Nel 2009, le elezioni per il Parlamento europeo si terranno tra il 4 e il 7 giugno nei 27 Stati dell’Unione europea; ogni Stato sceglierà la data delle elezioni a seconda delle consuetudini proprie della nazione o secondo quanto stabilito dai singoli governi, ad esempio, in Italia il 6 e 7 giugno, di sabato e domenica, come nel 2004 ma diversamente da quanto accaduto nelle più recenti elezioni, mentre nel Regno Unito il 4 giugno, di giovedì, come avviene solitamente. Quasi 500 milioni di cittadini europei saranno rappresentati da 736 membri del Parlamento europeo con il sistema proporzionale, superando le elezioni del 2004 che furono le più grandi elezioni trans-nazionali della storia.
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Vogliamo discutere ora sui poteri e sulla validità o meno del parlamento europeo?
Ci vorrebbe un doppio Brunetta per i fannulloni del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo, quest’anno ha introdotto una novità mondiale: l’anno lavorativo di 33 giorni. Agli eurodeputati, pagati 30mila euro mensili, basta volare a Bruxelles o a Strasburgo una volta al mese, starci due-tre giorni, ed è fatta.
Il problema degli eletti italiani è, poi, anche quello di non sapere le lingue. La maggioranza assoluta dei nostri eurodeputati non parla bene l’inglese, o almeno il francese o il tedesco. E questo è grave non tanto per le riunioni d’aula, dove è assicurata la traduzione simultanea, quanto per tutti i contatti di corridoio con i colleghi delle altre nazioni, che rappresentano il vero lavoro utile da svolgere a Bruxelles.
Infatti, da un punto di vista concreto l’Europarlamento serve a poco. È un organo consultivo, non decide quasi niente da solo. Non nomina governi, non toglie la fiducia, tutte le leggi (direttive) devono essere “codecise” assieme ai burocrati della Commissione. Alla fine chi comanda veramente non sono né il Parlamento né la Commissione, ma il Consiglio, composto dai ministri dei 27 stati membri. E neanche loro hanno l’ultima parola, perché poi ciascuno stato è libero di mettere il veto.
Insomma, quello che voteremo fra meno di un mese è un enorme, simpatico, gigantesco e costosissimo ente inutile che serve soprattutto per far socializzare centinaia di giovani portaborse multietnici (dalla Lettonia a Malta, dall’Irlanda a Cipro): sono loro a effettuare il vero lavoro, per l’eurodeputato di cui sono “assistenti”. Il quale è libero di decidere quanto pagarli. Dispone di 17.500 euro al mese: può darli tutti a uno solo (magari parente o amante), oppure assumerne 17 a mille euro ciascuno. Può tenerli al Parlamento oppure nel proprio collegio elettorale.
Nella Babele di Strasburgo si parlano 22 lingue. Quindi, in teoria, il numero di interpreti è di 22 al quadrato, perché ciascuna lingua dovrebbe essere tradotta in ogni altra. Impresa impossibile. assorbirebbe tutto il bilancio dell’Unione. Ci sono quindi le lingue-ponte per esempio un interprete dall’estone all’inglese, e subito dopo un altro dall’inglese all’italiano. Il risultato è comico. Se qualcuno fa una battuta, un terzo della sala ride subito, un terzo dopo dieci secondi, e gli altri dopo venti.
Sempre che capiscano qualcosa, perché si calcola che ad ogni traduzione si perda in media il 30 per cento del significato. Gli irlandesi hanno preteso che il gaelico diventasse lingua ufficiale, anche se neppure loro lo parlano. E così i maltesi. Ora si aspettano il croato, il serbo, l’albanese, il norvegese, l’islandese, l’ucraino e il turco. Si spera invano che i moldavi accettino il rumeno.
L’altro grande spreco dell’Europarlamento sono le tre sedi: Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo. Grandi traslochi di migliaia di persone e casse ogni mese. Costano 120 milioni di euro all’anno in più. Dieci anni fa sia il Belgio sia la Francia, per paura di perderlo, hanno costruito un nuovo palazzo. Tutto è doppio.
Fino al ’99 Strasburgo usava le sale del Consiglio d’Europa: un altro ente diventato inutile dieci anni prima, col crollo del Muro di Berlino e l’entrata dei Paesi dell’Est nell’Unione. Ora i due palazzi troneggiano uno accanto all’altro, desolatamente vuoti per quaranta settimane all’anno. Questa è la vita dell’eurodeputato. Pagatissima, undici mesi di ferie annui. Ma frustrante. Spesso -quando si va- si va a scaldare la sedia.
Mourinho lo descriverebbe così, il parlamento europeo: tanti campioni, zero titoli. Prendete Gianni Rivera: l’ex golden boy qui a Strasburgo non ha segnato mai, zero interventi e zero interrogazioni, appunto. Pare che il Pd non si sia strappato le vesti a vederselo strappare dall’Udc, che lo candida capolista. Ha fatto peggio persino di Iva Zanicchi, che sul palco europeo si è esibita una sola volta in un anno, in affollata compagnia di Elisabetta Gardini e Maddalena Calia nel suo partito, il Pdl, e di Catiuscia Marini del Pd. Chi ha fatto meglio non ha dovuto faticare granché, ché qui per piazzarsi a metà classifica basta far sentire la propria voce due, tre, quattro volte in cinque anni. Senza venire retrocessi, visto che la maggior parte si ricandida.
Lara Ciullo , spot Elezioni europee 2009
Il recordman Mario Mauro: al Pdl ha portato la palma di 368 interventi e 96 interrogazioni, seguito dal socialista Alessandro Battilocchio, 270 interventi, anche se poi di interrogazioni ne ha firmate solo 37. Frenetico il leghista Mario Borghezio, che la sua crociata anti-islam l’ha combattuta a suon di 116 sfuriate e 190 documenti. Segue Marco Cappato, 110 su 254, fortuna che c’è lui perché se fosse per Marco Pannella i radicali si sarebbero fatti sentire solo 36 volte in un quinquennio. In generale, sopra alle due cifre si piazzano i comunisti e il Pdl. Non pervenuto il Pd: il più impegnato è il fratello dell’ex premier Romano, figurarsi gli altri.
Se parli con chi le liste le compila, destra o sinistra non importa, scopri che l’arcano è tutto lì, nella compilazione delle liste. Pare che i parlamentari europei si dividano in due categorie. Quelli che credono nell’arte di far politica, indipendentemente dall’Assemblea in cui siedono. E quelli che si imboscano per ripicca, perché vivono l’elezione oltreconfine come un confino. Per capire basta dare un’occhiata al Nord Ovest, casa Pd. Lì, per una Marta Vincenzi che, da eurodeputata, due anni fa combatté una lotta all’ultimo artiglio per tornare a Genova a fare il sindaco vincendo le resistenze di un partito che avendola spedita a Strasburgo pensava di averla finalmente “sistemata”, c’è un Sergio Cofferati che ha fatto la battaglia inversa, da sindaco di Bologna a capolista per le Europee perché, ha detto: la mia famiglia vive a Genova e io voglio fare il papà. Le scommesse su quanti interventi farà in Aula sono già incominciate.
Elezioni Europee 2009: per chi votare?