Rottamare gli ultra-sessantenni?
La Ragioneria Generale dello Stato pubblica i risultati della rilevazione “Conto Annuale” relativi all’anno 2014 (cliccare qui). Il Conto Annuale raccoglie i dati sulla consistenza e i costi del personale della Pubblica Amministrazione e costituisce fonte ufficiale di informazioni per le decisioni in materia di pubblico impiego da assumere nelle sedi istituzionali.
Grafico degli occupati nel pubblico impiego
Gli occupati nel pubblico impiego sono concentrati per oltre due terzi nei soli tre comparti della Scuola (29,06%), della Sanità (22,08%) e delle Regioni ed Enti locali (15,77%). Considerando anche gli addetti dei comparti Sicurezza–Difesa si supera agevolmente l’80% degli occupati in tutto il pubblico impiego. La voce altri comparti comprende (Regioni a Statuto Speciale, Agenzie Fiscali Enti Pubblici Non Economici, Vigili Del Fuoco, Enti di Ricerca, Magistratura, Enti art.60, comma 3 – D.165/01, Ist. Form.ne Art.co Mus.le, Presidenza Consiglio Ministri, Autorità Indipendenti, Enti art.70, comma 4 – D.165/01, Carriera Prefettizia, Carriera Diplomatica, Carriera Penitenziaria).
Altri comparti con un peso ancora significativo sono quelli dei Ministeri (5,25%) e dell’Università (3,37%), mentre i restanti 15 comparti classificati nell’ambito del Conto Annuale raccolgono in totale circa il 9% del personale.
La linea di rigore, adottata ormai da diversi anni, si è contraddistinta per interventi che hanno interessato innanzitutto le dinamiche retributive, ma nondimeno hanno inciso anche su quelle occupazionali, attraverso un sempre più stretto governo del turn-over introdotto per la generalità dei comparti a partire dal 2008 (Ministeri, Presidenza del Consiglio, Agenzie fiscali, Enti pubblici non economici, Università, Enti di ricerca, Vigili del fuoco, Corpi di polizia, Enti ex art. 70, Magistratura, Carriere diplomatica, prefettizia e penitenziaria).
Al progressivo contenimento del flusso occupazionale in entrata si sono poi sovrapposti interventi legislativi miranti ad innalzare l’età di uscita dal lavoro, con la conseguenza di rendere sempre più elevata l’anzianità media degli occupati nel settore pubblico.
Al riguardo corre l’obbligo di segnalare come l’invecchiamento degli occupati pubblici rappresenti un fenomeno che, in prospettiva, anche a causa del basso tasso di rimpiazzo, andrà intensificandosi, con potenziali conseguenze in termini di minore produttività e qualità dei servizi, di capacità innovativa e di aggiornamento per l’intero aggregato della Pubblica amministrazione. In questa prospettiva, il mantenimento prolungato di tali politiche rigide finirà per porre in pochi anni un problema di sostenibilità dei servizi erogati.
Età media dei dipendenti pubblici in Italia e in Europa
Composizione degli occupati nella PA per comparti e per classi di età
Anche qui, si conferma che la Pubblica Amministrazione italiana è decisamente più “anziana” rispetto alle altre. In Francia, quasi il 6 per cento degli occupati ha meno di 25 anni, ma soprattutto circa il 22% ha un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. I dati sono simili per la Gran Bretagna, dove circa il 5 per cento dei lavoratori della PA ha meno di 25 anni e il 20 per cento ha tra 25 e 34 anni. In Italia, i lavoratori del pubblico impiego sotto i 35 anni sono solo il 10,3 per cento. Un dato che merita ulteriori approfondimenti.
Come è facile aspettarsi ad un’età media complessiva, attorno ai 47 anni, si contrappongono alcune peculiarità di comparto. Da un lato, si hanno i settori più “giovani”, come le Forze armate, i Corpi di polizia e i Vigili del fuoco; dall’altro, quelli a maggiore anzianità, come la Carriera prefettizia, la Presidenza del Consiglio ed i Ministeri.
Dall’osservazione dei dati, si evidenzia ancora più marcatamente che, nei principali comparti di riferimento, le classi di età con maggior densità di dipendenti sono quelle tra 50 e 54 anni e tra 55 e 59. Nel comparto dei Ministeri, inoltre, più del 10% dei dipendenti si distribuisce nelle classi sopra i 60 anni. Un fenomeno simile è osservabile anche per il personale scolastico e per quello degli Enti locali, ove rispettivamente l’8% ed il 6,7% dei dipendenti si situa oltre i 60 anni.
