Rai Radio Televisione Italiana – Fine delle Trasmissioni

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L’intramontabile e impareggiabile “anthem” di inizio trasmissioni che fece la storia della televisione italiana. Benché questo tube risalga alla metà degli anni Ottanta, quando ormai soleva andare in onda la versione a colori “azzurrata”, qui piace riproporre le immagini – opportunamente trattate – nella loro emozionante scala di grigi originale.

Rai Radio Televisione Italiana – Fine delle Trasmissioni

Rai, ecco la madre di tutti gli sprechi: inchiesta dell’Espresso: 56mila persone per fare funzionare la tv di Stato.
Gli addetti ai camerini son 67, gli arredatori 66, i falegnami 61 e tra consulenti musicali e scenografi fan 70, ma i parrucchieri son già 114. Non è Leporello a fare il catalogo delle conquiste di un improbabile Don Giovanni, ma è l’Espresso di questa settimana che ha dedicato un ampio servizio all’«orgia del potere» della Rai, alla madre di tutti gli sprechi. O, più semplicemente, alla relazione messa a punto dal Comitato istruttorio per l’amministrazione di Viale Mazzini e composto in formazione bipartisan da Sandro Curzi, Marco Staderini, Nino Rizzo Nervo e Giuliano Urbani.
Quante persone suggono latte dal seno di mamma Rai? Si tratta di 13.248 unità. Come gli abitanti di Portoferraio, sull’Isola d’Elba. Per la precisione 11.250 sono i dipendenti a tempo indeterminato del gruppo Rai (9.889 nella spa) e 1.998 quelli a tempo determinato. E non finisce qui: bisogna pure conteggiare circa 43mila contratti di collaborazione (come i cittadini di Rieti) e si arriva alla cifra di oltre 56mila unità. È come se tutti gli abitanti della Groenlandia o di Foligno o più che a Mantova lavorassero all’ombra del cavallo di bronzo. Ma basta guardare alle singole divisioni che i numeri, sebben più piccoli, incutono ancor più timore: la Direzione produzione Rai conta 3.851 persone, 800 in meno dell’intero gruppo Mediaset, cioè del principale concorrente che ha a libro paga 4.635 dipendenti.
«Verificare la capacità dei “capi” di governare uomini e processi produttivi», raccomandano i componenti del Comitato. Una parola. Come si fa a tagliare i rami secchi in un’azienda che, non contenta di un’orchestra sinfonica di 116 elementi, peraltro inutilizzata da anni, ne mette sotto contratto un’altra, leggera, da sedici strumentisti? Per non parlare di Bolzano e Trieste dove lavorano ben 5 annunciatori, e a Firenze addirittura un geometra.
Quando Fiat comprò l’Alfa Romeo dall’Iri si favoleggiava che ad Arese le segretarie avessero a loro volta a disposizione delle segretarie. La Rai, che sempre della famiglia Iri faceva parte, ha proseguito la tradizione: nella segreteria del consiglio di amministrazione figurano 28 elementi e 49 alla Direzione generale (compresi i distaccati verso società del gruppo). Ben 397 lavorano ai Servizi generali, 142 all’Amministrazione e 679 alle Riprese pesanti, ma deve trattarsi di una fatica di Sisifo altrimenti il numero non si giustificherebbe. Basti pensare che il Comitato istruttorio ha usato l’aggettivo: «abnorme».
Il fortunato slogan «di tutto, di più» vale anche per i giornalisti. Sono in totale 1.771. I vicedirettori sono 54, quasi cinque per ognuna delle 11 testate. Niente male, soprattutto se si pensa che realtà recenti come il canale satellitare RaiNews24 in poco più di otto anni di servizio si è espanso fino a contare 122 dipendenti dei quali 94 sono giornalisti. Peccato che la sfida con SkyTg24 non sia stata vinta. Eppure 94 giornalisti non sono pochi: sono dieci in meno del Tg5 e del Tg3. Ìmpari il confronto con Tg2 (126) e Tg1 (136).
