Viaggio su una Ferrovia che non c’è…la Civitavecchia-Capranica-Sutri-Fabrica di Roma-Orte o Ferrovia dei Due Mari


La linea ferrovia Orte-Civitavecchia, inaugurata il 28 ottobre 1928, in occasione del sesto anniversario della Marcia su Roma, ed aperta al traffico l’anno successivo, inglobando la breve tratta Capranica-Ronciglione aperta nel 1894 (130 anni fa) come diramazione della ferrovia Roma-Capranica-Viterbo, venne progettata per collegare le acciaierie di Terni con il porto di Civitavecchia.

Il servizio ferroviario lungo la linea venne interrotto durante il periodo bellico, e riprese nel 1947, ma a seguito di un piccolo evento franoso che interessò i binari all’imbocco della galleria Cencelle, lato Civitavecchia, alla progressiva chilometrica 13+200 nel gennaio del 1961, il tratto tra Civitavecchia e Capranica venne chiuso al traffico, lasciando in servizio solo la tratta da Capranica a Orte, anche questa successivamente chiusa, a partire dal settembre 1994.

Pochi mesi prima della chiusura, la tratta Capranica-Orte fu interessata da lavori di ammodernamento, con l’automazione dei segnali e dei passaggi a livello, che purtroppo vennero vandalizzati e depredati a seguito della mancata sorveglianza della linea.

Secondo quanto riportato dal sito di RFI (Rete Ferroviaria Italiana, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane), alla pagina «Circolari Territoriali e Fascicoli Circolazione Linee», entrambi i tratti della linea in questione, ovvero il tratto Capranica-Civitavecchia e il tratto Capranica-Orte, risultano essere allo «stato attuale», «temporaneamente chiusi all’esercizio».

Nell’ultimo mezzo secolo la ferrovia è stata oggetto di diverse iniziative legislative e programmi, tra questi il «Programma Integrativo» per le ferrovie del 1981 col quale vennero stanziati i finanziamenti necessari alla riapertura della tratta interrotta tra Civitavecchia e Capranica, il decreto del Ministero dei Trasporti del 1983, con cui si è approvata la concessione per i lavori di ripristino del tratto Civitavecchia-Capranica, il cui primo stralcio (appaltato all’azienda Astaldi) è stato completato nel 1994 con una spesa di circa 220 miliardi di lire e la legge finanziaria del 1998 che ha stanziato 123 miliardi di lire per il completamento dei lavori, consistenti nel rifacimento della tratta Civitavecchia-Mole del Mignone, armamento del sedime tra Civitavecchia e Capranica ed elettrificazione di tutta la linea tra Civitavecchia ed Orte.

I lavori stabiliti col decreto del 1983 sono gli unici ad essersi regolarmente conclusisi, e consistenti nella ricostruzione della linea tra Mole del Mignone e Capranica, l’adeguamento della sagoma e del peso assiale massimo, e la predisposizione all’elettrificazione, mentre non sono mai stati attivati gli altri cantieri previsti nella «finanziaria» del 1998, di cui ad oggi è ignota la destinazione dei finanziamenti stanziati in quanto i relativi cantieri non furono mai aperti e il progetto fu messo in disparte.

Nel febbraio 2009, con DGR n. 69 del 6 febbraio 2009, la regione Lazio ha preso atto della decisione della Commissione europea del dicembre 2008, con la quale è stato concesso un finanziamento al progetto preliminare per il ripristino di un collegamento ferroviario fra il Porto di Civitavecchia e l’asse prioritario TEN-T n. 1 in località Orte, presentato dalla direzione regionale trasporti e in esito alle operazioni della commissione giudicatrice, la direzione regionale trasporti, ha aggiudicato definitivamente l’appalto alla ATI ltalferr S.p.A., con determinazione dirigenziale n. B6289 del 4 dicembre 2009, con un budget complessivo del progetto di euro 2.000.000,00 così suddiviso: 1.000.000,00 euro finanziato dalla Commissione europea, 600.000,00 euro di cofinanziamento regionale e 400.000,00 euro di cofinanziamento da parte dell’Interporto di Orte (Interporto Centro Italia Orte S.p.A) e dell’autorità Portuale di Civitavecchia.