Circa i Corpi di Polizia e le Forze Armate si vede chiaramente quanto era intuibile anche dall’età media, ovvero che quasi il 70% del personale appartiene alle fasce d’età sotto i 45 anni. Considerazioni di segno opposto vanno poi indirizzate alle Carriere prefettizie e penitenziarie, ove circa il 65% del personale si posiziona invece sopra i 50 anni.
Rispetto all’età media dei diversi settori privati risulta evidente come la pubblica amministrazione rappresenti il settore dell’economia italiana maggiormente “anziano”. Considerando, ad esempio, come benchmark l’industria in senso stretto si vede che l’età media dei dipendenti pubblici è di circa 4 anni superiore rispetto a quella osservata in tale settore, pari a 41,8.
La tavola sopra riportata mostra l’evolvere dell’anzianità anagrafica dei dipendenti pubblici in due diversi istanti temporali, 2001 e 2011. C’è da dire, poi, che la struttura per età in pochi anni si è drasticamente innalzata l’incidenza dei dipendenti con età pari o superiore ai 55 anni. Nello specifico, per i Ministeri la quota di personale compreso tra 55 e 59 anni è passata da poco meno del 7,6% nel 2001, a poco meno del 15% nel 2006, fino ad arrivare a quasi 10 punti percentuali in più nel 2011 (24%). Anche la quota di personale che occupa la fascia tra 60 e 64 anni è cresciuta negli ultimi 5 anni, di circa 4 punti percentuali.
Andamento dell’età media del totale del pubblico impiego
Sono appena sopra i centomila, precisamente 108.011, i dipendenti pubblici under30. Tradotto in percentuali si tratta del 3,3% su un totale di 3,2 milioni. D’altra parte, solo nell’ultimo anno l’età media dei dipendenti pubblici è aumentata di 7 mesi, superando ormai la soglia dei 50 anni.
Nel 2014, in diversi settori l’età media aveva già superato la soglia dei 50, dalla scuola all’università, dai ministeri alle regioni e all’autonomie locali. Sotto i 40 anni resta un solo comparto, quello delle forze armate. Nel dettaglio, l’età media degli insegnanti a tempo indeterminato sfiora i 52 anni, quella dei medici li raggiunge, per i professori universitari è di oltre 56, mentre per i dirigenti ministeriali di prima fascia quasi 57.
La crescita dell’età media, salita di quattro anni nell’ultimo decennio, quindi non si ferma, anzi accelera. Senza contare che a parere dello scrivente non si possono tenere incatenati uomini e donne fino a 67 anni al lavoro, quando nelle stesse famiglie ci sono dei disoccupati, i figli e in alcuni casi anche i nipoti.
Gli ultra sessantenni (oltre 372.000) sono molti di più di coloro che hanno meno di 35 anni (circa 260.000) e questo non può che avere ripercussioni sull’attività soprattutto in alcuni settori. Se infatti nelle Forze armate la media dell’età era nel 2014 a 37,7 anni, superava abbondantemente i 50 nella scuola e i 53 nei ministeri.
Nell’amministrazione italiana quindi non solo il lavoro è sempre meno “sicuro” ma è più impegnativo dato che diminuisce il numero delle persone e dà meno soddisfazioni sotto il profilo economico con retribuzioni ferme a causa del blocco dei contratti e tornate ai livelli del 2009. In realtà poi il potere d’acquisto si è ridotto rispetto al 2009 poichè il confronto è a prezzi correnti.
Le retribuzioni medie annue lorde si assestano nel 2014 a 34.348 euro diminuendo dello 0,5% rispetto al 2013 (175 euro in meno, sempre in media). Tra il 2007 e il 2014, i prezzi hanno avuto un incremento del 13,5% ed è stato “significativamente più elevato della variazione registrata dalla retribuzione media di fatto dell’intero pubblico impiego (+8%). L’andamento è stato però ampiamente diversificato tra i comparti con le retribuzioni medie dei magistrati (+18,6%) e dei prefetti (+16,4%) che hanno recuperato più dell’inflazione e quelle dei ministeriali (+5%) e delle forze armate (+3,3%) rimaste al di sotto della media del pubblico impiego e molto “assottigliate” dall’inflazione.
Aggiornamento al 18-01-2016 cliccare qui.
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