Eppure i dati sconvolgenti sono altri come quelli che riguardano Raitalia (ex Rai International), rivolta agli italiani all’estero e diretta da Piero Badaloni: vi lavorano 152 persone in totale tra i quali 39 giornalisti assunti dei quali 22 graduati e cinque con qualifica e stipendio di vicedirettori. I generali, in questo caso, sono più dei soldati, ma è un dettaglio. «Abbassa la tua radio, per favor» cantava Rabagliati nel 1940. Alla Rai non ci pensano nemmeno: programmi, Gr e Gr Parlamento valgono 754 anime. E mercoledì scorso il direttore Antonio Caprarica ha nominato il suo ottavo «vice». Altro che abbassare il volume. D’altronde, che cosa sono 754 persone rispetto ai 1.507 addetti che lavorano per testate e centri di produzione regionali? Semplicemente la metà. Ma la Rai vanta pure un altro record: ventidue squadre di ripresa, numero che non ha pari in Europa. Eppure il 22% della produzione è affidato all’esterno.
E come se tutto questo non fosse abbastanza c’è anche il capitolo relativo ai contenziosi, spesso rappresentati da cause di lavoro: il costo medio è di 100mila euro, 150 il numero di quelle perse mediamente ogni anno che fanno ipotizzare una cifra di 15 milioni di euro devoluta tra avvocati e risarcimenti. Ma nel 2007 il gruppo Rai tutto sommato è andato bene: la perdita è stata contenuta a 5 milioni a fronte di 3 miliardi di ricavi. Al risultato ha contribuito l’aumento del canone, cioè i cittadini. Ma questa è un’altra storia (da il giornale.it).
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Rai, l’orgia del potere (da l’espresso.it)
Un esercito di 13.248 dipendenti. Più 43 mila collaboratori. E nuove assunzioni alle porte. Eppure la Rai compra quasi un quarto delle trasmissioni all’esterno. Radiografia della scandalosa gestione della televisione pubblica
Centoquattordici parrucchieri, 67 camerinisti, 66 arredatori, 61 falegnami, 18 costumisti, 12 meccanici, 34 consulenti musicali, 36 scenografi, un’orchestra leggera di 16 elementi (indipendente da quella sinfonica della Rai di Torino con 116 musicisti) che non viene utilizzata da anni. Più o meno 400 unità, retaggio dei decenni del monopolio (i formidabili anni 1950-80, quando la Rai realizzava tutto al suo interno) e che già da sole equivalgono all’intero organico di La 7-Mtv. Sono esempi limite del mare magnum della popolazione Rai. Messa sotto esame da un Comitato istruttorio per l’Amministrazione ultimato un mese fa, che rivela nero su bianco e in modo riservato lo stato dell’arte sulla ‘Situazione dell’organico del gruppo Rai’. Con una raccomandazione pesante, senza troppi giri di parole: verificare addirittura “la capacità dei ‘capi’ di governare uomini e processi produttivi”.
Tra contratti a tempo indeterminato (9.889 per la capogruppo, 11.250 in totale) e contratti a tempo determinato per esigenze di produzione e di gestione (1.998 in tutto), la cittadella Rai arriva a 13 mila e 248 abitanti. Quanto gli abitanti di Lavagna. Il doppio di quelli di Asolo. La metà di quelli di Enna. Senza considerare la montagna dei 43 mila contratti di collaborazione (da quello a Bruno Vespa all’ultimo figurante).
Più che un rapporto, è un vero e proprio censimento Rai. Una radiografia aritmetica della stratificazione elefantiaca della televisione di Stato, gravata da anni di blocchi, clientelismi, raccomandazioni. Un minuzioso elenco che snida figure antropologiche-spot, presenti, non si sa perché, soltanto in alcune sedi: un geometra, ma solo a Firenze; cinque annunciatori tra Bolzano, che ne ha tre, e Trieste, che ne ha due. E che mette in luce il ‘peso’ di alcune aree significative. Ventotto addetti alla segreteria del consiglio d’amministrazione, 49 alla Direzione generale (compresi i distaccati verso società del gruppo), 397 ai Servizi generali, 114 alla Pianificazione controllo, 142 all’Amministrazione e 133 all’Amministrazione e Abbonamenti, 679 alle Riprese pesanti, 252 alle Risorse umane con ben 21 alti dirigenti. Lo studio ci va giù duro: “Abnorme il numero delle strutture a diretto riporto dal Vertice. Duplicazioni di attività. Onerosa rete di controllo formale sulla cui efficacia è legittimo nutrire più di un dubbio. Eccessiva polverizzazione delle testate giornalistiche che non ha confronto con gli altri servizi pubblici europei”.