Il 10 febbraio 2011 il consiglio provinciale di Viterbo ha deliberato l’impegno alla giunta e al presidente affinché si organizzi una sessione di Giunta congiunta tra provincia e Regione, dove vengano specificate le tempistiche, le modalità ed i finanziamenti relativi alle opere giudicate prioritarie, tra queste il collegamento ferroviario tra Orte e Civitavecchia che favorirebbe il collegamento tra l’area industriale umbra e il porto di Civitavecchia e che quindi creerebbe sviluppo economico e sociale nella Tuscia interrompendo la dipendenza economica da Roma, oltre a dare pieno sviluppo all’Interporto di Orte utile oggi solo alla regione Umbria.

Nel «Libro bianco sui trasporti» della direzione generale della mobilità e dei trasporti della Commissione europea del 2011, si leggono dieci obiettivi molto impegnativi concepiti per orientare le strategie e valutare i progressi. Essi annoverano, tra gli altri, la graduale eliminazione delle automobili alimentate a carburanti tradizionali dalle città entro il 2050 e il passaggio del 50 per cento del flusso passeggeri su media distanza e del flusso merci su lunga distanza dal trasporto su gomma ad altre modalità. L’obiettivo è quello di giungere ad una riduzione del 60 per cento delle emissioni di CO2 e ad una riduzione equivalente della dipendenza dal petrolio. Tra i 10 obiettivi, il numero 4 prevede di completare entro il 2050 la rete ferroviaria europea ad alta velocità, triplicare entro 2030 la rete ferroviaria ad alta velocità esistente e mantenere in tutti gli Stati membri una fitta rete ferroviaria.

Entro il 2050 la maggior parte del trasporto di passeggeri sulle medie distanze dovrebbe avvenire per ferrovia, mentre nel quinto obiettivo, entro il 2030 dovrebbe essere pienamente operativa in tutta l’Unione europea una «rete essenziale» TEN-T multimodale e nel 2050 una rete di qualità e capacità elevate con una serie di servizi d’informazione connessi.

Il 20 dicembre 2011, presso il consiglio regionale del Lazio, si è svolta la prima riunione della conferenza di servizi per il ripristino della linea, in assoluta controtendenza rispetto a quanto previsto nel decreto ministeriale n. 398 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Altero Matteoli del 14 novembre 2011, che ha autorizzato la dismissione della linea tra Civitavecchia e Capranica, con l’esclusione dei primi 4 chilometri a servizio del porto.

Nel «Piano Mobilità Lazio» del 2011, ovvero lo scenario di riferimento della mobilità che è lecito attendersi in base alle tendenze in atto e tenendo conto dei piani approvati e in corso di approvazione per la Regione Lazio, tra gli interventi previsti ossia quelli che prevedono l’adeguamento delle infrastrutture e/o le nuove realizzazioni, nella sezione «Do Everything» che comprende tutti gli interventi proposti nei piani e programmi esistenti ossia gli studi condotti delle varie amministrazioni che saranno sottoposti alla valutazione dei cittadini, alla lettera «F», si legge «Ferrovia Orte-Civitavecchia, ripristino della linea ferroviaria dismessa tra il Porto di Civitavecchia l’asse ferroviario 118/211TEN-T Berlino-Brennero-Palermo e Falconara».

A pagina 131 del «Piano Regionale Mobilità, Trasporti e Logistica» (2014) si legge: «Quindi, è importante il ripristino della ferrovia Orte-Civitavecchia in collegamento con la linea Orte-Falconara che, in connessione alla realizzazione del Centro Intermodale di Orte, consentirebbe l’utilizzo pieno delle potenzialità del porto di Civitavecchia e nuove possibilità per il polo industriale di Civita Castellana nonché per il polo industriale di Terni.

Il 12 gennaio del 2016 il consiglio regionale del Lazio ha approvato alla unanimità l’ordine del giorno a prima firma della consigliera Silvia Blasi che impegna la giunta regionale ad inserire la ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte tra le opere di primaria importanza da finanziare attraverso i fondi previsti dalla missione relativa al trasporto ferroviario.

Nel 2017 il governo Gentiloni, mediante la legge n. 128 del 9 agosto inerente alla valorizzazione delle ferrovie turistiche, inserì la linea Civitavecchia-Orte nel novero delle 18 strade ferrate che, secondo il provvedimento, rientravano fra quelle “dismesse o sospese, caratterizzate da particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico”; anche in questo caso, tuttavia, la questione della riapertura della ferrovia si risolse in un nulla di fatto.

