Sperlonga…amore a prima vista
La Villa vera e propria conserva una serie di ambienti intorno ad un cortile porticato, tra i quali sono compresi ambienti di servizio, più volte ristrutturati, una fornace e un forno per la cottura del pane.
Agli inizi del I secolo d.C. venne aggiunto un lungo portico a due navate e la grotta naturale che sorgeva presso la villa fu inquadrata all’ingresso da un prospetto architettonico e venne parzialmente trasformata con interventi in muratura e la collocazione di sculture.
La grotta comprende una vasta cavità principale, preceduta da una ampia vasca rettangolare (peschiera) con acqua marina, al cui centro era stata realizzata un’isola artificiale che ospitava la caenatio (sala da pranzo) estiva.
La vasca comunicava con una piscina circolare (diametro di 12 m), posta all’interno della grotta, dove era stato collocato il gruppo statuario di Scilla e la nave.
Sulla cavità principale si aprivano due ambienti minori: a sinistra un ambiente a ferro di cavallo, con in fondo un triclinio, e a destra un ninfeo con cascatelle e giochi d’acqua, in fondo al quale si apriva una nicchia che ospitava il gruppo dell’accecamento di Polifemo.
Tra la piscina circolare e la vasca quadrata erano collocati due gruppi scultorei più piccoli: il Rapimento del Palladio e il gruppo di Ulisse che trascina il corpo di Achille.
Una scultura con Ganimede rapito dall’aquila di Zeus era invece posta in alto sopra l’apertura della grotta.
Ritornando nel museo archeologico, nella Sala del Polifemo è esposta la ricostruzione del gruppo del Polifemo, realizzata con resine epossidiche, proposta dall’archeologo Baldassare Conticello, insieme ai marmi originali, conservatici relativi a tale gruppo.
Circa il soggetto della composizione si era ritenuto, al momento della scoperta dei marmi (ipotesi di Giulio Jacopi), che esso si riferisse alla vicenda del Laocoonte, sacerdote troiano di Apollo, strangolato ed ucciso assieme ai propri figli dai serpenti inviati da Athena protettrice dei Greci che assediavano la città di Troia.
Tale ipotesi veniva avvalorata dal rinvenimento di una iscrizione marmorea, che è stata successivamente collegata al gruppo di Scilla, recante i nomi degli autori dell’opera: Athanodoros figlio di Agesandros, Agesandros figlio di Peonios, Polydoros figlio di Polydoros, di Rodi. Alla loro officina appartiene anche il Laocoonte rinvenuto a Roma nel XVI secolo nelle Terme di Tito e conservato nelle collezioni dei Musei Vaticani.
È ormai concordemente accettato dagli studiosi che il gruppo raffiguri l’episodio omerico dell’accecamento di Polifemo da parte di Ulisse e dei suoi compagni, prigionieri nell’antro del ciclope. Tale gruppo, la cui iconografia ci è nota nelle sue grandi linee da una tarda rielaborazione in un rilievo, forse di sarcofago, conservato a Catania nel Museo del Castello Ursino, rappresenta il momento culminante dell’azione da parte di Ulisse e dei suoi compagni per l’accecamento del Ciclope, mentre questi dorme ebbro per il vino bevuto.
Il gruppo è formato dal Ciclope semisdraiato su una pelle di pecora, immerso in un profondo sonno provocatogli dal vino che uno dei compagni dell’eroe gli aveva abbondantemente versato da un otre di pelle che ancora regge con la mano, mentre intorno a lui sono Ulisse e alcuni compagni con il palo appuntito, pronti a conficcarlo nell’unico occhio di Polifemo.
Due dei compagni sono stati quasi integralmente ricostruiti. Uno è a destra, in atto di indietreggiare impaurito alla vista del Ciclope; nella mano sinistra regge un otre di pelle vuoto, il recipiente che conteneva il vino offerto al gigante, la destra è protesa in avanti in un gesto istintivo di terrore. Un secondo compagno sostiene il palo all’estremità, mentre un altro (non ancora completamente ricostruito) lo sostiene nella parte centrale.