Un organico monstre che, tra contratti a tempo indeterminato e determinato, abbraccia 1.771 giornalisti (di cui 54 sono vice direttori, quasi cinque per ognuna delle 11 testate), 931 programmisti-registi, 76 aiuti registi, 476 assistenti ai programmi. Solo la somma dei dipendenti di Rai Way, gestore degli impianti tv e radio (nata nel 2000, ha 648 addetti) e Sipra, la concessionaria di pubblicità, supera il migliaio di persone (1.405). Dislocate nel territorio, 22 squadre di riprese: un numero, si legge nel rapporto, che non ha pari in nessun broadcaster pubblico o privato in Europa. Non solo. Sempre più di frequente, notano gli analisti, le reti e le direzioni editoriali chiedono di assoldare e contrattualizzare altre società per l’acquisizione e la realizzazione di appalti. Nel 2007, secondo Cgil, i costi esterni sono arrivati a 1.327 milioni. Il Gran Moloch della tv pubblica non si sazia mai.
La nomenklatura radiofonica, programmi, Gr e Gr Parlamento, vale 754 anime. Rai Internazionale, ex International, diretta dal prodiano Piero Badaloni, successore del camerata Massimo Magliaro, ha 39 giornalisti assunti (e quasi altrettanti a tempo determinato), di cui ben 22 sono graduati e cinque hanno qualifica e stipendio di vice direttori. La rete ‘dovrebbe’ trasmettere il meglio dei programmi Rai nel mondo. Ma si pregia, invece, del record di proteste degli italiani residenti all’estero, inviperiti per l’impiego di materiale vecchio come il cucco. Persino a Capodanno, momento sacro anche per emigranti di lunga data, avidi di seguire i festeggiamenti in patria, il buon Badaloni e la sua squadra, evidentemente impegnati a stappare champagne altrove, hanno mandato in onda una vetusta registrazione, mantenendo così lo standard tradizionale di corale indignazione degli italioti in esilio. Eppure la rete vanta un organico di tutto rispetto: ben 152 persone. Quanto RaiDue (153). Poco meno di RaiTre (166). Un numero sorprendente visto che RaiUno, dicasi RaiUno, l’ammiraglia di viale Mazzini, ne ha 206.
Anche Rai News 24 diretta da Corradino Mineo non scherza con il suo organigramma di 122 persone, di cui 94 giornalisti. Solo dieci in meno di quelli del Tg5 di Mediaset. Il canale satellitare allnews rappresenta una risorsa nevralgica, anche per il futuro digitale. Ma lo share non brilla e nella sfida con l’aggressivo Tg24 di Sky (39 edizioni di telegiornali giornalieri seguitissimi, 141 giornalisti), in progressivo boom di ascolti, arranca. Anche nel paragone con gli altri tg, dove la stratificazione di personale è già degna di nota, come il Tg3 (104 giornalisti, in tutto 140 persone) o il Tg2 (126 giornalisti su 167 addetti), la squadra di Mineo appare più che consistente. Persino il Confronto dei confronti, cioè quello con la testata diretta da Gianni Riotta, la dice lunga. Il Tg1, primo telegiornale d’Italia, conta 136 giornalisti (su un totale di 180 persone). Solo 40 in più di Rai news.
Per non parlare dell’organico del Televideo firmato da Antonio Bagnardi: 96 persone a disposizione di cui 49 giornalisti. O di quello di Rai Parlamento, palma di platino per la più alta densità di graduati. Il direttore Giuliana Del Bufalo può pavoneggiarsi: su una squadra di 46 addetti, 26 sono giornalisti, e di questi, cinque sono capi redattori, tre vice, cinque capiservizio e altrettanti vice direttori. Uno di loro, l’ultimo arrivato, si fa per dire, è stato Giorgio Giovanetti, ex assistente di Angelo Maria Petroni, consigliere Rai in quota Forza Italia, alla sua prima nomina operativa grazie a Del Bufalo. E poi si favoleggia che le donne in carriera siano delle iene.