Nell’agosto 2020 un comitato costituito allo scopo di promuovere la riapertura della linea ha presentato uno studio di fattibilità, sottoscritto da numerosi comuni e associazioni, alla struttura di missione InvestItalia, l’organo di cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di valutare le proposte di investimenti in infrastrutture. In vista dell’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono stati richiesti 462 milioni di euro da destinare agli interventi di riattivazione della linea.

Allo stato attuale il «tronco» Capranica-Orte appare in condizione di semiabbandono, a causa della vegetazione che ha invaso la linea ferrata, i caselli, le stazioni e le altre infrastrutture ferroviarie con quest’ultime che presentano inoltre evidenti segni di degrado dovuti all’abbandono, il cui recupero, se non fosse effettuato in tempi rapidi, sarebbe molto difficile ed oneroso.

Il ripristino della tratta ferroviaria Orte-Civitavecchia per il regolare servizio passeggeri, fortemente caldeggiato dalle comunità locali, dai comitati dei cittadini e dai loro rappresentanti istituzionali, consentirebbe di migliorare notevolmente i collegamenti con Roma, Viterbo, Orte e il litorale tirrenico, favorendo lo sviluppo economico-sociale dell’intera «Tuscia» e del comprensorio dei «Monti Cimini», anche nel caso in cui fosse ripristinata solamente per finalità turistiche, come dimostrano le esperienze delle ferrovie turistiche Merano-Malles, Asciano-Monte Antico o la Palazzolo-Paratico.

 

Non solo trasporto quotidiano. Il territorio chiede di essere valorizzato dal punto di vista economico e turistico. Da qui la spinta per l’apertura dell’intera tratta elettrificata al servizio viaggiatori, turistico e merci.

Non regge più l’alibi che pretende esista la domanda di servizi prima dello sviluppo del territorio. Per la ferrovia Civitavecchia-Orte esiste la domanda che sale dal territorio richiedente il rispetto del diritto alla mobilità; si rafforza per l’importanza che riveste il congiungimento dei Due Mari Tirreno e Adriatico: Porto di Civitavecchia-Interporto Centro Italia di Orte; per lo sviluppo dei corridoi del Mediterraneo, in particolare Spagna Barcellona-Civitavecchia via mare, Civitavecchia Orte Terni Foligno Ancona via ferrovia, Ancona-Croazia via mare; inoltre, a maggior ragione per il congiungimento di Civitavecchia tramite ferrovia con il Corridoio europeo TEN T1 Berlino-Palermo.

La ferrovia Civitavecchia-Capranica-Orte costituisce una grande opportunità di sviluppo per il territorio e la Regione, sotto il profilo sociale, economico e turistico. La sua graduale riattivazione è senza dubbio, in un’ottica di trasporto intermodale e sostenibile, la chiave d’accesso della transizione ecologica. Perché, considerati i nodi di scambio con altre linee, tra cui l’ex-concessa Roma-Civita Castellana-Viterbo alla stazione di Fabrica, permette di realizzare quell’effetto rete, vitale per aumentare la domanda di offerta su ferro e rendere accessibili numerosi comuni nella Tuscia, oltre ad accrescere l’interconnessione col porto di Civitavecchia, terzo nel Mediterraneo per traffico merci. Vederla in questo stato penoso, totalmente abbandonata, assediata dal degrado, è un oltraggio all’intelligenza, date inoltre le cospicue risorse pubbliche spese prima della chiusura.

E quindi riapriamo la Ferrovia dei Due Mari che può ridare sviluppo al territorio della Tuscia e del Centro Italia in maniera significativa, è dotata di ben 4 nodi ferroviari e congiunge il Porto di Civitavecchia all’interporto di Orte, il mar Tirreno all’Adriatico (porto di Ancona), permette di raggiungere in breve le grandi linee ferroviarie e la transeuropea TEN T.

Ferrovia Orte – Fabrica di Roma – Capranica Sutri – Civitavecchia
Dati principali
Lunghezza: 85,687 km
Apertura: 1894-1929
Chiusura: 1961-1994
Ultimo gestore: Ferrovie dello Stato
Elettrificazione: 3000 V CC (da Aurelia a Civitavecchia)
Scartamento: Ordinario
Stazioni e fermate: Orte, Castel Bagnolo di Orte, Gallese-Bassanello, Corchiano, Fabrica di Roma, Caprarola, Ronciglione, Madonna del Piano, Capranica-Sutri, Barbarano Romano-Veiano, Bandita di Barbarano, Blera, Civitella Cesi, Le Pozze, Monteromano, Allumiere, Mole del Mignone, Aurelia, Civitavecchia.

