Abbiamo fame di libertà

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Mahmud Ahmadinejad (????? ??????????) (Ar?d?n, 28 ottobre 1956) è un politico iraniano, sesto e attuale Presidente della Repubblica islamica dell’Iran dal 3 agosto 2005.
Il presidente iraniano Ahmadinejad continua nella sua opera di minaccia nei confronti di Israele. Alla vigilia della sua partenza per Roma il capo del Governo iraniano ha detto, in un’occasione pubblica a Teheran, che lo Stato ebraico «verrà presto eliminato dalle carte geografiche». «Il regime sionista criminale e terrorista, che ha una storia di 60 anni di saccheggi, aggressioni e crimini – ha affermato Ahmadinejad, citato dall’agenzia Irna – è alla fine e verrà presto cancellato dalle carte geografiche».
The clock is ticking for Israel

In occasione del vertice mondiale della Fao sulla fame nel mondo, che si tiene a Roma dal 3 al 5 giugno, sarà presente anche il Presidente della teocrazia fondamentalista iraniana, Ahmadinejad. Per questo si è costituito in queste ore un Comitato composto da verie Associazioni, tra le altre quelle della galassia radicale, che hanno elaborato il testo dell’Appello ‘Abbiamo fame di Libertà’, di seguito riportato.
“ABBIAMO FAME DI LIBERTA'”
La presenza del Presidente della Repubblica islamica dell’Iran, Ahmadinejad, proprio nell’ambito del vertice FAO che affronta il dramma della fame nel mondo, simboleggia la devastante contraddizione tra la violenza dei Governi totalitari e i loro proclami demagogici a favore dei popoli imponendoci inderogabilmente di denunciare la sistematica violazione dei diritti umani dei cittadini iraniani.
Da quasi trent’anni la politica dei governi di Teheran nega i diritti delle minoranze religiose, delle donne, degli omosessuali, delle minoranze etniche, delle associazioni studentesche come di chiunque non condivida le politiche del regime. Costantemente sono negati i diritti cardine della democrazia, si impedisce la libertà d’espressione e nessuno spazio è concesso alla libertà di stampa. In Iran si susseguono esecuzioni capitali nei confronti di dissidenti politici, oppositori delle repressioni, studenti, giovani omosessuali.
Questa politica repressiva e la retorica dell’odio del Presidente Ahmadinejad, che proclama la volontà di distruggere lo Stato di Israele e insiste nel negare la tragedia della Shoa, dovrebbero suggerire alla Comunità internazionale un diverso profilo nei rapporti diplomatici con l’Iran.
Il Governo iraniano provoca ed alimenta l’instabilità dell’intera Regione mediorientale, sostiene ed arma i gruppi terroristici, e non ha ancora chiarito alla comunità internazionale gli obiettivi del suo programma nucleare.
Vogliamo, pertanto, richiamare tutti gli Stati aderenti all’ONU alla consapevolezza che non esistono soluzioni realmente efficaci al dramma alimentare in assenza di libertà e democrazia. La lotta alla fame nel mondo si deve e si può accompagnare alla lotta contro le dittature, contro le violenze, le violazioni dei diritti umani e contro i terrorismi.
Nel momento in cui il mondo si prepara a parlare di sicurezza e di risorse alimentari, dobbiamo avere la consapevolezza che la democrazia (civile, sociale, politica ed economica) è la soluzione alla tragedia della fame.