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Il dettagliatissimo rapporto dimostra come nonostante i prepensionamenti a tutti i livelli, il popolo Rai non accenni a diminuire. Per forza. La televisione di Stato continua a essere sotto lo scacco della politica e dei partiti, che a ogni cambio di Palazzo Chigi si precipitano a chiedere le teste di direttori (e così giù per li rami) per inserire innesti nuovi, più organici all’ennesima colonizzazione. Difficile credere che la nuova classe al governo, di cui una buona parte bisognosa di farsi conoscere, possa fare a meno del potere esercitato sulla Rai (basti pensare a un partito radicato nel territorio come la Lega). E rinunciare all’influenza sui tg regionali, fondamentali postazioni per favori, clientele, assunzioni. I dati della Tgr diretta da Angela Buttiglione sono quasi pulp: 851 persone di cui 689 giornalisti. E il Coordinamento delle sedi regionali (che non si occupa dei centri di produzione sparsi per il paese) conta 656 dipendenti. È vero che la Rai è obbligata a dare voce alle 21 regioni, come notano a viale Mazzini. Ma 1.507 addetti rappresentano un numero più che pulp. Addirittura post-moderno.
Lo studio è il manifesto numerico di un modello politico e ideologico. Il piano industriale presentato dall’attuale Direzione generale aveva definito economie, tagli e prepensionamenti. Ma il Gran Moloch Rai ha reagito immediatamente. Il fenomenale format organizzativo del carrozzone è arduo da cambiare. Difficile modificare un giacimento di Stato, aureo per i partiti, alimentato pure dal lascito feudale di poter tramandare il proprio posto fisso ai diletti parenti. Anche le molte cause di lavoro perse fanno la loro parte: mille quelle in corso, 100 mila euro il costo medio di ognuna, 150 circa l’anno quelle in cui la Rai viene sconfitta (15 milioni di euro circa tra avvocati e risarcimenti). Motivi? Soprattutto il reintegro delle funzioni, (prima causa, gli strali politici) e i riconoscimenti del lavoro precario, vero motore propulsivo e produttivo dell’azienda che deve a questa forza buona parte della messa in onda dei programmi.
Eppure la Direzione produzione Rai conta 3 mila 851 persone. Una cifra da sballo. Un numero da capogiro visto che è quasi pari al totale dei dipendenti del Gruppo Mediaset. Infatti, la forza lavoro del Biscione berlusconiano arriva a 4 mila e 635 unità, di cui 4 mila e 506 a tempo indeterminato. Nonostante la mole del personale (che, secondo le previsioni, entro il 2009, è destinato ad aumentare di altre 1732 unità, se non ci saranno nuove soluzioni gestionali e sindacali), il 22 per cento delle produzioni della televisione di Stato è affidato all’esterno.
Nelle conclusioni, gli analisti sottolineano come, nel mercato della comunicazione, il servizio pubblico si giustifichi soltanto se è produttore di contenuti. E se riesce a far crescere al suo interno dei centri di eccellenza creativa. E insistono nella necessità di una pianificazione strategica con regole aziendali rigide “che impongano alle direzioni editoriali di saturare prioritariamente le risorse interne. E di verificare, vista la significativa dimensione d’organico, con una doverosa, attenta ricognizione, la loro affidabilità professionale e la capacità dei ‘capi’, a ogni livello di responsabilità, di governare uomini e processi produttivi”.
Un bel fendente ai vertici passati, presenti e futuri. Ma sarà improbabile che i dirigenti che arriveranno, benedetti dalla neo maggioranza al governo, seguano questa direttiva. Anche per loro, la Rai sarà terra di conquista, di promozioni, di poltrone da moltiplicare. Con buona pace di centinaia di precari, da anni in attesa di una sanatoria meritoria, alcuni con decenni di prestazioni. Ora devono fronteggiare anche il blocco dei contratti predisposto dall’azienda e causato della nuova disciplina del lavoro sui contratti a termine.
Le norme prevedono l’assunzione a tempo indeterminato per chi abbia superato i 36 mesi di impiego, comprensivi di proroghe e rinnovi (prima gli intervalli tra un contratto e l’altro la evitavano). Il 31 dicembre 2007, mille e 185 unità, tra quadri, impiegati e operai avevano già maturato i tre anni. A fine febbraio 2008, invece, avevano toccato il traguardo 162 giornalisti. I precari, forza non fannullona, che fa il lavoro di centinaia e centinaia di dipendenti della tv pubblica, minacciano scioperi che potrebbero davvero bloccare una parte significativa dei palinsesti. Ma, visto l’organigramma monstre dell’azienda, per loro c’è poco da sperare. Per potenti e per raccomandati, c’è sempre Mamma Rai. Per gli altri, la Rai è solo matrigna.

