferito dalla sperduta Húsavík, cittadina del nord vicino ad Akureyri, alla capitale Reykjavik.  Il sito internet (cliccare qui)  tradotto anche in italiano – caso più unico che raro in Islanda – è ben fatto, ricco di foto e dettagli e con, addirittura, il catalogo completo online dedicato all’organo sessuale maschile.      m01

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Il Museo Fallologico Islandese ospita la più grande esposizione al mondo di peni e/o parti di peni.

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La collezione di 280 esemplari provenienti da 93 specie di animali comprende 55 peni di balene, 36 di foche e 189 di mammiferi terrestri, presumibilmente compresi elfi e troll.

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Nel luglio 2011 il museo ha ottenuto il suo primo pene umano, uno dei quattro promessi da aspiranti donatori, naturalmente dopo la loro morte. Il distacco dal corpo del donatore non è andato però secondo i piani ed il pene è stato ridotto ad una massa raggrinzita grigio-marrone decapitata, conservata in un barattolo di formalina.

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Fondato nel 1997 da un insegnante in pensione Sigurður Hjartarson, che nelle occasioni speciali ama indossare una cravatta a farfalla decorata con immagini di falli, è ora gestito dal figlio Hjörtur Gísli Sigurðsson.

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Sigurður padre in un’intervista così racconta come è nato il museo: “L’idea della raccolta risale al 1974, quando ricevei un pene di toro. Da bambino ero sempre stato mandato in campagna durante le vacanze estive, e avevo ricevuto una frusta fabbricata con un pene di toro. Nel 1974 vivevo nella cittadina di Akranes nella costa sud-occidentale, dove ero preside di scuola secondaria. Alcuni dei miei insegnanti erano soliti lavorare d’estate nella vicina stazione baleniera, e dopo quel primo esemplare essi cominciarono a portarmi peni di balene, probabilmente per prendermi in giro. Allora nacque l’idea di collezionare gradualmente un interessante campionario di falli di più specie di mammiferi”.

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Nel corso degli anni ha ottenuto gli organi di animali islandesi da fonti di tutto il paese, con le acquisizioni che vanno da una parte del pene di una balenottera azzurra di 170 cm di lunghezza e del peso di 70 kg.

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Il campione è solo la punta, in quanto l’intero organo, quando intatto, sarebbe stato di circa 5 m di lunghezza e avrebbe pesato circa 350-450 chilogrammi. Dall’altra si situa il baculum di un criceto, di soli 2 mm di lunghezza che ha bisogno di una lente di ingrandimento per essere visualizzato.

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Sigurður ha descritto la collezione come il prodotto di “37 anni di raccolta di peni. Qualcuno doveva farlo”. Il museo accoglie anche una “sezione folklore“, che ripercorre la storia del pene nelle narrazioni mitologiche: vengono infatti mostrate ricostruzioni immaginarie dei falli di elfi, troll, ed altri personaggi della fantasia popolare.

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Sigurður, citando il fallo dell’elfo (che il catalogo del museo descrive come “insolitamente grande e vecchio“) come il suo preferito, ricorda tuttavia che questo non può essere visto poiché secondo la tradizione islandese elfi e troll sono invisibili.

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La collezione presenta anche opere d’arte e oggetti fallici pene-collegati o il “phallobilia“, come paralumi realizzati dallo scroto dei tori ed un’incisione settecentesca raffigurante la circoncisione di Cristo.

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Per la salvaguardia della collezione, varie sono le tecniche usate: si va dalla conservazione in formaldeide, al decapaggio, fino a giungere all’essiccamento, all’imbottitura ed alla salatura. Addirittura, per preservare un pene di toro, Sigurður decise di trasformarlo in un bastone da passeggio; sorte quasi analoga è toccata a numerosi testicoli di montone, trasformati in lampade che tuttora illuminano le sale.

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La maggior parte della collezione proviene da donazioni; l’unico acquisto fino ad oggi è stato un pene di elefante che misura quasi un metro.

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Il museo contiene anche i calchi in materiale argentato dei peni di 15 giocatori della nazionale islandese di pallamano, classificata seconda alle Olimpiadi di Pechino 2008. Sigurður sostiene che, anche se non vengono visualizzate nello stesso ordine come i soggetti indicati nella fotografia che li accompagna, “le loro mogli li dovrebbero riconoscere“. Secondo altri, queste sculture sono state create dalla figlia di Sigurður, Þorgerður Sigurðardóttir, ed erano basate sulla propria esperienza piuttosto che sulla conoscenza della squadra.

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Il museo è divenuto una popolare attrazione turistica con decine di migliaia di visitatori ogni anno, in prevalenza donne. Be’, qui le battute si sprecano; il libro degli ospiti contiene commenti del tipo: “Non ho mai visto così tanti peni e dire che sono andato in collegio!“, “Vi sono di più grossi in Italia, in particolare a Carbognano“, “Museo del cazzo; mi iscrivo come membro onorario” e “Ora sono cazzi…tutti a bocca aperta”.

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E ancora come controproposta mi è spuntata l’idea di allestire delle immagini su un tema altrettanto originale: la vulva.

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Anche se penso che le vagine siano meglio vive e palpitanti.

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E comunque sembra essere una brillante idea anche pensando ai molti turisti (…in prevalenza uomini!) incuriositi che sarebbero pronti a inserire il museo della vulva nel proprio itinerario di viaggio.

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