Percorso, Stazioni e fermate:
Civitavecchia-Aurelia
Partendo dalla stazione di Civitavecchia, il tracciato della ferrovia avanza in sede propria parallelamente alla linea Tirrenica per circa un chilometro, fino a raggiungere il dismesso deposito locomotive di Porta Tarquinia. Qui i binari per Livorno e Civitavecchia Marittima curvano a sinistra, mentre la linea per Orte si distacca procedendo verso nord. Il tracciato oltrepassa in seguito il fosso della Fiumaretta con un ponte a singola campata lungo circa 15 metri, il cui arco, a sesto ribassato, è costituito da blocchi di arenaria eocenica cristallina così come le pile e i pulvini; la bordatura dell’arco, spessa 30 centimetri, è invece in mattoni. Il binario si interrompe dopo pochi chilometri, terminando presso un deposito di automobili servito da treni merci. Fino agli anni Sessanta il tracciato proseguiva sino a raggiungere la stazione ferroviaria a servizio di Aurelia, frazione del comune di Civitavecchia. Nel 1995 viene rimosso l’intero armamento tra la deviazione per il DE.CAR. (sospesa al traffico) ed Aurelia.

Aurelia-Mole del Mignone
Il binario procedeva prima sottopassando l’autostrada A12 e poi, dopo circa cento metri, superando il fosso Vite su di un viadotto in muratura a sei arcate. Come nel caso del ponte sulla Fiumaretta, la sua struttura era costituita da blocchi di arenaria eocenica, ad eccezione della bordatura degli archi, realizzata in mattoni. Dopo un chilometro la linea attraversava il fosso dei Veneti su un altro viadotto in muratura, simile al precedente ma leggermente più lungo e dotato di sette arcate; successivamente la ferrovia incontrava la stazione di Mole del Mignone, sperduta in piena campagna e distante diversi chilometri dai centri abitati più prossimi.

Mole del Mignone-Allumiere
Subito dopo la stazione di Mole del Mignone il binario si immetteva nella galleria dell’Asco, lunga circa 100 metri e caratterizzata dall’essere curvilinea, in discesa e con sagoma ad arco. Sull’ingresso lato Civitavecchia della galleria fu affissa una targa di marmo recante l’iscrizione “La Società Elettro-Ferroviaria Italiana costruì MCMXXII – MCMXXVIII”. In seguito la ferrovia attraversava il ponte sul fosso dell’Asco, i cui otto archi erano suddivisi in tre gruppi: i due alle estremità, di tre archi ciascuno, erano distinti da quello al centro, formato da due archi, i cui piloni in comune con gli altri gruppi erano più spessi. Affine alle infrastrutture precedenti, l’opera era composta da blocchi di arenaria eocenica e mattoni, questi ultimi a formare l’intradosso degli archi. Il tracciato raggiungeva poi un’altra galleria, la cui entrata lato Civitavecchia si presentava a sezione quadrata, poiché ristrutturata durante i lavori degli anni Ottanta; in questo punto, nel 1961, si sviluppò la frana che bloccò definitivamente la linea.

Il viadotto Melledra: l’arco a sinistra è stato rinforzato con una struttura esterna in cemento armato, quello a destra con micropali interni.

In seguito la ferrovia raggiungeva le rovine dell’antico abitato di Cencelle, nelle cui vicinanze i lavori degli anni Ottanta avevano realizzato ex novo una galleria a sezione quadrata in sostituzione di un sovrappasso, allo scopo di smorzare la pendenza della linea. Poco dopo il binario superava il fosso Melledra su di un piccolo ponte ricostruito anch’esso negli anni Ottanta: prima di allora il ponte era ad arco ed era largo 4 metri, mentre successivamente divenne a sezione quadrata e largo 8 metri. Poche decine di metri più avanti la linea si immetteva nella galleria Melledra, che fu ristrutturata, allargata e prolungata verso Capranica in occasione dei lavori degli anni Ottanta. Uscito dalla galleria il binario incontrava il viadotto Melledra, che a dispetto del nome non oltrepassava il fosso omonimo; originariamente costruito in curva e a 9 arcate, il viadotto fu innalzato su un terreno franoso e per questo negli anni Ottanta ha subito interventi di recupero molto invasivi: i primi tre archi lato Civitavecchia vennero irrobustiti con la realizzazione di altrettante volte in cemento armato poste al di sotto di quelle originarie. Dopo un tratto in trincea, il binario raggiungeva la stazione di Allumiere.