RAI: SU SPRECHI E ORGANICO UN QUADRO DISTORTO E SCANDALISTICO…
(Asca) – ’Fa parte ormai di uno sport nazionale sparare sulla Rai. Si gioca con i numeri, omettendo intenzionalmente altri dati e fornendo quindi alla pubblica opinione un quadro informativo totalmente distorto’. E’ quanto si legge in una nota di Viale Mazzini, in cui l’azienda si difende dalle accuse, pubblicate da L’Espresso e riprese da Il Giornale, di avere un organico esagerato rispetto ai servizi offerti. ’Nel confezionamento scandalistico infatti – prosegue la nota – si dimentica volutamente di fare i paragoni con soggetti simili e, invece di paragonare la Rai ai servizi pubblici europei, la si raffronta con la televisione commerciale che svolge attivita’ del tutto diverse.
I dati veri invece – afferma Viale Mazzini – dicono cose diverse: il Gruppo Rai ha 13.000 dipendenti (contro i 22.000 della Bbc che ha solo 2 canali e i 25.000 della Ard che ha solo 2 canali); la Rai produce al suo interno il 75% delle ore trasmesse (contro il 62% di Bbc e il 50% di Ard); la Rai ha le risorse da canone piu’ basse d’Europa (48%, contro il 77% della Bbc e l’84% di Ard). Nonostante questi numeri, che la vedono sottodimensionata rispetto ai principali servizi pubblici europei, la Rai ha una quota di telespettatori sensibilmente superiore a quella dei concorrenti’.
’E’ assurdo poi – prosegue la Rai – sommare al numero dei dipendenti i 43 mila contratti di collaborazione che sono firmati per oltre un terzo da ospiti a titolo gratuito per le trasmissioni e in moltissimi altri casi riguardano semplici rimborsi spese di piccola entita’. Incomprensibile poi e’ criticare la presenza delle sedi regionali Rai, senza ricordare i Tg e i Gr regionali e i tanti servizi di corrispondenza dal territorio, elemento caratterizzante di qualsiasi servizio pubblico.
La realta’ dei numeri e’ quindi molto piu’ complessa e dimostra solo che la Rai e’ una grande Azienda, ha ottimi dipendenti e la qualita’ del loro lavoro e’ riconosciuta anche a livello europeo’. ’Certo – conclude la nota -, efficienze nella gestione possono essere fatte e proprio questo e’ l’obiettivo indicato dal Piano Industriale approvato e in fase di realizzazione. Un Piano Industriale e un rigore gestionale che hanno portato a chiudere un Bilancio 2007 in sostanziale pareggio, senza un euro di debiti e con una posizione finanziaria di Gruppo positiva per oltre 110 milioni di euro’.

6 Comments so far

  1. Franca Maria Bagnoli on 6 Giugno, 2011

    Qualcuno sa dirmi l’ indirizzo della direttrice generale della Rai? Vorrei dirle che i TG sono diventati scandalosamente di parte. Pochissimo spazio ai prossimi referendu. Molta cronaca nera per oscurare notizie scomode per un Premier impresentabile. Quiz diseducativi dappertutto. Che fa la signora Lei?

  2. Franca Maria Bagnoli on 6 Giugno, 2011

    Se la signora Lei rispondesse alle proteste degli ascoltatori della Rai non sarebbe male. Per es. potrebbe rispondere alla domanda: perché ci avete privato di Santoro?E non ci raccontasse la favola che se ne è andato spontaneamente! Mi pare evidente che ci sia lo zampino del Premier che farebbe meglio ad uscire dignitosamente di scena.

  3. Tyreek on 11 Luglio, 2014

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  5. Mina on 24 Marzo, 2015

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  6. Aurora on 25 Aprile, 2015

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