Ulisse è in alto sulla roccia a dirigere l’azione dei compagni. Il corpo dell’eroe è ricostruito quasi integralmente; fortunatamente integra ci è giunta la testa con pilos, di altissima potenza espressiva. I più validi confronti per la determinazione della cronologia del complesso possono porsi con i rilievi dell’altare di Pergamo nei Musei Nazionali di Berlino, databili tra il 166 ed il 156 a.C. Si tratterebbe di un’ottima copia della prima età imperiale da un originale greco della media età ellenistica, ascrivibile alla corrente rodio-pergamena.
Nella Sala di Scilla viene invece esposta la ricostruzione, incompleta perché ancora in corso di restauro, del gruppo monumentale di Scilla, mitico mostro dal busto umano e dal corpo anguiforme, raffigurato nell’atto di afferrare i compagni di Ulisse da una nave sulla quale doveva originariamente essere posto lo stesso eroe.
L’iconografia del mostro è nota da, numerosissime testimonianze archeologiche.
Esso è sempre raffigurato con il corpo robusto di una giovane donna circondato all’altezza dell’inguine da una corona di protomi canine uscenti dalla parte inferiore del corpo e volte ad afferrare sei compagni di Ulisse dalla nave dell’eroe che gli passava vicino. Esso reggeva nella sinistra un timone, mentre con la mano destra afferrava la calotta cranica del nocchiero della nave.
Il gruppo di Scilla, scolpito in un unico blocco di marmo di m 2,50 x m 2,70, è l’opera più grandiosa mai realizzata su questo tema ed il gruppo più complesso creato nella antichità. Dalla composizione di tale gruppo marmoreo si comprende l’orrendo tributo che Ulisse pagò al mostro con il sacrificio di ben sei compagni.
Nulla, purtroppo si è conservato del busto umano del mostro. Probabilmente la testa è da ritenersi perduta, in quanto rinvenuta in passato e poi scomparsa. Anche la mano sinistra con pezzo del timone portata alla luce nel secolo scorso è andata dispersa. I marmi superstiti sono stati ricomposti dallo scultore Vittorio Moriello sotto la direzione scientifica di Baldassare Conticello. Il restauro ha permesso di ricostruire la parte inferiore di Scilla, quella da cui fuoriescono le protomi canine disposte in modo tale che due si trovino all’attaccatura delle gambe, mentre su ciascun lato altre due sono attaccate all’altezza del troncatere. Le due code pisciformi si sviluppano dai glutei attorcigliandosi in fuori.
Della parte inferiore sono conservate due code pisciformi aderenti alla roccia nella base. All’altezza dell’inguine, in circolo, si disponevano le sei protomi canine Di esse, cinque sono in gran parte conservate, della sesta esiste il frammento di una zampa.
Tali protomi afferravano ognuna i compagni di Ulisse, che cadendo dalla nave assumevano varie posizioni dai ritmi complessi e tortili.
La prima protome canina aggettante dal fianco sinistro di Scilla si protende verso l’unico uomo posto sulla nave, il c.d. nocchiero, aggrappato al diritto di poppa, che passava sul fianco destro di Scilla. Il compagno di Ulisse che conserva ancora nel viso tracce di colore originale, è raffigurato in atto di precipitare, mentre la mano destra del mostro gli afferra la parte superiore della testa.
Una seconda protome canina afferra al petto un altro uomo raffigurato con la testa capovolta in atto di precipitare nel mare. Altre due protomi sono in atto di mordere sulle spalle in un contatto mortale altri due compagni dell’eroe, uno raffigurato di prospetto mentre fuoriesce dall’acqua, l’altro sospeso in aria e sostenuto dalla protome.
Gli altri due compagni di Ulisse sono avviluppati nelle spire pisciformi e contemporaneamente attaccati da altre due teste. Una di queste afferra la testa dell’uomo posto nella spira destra, l’altra afferra la gamba destra dell’uomo avvolto nella spira sinistra.
Accanto a Scilla sul lato destro compare la nave marmorea sulla quale è il nocchiero, un uomo barbato di età matura, vicino al quale originariamente doveva essere posto Ulisse. Tale nave trova confronti con il rilievo navale di Agesandros a Lindo (Rodi), e con la Nike di Samotracia, entrambi attribuiti all’arte rodiese e datati agli inizi del II secolo a.C. La nave sembra appartenere al tipo di nave ellenistica detta triemiolia.