Allumiere-Monteromano
Il tracciato fra Allumiere e la successiva stazione di Monteromano risultava essere il tratto più impervio di tutta la linea. Superata la galleria Acqua Agra, lunga 20 metri, la ferrovia affrontava tre chilometri di discesa prima di assumere un andamento pianeggiante; a questo punto incontrava la galleria Casalone, la più lunga della linea con i suoi 1367 metri originari, che penetrava in linea retta una montagna e la cui uscita lato Capranica fu prolungata e allargata tramite uno scatolare durante i lavori degli anni Ottanta. Subito dopo il binario incontrava la galleria Mignone: curvilinea e lunga circa 100 metri, anche in questo caso l’uscita lato Capranica fu prolungata e ricostruita a sezione quadrata durante gli interventi più recenti.

Dopo un chilometro il tracciato intersecava il fiume Mignone, che superava su di un alto ponte conservatosi in ottime condizioni e costituito da una porzione in ferro divisa in due sezioni da 26 metri ciascuna, più una seconda porzione in muratura sorretta da 6 arcate. La parte in ferro era a travatura reticolare: l’impalcato era costituito da due travi laterali, una superiore e una inferiore, su cui posavano gli elementi che, con un profilo a X, collegavano le travi inferiori tra di loro e con quelle superiori. Il piano del ferro su cui erano collocate le rotaie insisteva sulle travi inferiori, che a loro volta erano sorrette da tre piloni in muratura.

Superata in seguito una breve ma profonda gola, la ferrovia attraversava un altro piccolo ponte prima di giungere alla stazione di Monteromano, presso cui i treni facevano rifornimento d’acqua (sopravvive l’apposita torre); sperduto in una zona montuosa, lo scalo di Monteromano distava oltre cinque chilometri dall’omonimo comune e risultava talmente isolato da non possedere neppure una strada d’accesso.

Monteromano-Le Pozze
Il piazzale binari della stazione di Le Pozze, oggi demolita; al posto dei binari sorge una strada.
La ferrovia seguiva poi la valle del fosso Canino, che incrociava per tre volte prima di immettersi nella galleria Caprareccia, in salita e in curva. Il tunnel era seguito da un tratto in trincea, che andava gradualmente abbassandosi man mano che il binario aumentava di altitudine, raggiungendo i 130 metri s.l.m. presso la fermata di Le Pozze.

Le Pozze-Civitella Cesi
La pendenza media del tratto fra le stazioni di Le Pozze e Civitella Cesi era la maggiore di tutta la linea, attestandosi intorno al 25 per mille. In questa porzione della ferrovia il tracciato si componeva di lunghi rettilinei in salita che conducevano alla stazione di Civitella Cesi, lontana oltre sei chilometri dalla località omonima; poco prima di raggiungere la stazione, la linea scavalcava nuovamente il fosso Canino.

Civitella Cesi-Blera
Con una pendenza media del 17 per mille, il tracciato fra le stazioni di Civitella Cesi e Blera, riconvertito a strada rurale, si snodava tra le basse colline locali, sovente attraversando tratti in terrapieno. Eludendo un avvallamento con due strette curve, il binario raggiungeva la stazione di Blera, situata a sud dell’omonimo centro abitato, in località Puntoni.

Blera-Bandita di Barbarano

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Il tratto fra Blera e Bandita di Barbarano appare infestato dalla macchia mediterranea molto più che in altri punti della linea, in quanto per anni è rimasto precluso all’accesso con autovetture: vi si può accedere solo a piedi, in bicicletta o con motocicli, a causa di alcuni blocchi di cemento che ne delimitano l’accesso. Avanzando verso sud-est, la ferrovia fiancheggiava la valle del torrente Biedano e sconfinava nel comune di Barbarano Romano, dove giungeva alla stazione ferroviaria a servizio della località di Bandita, in realtà un semplice casello riqualificato che versa in stato di totale degrado. Poco prima del suddetto scalo, la linea incontrava un passaggio a livello sulla strada provinciale 42, che collega Barbarano a Blera.

Bandita di Barbarano-Barbarano-Vejano
Circa 4 chilometri di binario separavano le stazioni di Bandita di Barbarano e Barbarano-Vejano. Dopo un lungo rettilineo che costeggiava il Parco Regionale Marturanum, il tracciato scavalcava la viabilità locale con un ponte in cemento armato ed entrava nella galleria San Petricone, nei pressi della quale sono state girate alcune scene del film Straziami ma di baci saziami del 1968. Sull’archivolto situato all’uscita lato Capranica della galleria è ancora presente il simbolo del fascio littorio, che vi fu affisso in fase di costruzione a testimonianza del periodo in cui fu realizzata la ferrovia – appunto il ventennio fascista.

