Venerdì no, applauso ai giudici.
GENOVA – “Chissà, se di cognome facessimo Agnelli, Totti o Blasi allora, forse, il nostro bambino si sarebbe chiamato Venerdì, invece… “. Invece Mara e Roberto, che sono titolari di un bar nel pur esclusivo porticciolo di Nervi, sono stati sconfitti. La Corte d’Appello ha, infatti, confermato quanto già deciso dal tribunale dopo la segnalazione dell’anagrafe comunale. Il bimbo, che ha 15 mesi, dovrà chiamarsi Gregorio (santo del giorno di nascita). Venerdì, il nome scelto dai genitori, va bocciato come prescrive la legge per gli appellativi “ridicoli o vergognosi” che avrebbero trasformato il bimbo nello “zimbello del gruppo”, precludendogli “serene relazioni interpersonali”. Tre le motivazioni: letteraria, religiosa, popolare. Ne ha parlato oggi la stampa nazionale e dapprima ci pareva più che una notizia uno scherzo…
Ma è bastato poco per capire che in Italia succede anche questo. Sì, capita che una famiglia non sia nemmeno più libera di chiamare il proprio figlio secondo volontà.
In un paese dove la giustizia è sempre sotto tiro per la lentezza dei processi ci stupisce, invece, che in ben due occasioni due tribunali abbiano avuto tempo di stabilire che due giovani coniugi liguri non potranno chiamare il loro figliolo Venerdì.
Ma la comicità giudiziaria, già sappiamo, quando si impegna farebbe impallidire anche la fantasia degli autori di Zelig, e forse pure quelli di Luttazzi. La legge, si sa, prescrive gli appellativi “ridicoli e vergognosi“, ed evidentemente Venerdì non è un “Oceano” qualsiasi.
No, per i giudici (presidente Maria Teresa Bonavia, Loris Pirozzi, Rosa Maria Di Virgilio) sentenziano che Venerdi “..comportava il collegamento immediato al romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe… ad una figura caratterizzata da un ruolo di sudditanza e di inferiorità la quale, pur elevandosi dal suo stato di creatura selvaggia, non arrivava mai ad essere equiparabile all’immagine dell’uomo civilizzato”.
Si avete letto bene, i togati si sono regalati un angolo di critica letteraria, che la monotona vita quotidiana gli aveva sempre negato. D’altronde si sa, è Natale. Ma al comico non c’è mai fine, in quanto proseguendo la lettura della sentenza scopriamo che “Inoltre al venerdì come giorno della settimana sono notoriamente connesse connotazioni di tristezza e di penitenza, essendo addirittura associate nei proverbi popolari a connotazioni negative, di sfortuna (venerdì 17, ndr)”.
La difesa ha provato a citare altri esempi di nomi un po’ strani, ma evidentemente Incatenata
non connotava quel ruolo di sudditanza imputabile a Venerdì, e men che meno Addolorata non è così triste e penitente tale da essere bandita dalle anagrafe nazionali, per non parlare di Crocefissa che… ecco no, non ne parliamo proprio.
Nel merito il nome Venerdì non ci pare per nulla ridicolo o vergognoso, come non lo sono i nomi Domenico, Domenica o Sabato. Due udienze del Tribunale per decidere se Venerdì è un nome accettabile dall’Anagrafe ci sembrano davvero una esagerazione. I genitori di Venerdì (anzi, di Gregorio, così dovrà chiamarsi secondo i giudici) non ci sembrano poi così più crudeli dei coniugi Licenziato che chiamano il proprio figlio col nome Assunto.
O dei signori Pazienza e della loro figlia Santa. E che deve dire il Signor Felice che di cognome fa Evacuo? E Felice Della Sega? E Bocchi Mara? E Sesso Generoso? E povera la signora Benedetta, che di cognome fa Cappella.
Di altri esempi (folli ma veri) ce ne sarebbero ancora, ma è meglio fermarci qui. Viva Venerdì.
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