Il Papa non incontrerà Ahmadinejad: ha vinto la coerenza con i nostri valori e con i legittimi interessi di lungo termine
Ma l’Occidente sbaglia continuando a immaginare che sarebbe possibile isolare il presidente nazi-islamico per continuare a fare affari con il regime teocratico che rappresenta la principale minaccia alla sicurezza mondiale
autore: Magdi Cristiano Allam (Corriere della Sera,1-6-08)
C’era una sola via d’uscita onesta e onorevole al profondo imbarazzo dell’Italia e del Vaticano alle richieste d’incontro avanzate dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che arriverà a Roma su invito della Fao per la Conferenza internazionale sulla sicurezza alimentare che si terrà dal 3 al 5 giugno: non incontrarlo, coerentemente con quei valori assoluti, universali e trascendenti che sostanziano l’essenza della nostra umanità e che sono il fondamento della civiltà occidentale, nonché a salvaguardia di legittimi interessi nazionali e internazionali nel lungo termine. Bene hanno dunque fatto il papa Benedetto XVI e il premier Berlusconi.
E’ necessario guardare in faccia alla realtà di Ahmadinejad, che non è affatto un corpo estraneo o una scheggia impazzita del regime teocratico sciita, bensì parte integrante ed espressione autentica e legittimata dal voto popolare di una dittatura in cui la “Guida spirituale”, l’ayatollah Ali Khamenei, incarna i massimi poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Così come bisogna prendere atto che si tratta di una pia illusione, o meglio di una sfacciata ipocrisia, immaginare che si possa mantenere le distanze dalla persona di Ahmadinejad e contemporaneamente intensificare i rapporti economici e commerciali con l’Iran, considerando questo comportamento come dignitoso sul piano etico e pragmatico sul piano dell’interesse nazionale. Ebbene non è affatto così. Un simile atteggiamento è, da un lato, lesivo dei diritti fondamentali della persona e dei valori non negoziabili e, dall’altro, realizza tutt’al più l’interesse di breve termine di singole aziende, mentre complessivamente si traduce in un sostegno fattuale al regime che oggi rappresenta la principale minaccia alla sicurezza e alla stabilità internazionale.
Ecco perché noi abbiamo il diritto e il dovere di esigere da Ahmadinejad, quale condizione preliminare per stringergli la mano, che assuma formalmente una posizione congrua con i diritti inalienabili e i valori inviolabili, rassicurando il mondo intero che non intende essere un pericolo per l’insieme dell’umanità, cominciando ad ottemperare alle risoluzioni dell’Onu che ingiungono all’Iran di sospendere l’attività di arricchimento dell’uranio nella consapevolezza che sta perseguendo la costruzione della bomba atomica; dichiarando pubblicamente il rispetto della sacralità della vita, a cominciare dal riconoscimento del diritto di Israele all’esistenza e dalla condanna del terrorismo suicida ed omicida di Hamas, della Jihad Islamica, del Hezbollah e di Moqtada Al Sadr sostenuti e finanziati dall’Iran stesso; rispettando la libertà religiosa degli iraniani cessando la persecuzione dei cristiani e dei bahai e la condanna a morte dei musulmani che si convertono ad un’altra fede; rispettando la dignità della persona ponendo fine agli arresti, all’impiccagione e alla lapidazione degli omosessuali.
Immagino che molti di voi sorrideranno perché è del tutto evidente che Ahmadinejad non riconoscerà mai il diritto alla vita di Israele, non rinnegherà mai il terrorismo islamico, non rispetterà mai la libertà di fede e i diritti individuali degli omosessuali. Ma c’è poco da sorridere quando, dalla constatazione tragica dell’irremovibilità di Ahmadinejad su questioni cruciali che mettono a repentaglio la sorte del mondo intero, non pochi in Occidente e altrove s’illudono che scendere a patti con un regime che rappresenta il nuovo nazismo islamico, corrisponda a una scelta di realismo per mantenere, costi quel che costi, il filo del dialogo nella speranza che dopo Ahmadinejad qualcun altro possa apportare un cambiamento di fondo. Si evoca con nostalgia l’ex presidente Khatami, dimenticando che lui stesso, dopo due mandati con un amplissimo sostegno popolare, ammise il totale fallimento del tentativo di riformare dall’interno la teocrazia. Proprio l’esperienza di Khatami, che è un religioso, conferma che il regime degli ayatollah non è riformabile pena la sua dissoluzione. Si evoca con speranza il neo-presidente del Majlis, il parlamento iraniano, Ali Larijani, rimuovendo fin troppo rapidamente il fatto che anch’egli ha fallito quale negoziatore sulla crisi del nucleare perché le sue posizioni, al di là dei toni più pacati, sono simili a quelle di Ahmadinejad. Ebbene nell’attesa che un qualche evento imprevedibile possa portare ad un autentico cambiamento interno iraniano, ciò che dobbiamo fare per prevenire che i nuovi nazisti islamici minaccino il mondo intero è mostrare fermezza nella difesa dei nostri valori e dei nostri interessi.

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