In seguito, superata anche la galleria di San Quirico, il binario sottopassava l’attuale strada provinciale 493 Braccianese Claudia per mezzo di un ponte in mattoni di terracotta formato da un arco a tutto sesto. Presso il ponte sopravvivono i supporti in ferro e ceramica che sostenevano le condutture elettriche e telefoniche destinate ad alimentare e collegare le stazioni della linea. Successivamente la ferrovia raggiungeva la stazione di Barbarano Romano-Vejano, a servizio dei due omonimi comuni e ancora in buone condizioni nonostante risulti abbandonata da diversi anni.

In questa zona il sedime della linea, trasformato in strada rurale, risulta interessato da escursioni organizzate ed è molto frequentato da turisti e sportivi in ragione della bellezza paesaggistica e della presenza di vaste aree boschive all’interno del Parco Regionale Marturanum che in questa zona viene attraversato, in aggiunta alla possibilità di osservare numerosi reperti storici legati all’originaria presenza della ferrovia.

Barbarano-Vejano-Capranica-Sutri
Il tracciato fra gli scali di Barbarano Romano-Vejano e Capranica-Sutri si estendeva per circa 10 chilometri ed è percorribile in bicicletta o a cavallo; tale segmento aveva un’altitudine compresa fra i 375 e i 400 metri s.l.m. e si estendeva verso est fra campi coltivati e prati, lontano da strade carrabili. A metà dello stesso il binario incontrava la breve e curvilinea galleria San Donato, recante il nome e l’anno di costruzione – 1923 – sull’archivolto. Avvicinandosi a Capranica Scalo, frazione del comune di Capranica, il tracciato piegava verso nord e si congiungeva alla ferrovia Roma-Capranica-Viterbo (FL3): superato un passaggio a livello la linea raggiungeva la stazione di Capranica-Sutri.

Capranica-Sutri-Ronciglione
Successivamente la linea si separava dalla ferrovia Roma-Viterbo, che dopo pochi chilometri sottopassava prendendo per il centro abitato di Capranica; qui, dopo due curve, il binario incontrava la fermata di Madonna del Piano, a servizio del centro cittadino capranichese.

In seguito il tracciato, attraversando un tratto in pianura, dopo una serie di curve e rettilinei superava un lungo e alto viadotto in muratura, sottopassava la strada provinciale 1 Cimina e raggiungeva la stazione di Ronciglione.

Ronciglione-Fabrica di Roma
La ferrovia procedeva verso nord-est superando il fiume Rio Vicano per mezzo di un ponte in ferro, denominato “ponte di Ronciglione“.

Il monumentale ponte in ferro, che a Ronciglione varca la forra del Rio Vicano, è una delle opere di ingegneria più importanti della linea ferroviaria Orte-Capranica-Civitavecchia dismessa nel 1994.

Il progetto esecutivo del Ponte fu dell’ingegnere strutturista Augusto Petruzzi che prese anche la direzione dei lavori.

Realizzato tra il 1925-1928 dalla Società Nazionale Officine di Savigliano, è il gemello, anche se di dimensioni inferiori, del ponte San Michele sull’Adda (BG) costruito dalla stessa società tra il 1887 e il 1889 e progettato dall’ingegnere svizzero Jules Röthlisberger (1851-1911).

Entrambe le strutture hanno come riferimento le opere e i progetti di Gustave Eiffel; sono manufatti con profilati metallici interamente rivettati e privi di saldature. La campata centrale è costituita da due archi parabolici simmetrici e affiancati, leggermente inclinati tra loro che sostengono i due piloni più piccoli. La grande campata, con schema isostatico, è formata da due strutture separate e unite da una cerniera posta alla sommità dell’arco.

È uno dei 9 ponti al mondo di questa tipologia costruttiva ad arco in ferro, l’unico al mondo per la cerniera mobile; gli altri ponti sono: Paderno sull’Adda (Italia), il Garabit (Francia), Ponte Dom Luis I (Portogallo), Maria Pia (Portogallo), New River Gorge Bridge (West Virginia USA), Stoney Creek Bridge (Canada), Bietschtalviadukt (Svizzera) e Müngsten (Germania).