Sulla nave, presso il timoniere compare un’iscrizione con i nomi degli autori dell’opera, quegli stessi artisti a cui si deve il Gruppo del Laocoonte dei Musei Vaticani: Athanodoros, Agesandros e Polydoros, autorevoli rappresentanti della scuola rodia.
Gli studiosi concordano sul fatto che tutti e quattro i gruppi sperlongani provengano da una stessa bottega di scultori in cui venne realizzato il gruppo di Scilla. Baldassare Conticello e Bernard Andreae, autori di un fondamentale studio sull’opera, ritengono che Athanodoros, Agesandros e Polydoros abbiano solo copiato in marmo il gruppo di Scilla il cui originale doveva essere in bronzo ed inquadrabile cronologicamente nella prima meta del II secolo a.C.
Da più autori antichi è, infatti, attestata l’esistenza di un gruppo bronzeo raffigurante Scilla, la cui descrizione coincide con quello di Sperlonga. Esso sarebbe stato prelevato da centri ellenistici e portato a Costantinopoli, dove venne innalzato sulla spina dell’ippodromo. Conticello e Andreae ipotizzano che il centro ellenistico dove era collocato il gruppo di bronzo originario di Scilla, fosse Rodi.
Il significato della Scilla di Sperlonga, così come quello degli altri tre gruppi, doveva essere la presentazione dell’eroe Ulisse nel quale l’imperatore vedeva un esempio di autentica virtù virile, un exemplum virtutis.
Oggi ultimo giorno, colazione abbondante e dopo aver comprato un pò di frutta ci incamminiamo verso la “spiaggia di levante” all’inizio della quale c’è il punto di imbarco per l’escursione alla Grotta delle Bambole.
La gita in barca alla Grotta delle Bambole è infatti la felice conclusione di una vacanza a Sperlonga.
Seguiamo la costa tra Sperlonga e Gaeta, fino a raggiungere la nostra destinazione: la Grotta delle Bambole.
Visitarla è una vera e propria impresa: è raggiungibile, infatti, soltanto via mare, superando la baia e inoltrandosi nella cavea che scava nel promontorio al di sotto della ripida falesia che identifica il paesaggio.
La Baia conosciuta per una piccola cavità carsica creatasi nei millenni è contraddistinta dall’incredibile colore turchese delle sue acque trasparenti ed è caratterizzata da numerose formazioni rocciose di stalattiti e stalagmiti, con forme bizzarre, che appunto richiamano alla memoria delle Bambole.
Non lasciatevi sfuggire l’occasione di fare un tuffo. Concedetevi un po’ di divertimento in queste acque ricche di vita e capaci di offrire scenari sorprendenti ed incantevoli.
Per chi ama esplorare i fondali sarà possibile effettuare delle splendide nuotate facendo snorkeling, un’attività semplice e divertente.
Tra distese sabbiose e scogli affioranti sul mare potrete ammirare numerosi organismi animali e vegetali. Alcuni di essi risultano molto comuni nel Mar Mediterraneo, altri invece rappresentano vere e proprie “sorprese” agli occhi di visitatori esperti e non.
Con le condizioni marine ideali, anche i principianti di snorkeling potranno raggiungere a nuoto l’interno della Grotta delle Bambole, un’esperienza suggestiva che lascia i visitatori senza fiato.
Dopo una piacevole nuotata riprendiamo la navigazione seguendo la linea costiera, contraddistinta dalla ricca flora mediterranea con le sue mille sfumature dal giallo paglierino al verde acceso passando per il viola e rosso.
Contenti, riposati e soddisfatti siamo tornati a casa, certi di ritornare. Natura e struttura della città conservate e protette, mare limpido. Da carbognanese doc sono sempre stato molto critico nel giudicare spiagge e località marine, ma Sperlonga – una delle perle del Mediterraneo splendido connubio tra storia e ambiente – è diversa…è uno scrigno prezioso sempre da ammirare e custodire gelosamente…è stato amore a prima vista.
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emma carey