Valorizzare questa opera d’ingegneria unica illuminando il ponte potrebbe divenire una grande attrattiva turistica

Dopodiché il binario affrontava una serie di curve e incontrava un altro viadotto in muratura a cinque arcate.

Sottopassata la strada provinciale 69, la linea giungeva alla fermata di Caprarola, situata a sud del comune omonimo.


Stazione di Caprarola (1994)


Sul ponte di Morciano noi ci darem la mano…ed un bacin d’amor 😘

Avanzando in aperta campagna con un tracciato in gran parte rettilineo, il binario superava con due cavalcavia prima la strada provinciale 68 e poi la strada provinciale 36.


Morirò travolto dal famoso treno che passa una volta sola nella vita ma da eroe, steso sui binari ad aspettare…

 

Superato un passaggio a livello sulla strada provinciale 27, la ferrovia raggiungeva la stazione di Fabrica di Roma, direttamente collegata a un altro scalo ferroviario anch’esso a servizio del comune di Fabrica, ma gestito dall’ASTRAL e posto sulla linea Roma-Civita Castellana-Viterbo. Il breve raccordo che univa i due impianti risulta ancora attivo, elettrificato e utilizzato per l’accantonamento di materiale rotabile di proprietà dell’ASTRAL.

Fabrica di Roma-Gallese-Bassanello
Dopo Fabrica di Roma il tracciato approcciava un viadotto in muratura a quattro arcate e in seguito superava con un ponte in ferro la ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo.

Procedendo in rettilineo, il binario superava la strada provinciale 28 tramite un ponte di cemento e giungeva alla fermata di Corchiano.

Successivamente, superata una doppia curva piuttosto stretta seguita da un alto viadotto a cinque luci, il tracciato si immetteva nella stazione di Gallese-Bassanello, poco dopo aver sottopassato la strada provinciale 34.

Gallese-Bassanello-Orte
Il binario affrontava poi un ponte in parte in muratura e in parte in ferro che oltrepassava il fiume Forra di Gallese. Una serie di curve conducevano alla fermata di Castel Bagnolo di Orte, da cui aveva inizio la discesa verso Orte, che veniva raggiunta dopo alcune curve in serie, due brevi gallerie e un ponte in muratura a due luci. Il tracciato giungeva al capolinea in località Orte Scalo, dove il binario superava con un passaggio a livello la strada provinciale 150 e si congiungeva alla ferrovia Firenze-Roma poco prima di raggiungere la stazione di Orte. Gli ultimi metri di binario della ferrovia Civitavecchia-Orte sono ancora utilizzati come asta di manovra.

E pensavo dondolato dal vagone
Cara amica il tempo prende, il tempo dà
Noi corriamo sempre in una direzione
Ma qual sia e che senso abbia chi lo sa
Restano i sogni senza tempo
Le impressioni di un momento
Le luci nel buio di case intraviste da un treno
Siamo qualcosa che non resta
Frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno“.
(Francesco Guccini, ultima strofa di ‘Incontro’)

Avanti riusciremo a rivedere correre i treni merci, viaggiatori e turistici sulla ferrovia Civitavecchia Orte o Ferrovia dei Due Mari.

 

Oggi, questo viaggio possiamo solo immaginarlo, oppure ripercorrerlo lungo un percorso di trekking, da percorrere a piedi o su di una mountain bike, che corre sul tracciato della vecchia ferrovia o scorre tra vaste campagne, stazioni abbandonate, siti archeologici poco noti e che per gli abitanti del posto è diventato una sorta di classico dell’escursionismo.

Possiamo immaginare di salire su un treno stanco, che viaggia a fatica ed esplorare il mondo dal finestrino, ammirando ulivi secolari e scendendo di tanto in tanto. La ferrovia attraversava una delle zone più ricche dal punto di vista archeologico nell’intera regione del Lazio. Le testimonianze storiche più significative appartengono alla civiltà etrusca, ma si trovano anche tracce della vita durante l’era romana e medievale. Si scoprirà, per prima, la Scaglia: una necropoli etrusca risalente al VI-V secolo a.C. in cui le tombe semplici a una sola camera di sepoltura mostrano strutture modellate per ospitare letti e oggetti funerari.

Proseguendo per altri quindici chilometri arriveremmo a Palano – Ripa Maiale. L’area di Palano ha rivelato una ricca collezione di reperti risalenti al Paleolitico Medio, testimoniando la presenza di popolazioni antiche tra 200.000 e 35.000 anni fa. Questi reperti, conservati principalmente presso il Museo Civico di Allumiere, includono strumenti realizzati dalla scheggiatura di pietre di calcare siliceo e nei pressi di Ripa Maiale, si possono osservare ripari in grotta e sottoroccia che probabilmente furono adattati ed utilizzati da popolazioni arcaiche. Si aprirà poi, allo sguardo del viaggiatore, Cencelle.

Una città, questa, di rilevante importanza, fondata da Papa Leone IV nell’853 per offrire rifugio agli abitanti fuggiti da Centumcellae dopo l’invasione saracena. Situata sulla sommità di una collina strategica, dominava la valle del Mignone fino al mare. Fu probabilmente un centro abitato anche in epoca romana. Nel 1200, contava circa 800 abitanti e  la sua economia si basava sull’agricoltura, l’allevamento e in minima parte sulla pesca. Tuttavia, la costruzione della ferrovia Civitavecchia – Capranica – Orte nel 1928 distrusse una delle sue chiese e lasciò segni delle sue torri e mura fortificate.

Oggi è fondamentale riattivare i collegamenti tra borghi attraverso i paesaggi storici rendendoli fruibili con il turismo lento e connettendo i borghi ad hub di mobilità, partendo sia da esigenze di offerta turistica sia da infrastrutture di offerta di mobilità ai territori, come è avvenuto per il celebre caso modello della linea ferroviaria Merano-Malles. Precedentemente dismessa, dopo la sua riattivazione, ha visto rinascere il turismo nel territorio.

Proseguiamo il viaggio e risaliamo su quel treno. Potremmo immaginare di scendere alla stazione di Allumiere dove, incastonato nei boschi, troveremmo un piccolo eremo. È il più antico santuario dei Monti della Tolfa, costruito su una precedente villa romana. La tradizione sostiene che Sant’Agostino soggiornò qui a lungo durante il periodo in cui compose la sua seconda Regola e iniziò a scrivere “De Trinitate”.

 

Poco più avanti si aprirà sul nostro percorso La Farnesiana, un borgo sviluppato attorno a un mulino ad acqua costruito nel Cinquecento nella valle del Campaccio. Insieme a una piccola chiesa, era abitato da religiosi che gestivano anche il mulino. Nel 1754, il borgo e il mulino furono abbandonati e successivamente divennero una fattoria per produrre grano e allevare bestiame per i minatori che lavoravano nelle vicine cave.

La chiesa di Santa Maria della Farnesiana fu costruita nel 1836 e poi dedicata all’Immacolata Concezione nel 1877. Il borgo ha conservato il suo aspetto originale, ma la chiesa è ora in rovina e a rischio di crollo.

Bisognerà proseguire per altri lunghi chilometri, precisamente 23 dalla prima stazione di partenza, per trovarsi a Luni sul Mignone. Situato su una roccaforte tufacea che si affaccia sul fiume Mignone, questo sito ha testimonianze che risalgono al Neolitico e continuano fino all’età del bronzo. L’insediamento fu abbandonato intorno al 1300 a causa della peste. Luni è stato oggetto di scavi sistematici da parte dell’Istituto Svedese negli anni Sessanta e include reperti come una capanna scavata nel tufo e graffiti antichi su una grotta. Offre anche una straordinaria vista panoramica sulla valle del fiume Mignone.

Più avanti scopriremmo Blera, nata come città etrusca e divenuta un municipio romano che svolse un ruolo importantissimo tra la Tuscia Longobarda e Roma. Continuò ad avere rilevanza anche nel Medioevo, nonostante una leggera perdita d’importanza. Qui si erge, maestoso, il ponte romano del Diavolo, che attraversava la via Clodia sul fosso del Biedano. Un monumento, questo, risalente a 2500 anni fa e costruito in blocchi di peperino murati a secco ed è proprio per questa solidità millenaria che sembrerebbe essere stato costruito dal diavolo in persona.

Risalendo sul nostro vagone ormai amico, ci troveremmo ben presto a Barbarano Romano che presenta un abitato medievale racchiuso tra il fosso Biedano e un suo affluente e conserva l’aspetto urbano originale, mentre un’antica fortificazione protegge il suo lato non difeso. Qui il nostro viaggio, tra differenti storie e luoghi collegati grazie a questo tratto di ferrovia si conclude, il lettore potrà pensare di svolgerlo davvero tutto, camminando lungo il sentiero.

Per saperne di più cliccare qui e qui.

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