Siena in un giorno
Dalla cupola, alle volte e gli archi della navata centrale, passando per il pavimento fino alla meravigliosa Libreria Piccolomini non c’è metro quadro di questa chiesa che non racconti la grandeur di Siena. Oltre alla Cattedrale, del complesso del Duomo fanno parte anche la Cripta, il Battistero e il Museo dell’Opera.
All’interno una suggestiva e grandiosa decorazione dove sono rappresentate sommamente tutte le branche dell’arte figurativa.
Nicola Pisano, Duccio di Buoninsegna, Antonio Federighi, Donatello, Pinturicchio, Domenico Beccafumi, Michelangelo e Bernini, sono solo alcuni degli artisti che operarono nella Cattedrale, a testimonianza della fertilità dell’arte decorativa a Siena, che in Duomo poté rivelarsi in tutta la sua grandiosità.
Lungo la navata laterale di sinistra si trova l’ingresso della Libreria Piccolomini, fatta costruire nel 1492 dall’arcivescovo di Siena, cardinale Francesco Piccolomini Todeschini (poi papa Pio III) per custodire il ricchissimo patrimonio librario raccolto dallo zio. Tra il 1502 e il 1507 circa venne completamente affrescata dal Pinturicchio.
Museo
Celebre soprattutto per la straordinaria raccolta di sculture in marmo scolpite da Giovanni Pisano e per la grande pala d’altare con la Maestà di Duccio di Buoninsegna, raccoglie al suo interno numerosi capolavori pittorici di scuola senese e un’importante collezione di oreficerie e tessili provenienti dalla cattedrale, a rappresentarne la memoria storico artistica, devozionale e religiosa. Salendo lungo l’incompiuta facciata del Duomo Nuovo è possibile ammirare il più affascinante panorama del paesaggio toscano.
Cripta
Alla scoperta del colore all’interno di un eccezionale ambiente duecentesco riportato alla luce all’inizio del XXI secolo dopo oltre sette secoli di oblio, e in quell’occasione completamente restaurato. All’interno un grandioso ciclo pittorico di scuola senese realizzato tra il 1270 e il 1280, di cui è possibile ammirare i colori originali.
Battistero di San Giovanni
Farete un salto nel luogo dove si sono dati appuntamento i massimi maestri del primo rinascimento italiano. Fra i capolavori appartenenti al patrimonio dell’Opera della Metropolitana di Siena è compresa infatti anche la pieve di San Giovanni Battista, affiancata dalla imponente scalinata che sale al cosiddetto “Duomo nuovo”. La chiesa è stata costruita nella prima metà del XIV secolo, ma è ricordata perché contiene almeno un’opera straordinaria del primo Rinascimento, il celebre Fonte Battesimale. Le formelle in bronzo dorato, con Storie di San Giovanni Battista, sono state infatti concepite da artisti quali Jacopo della Quercia, Lorenzo Ghiberti e Donatello. Nel Battistero si conserva, inoltre, il più ampio ciclo religioso del Rinascimento senese raffigurante gli Articoli del Credo, un tema piuttosto inconsueto nella pittura italiana, che conosce tuttavia, in questa città, larga diffusione.
Pavimento
La cattedrale di Siena conserva numerosi capolavori di ogni epoca, ma l’opera per più versi eccezionale, è il pavimento, realizzato con la tecnica del graffito e del commesso marmoreo.
Si tratta del “più bello…, grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto“, secondo la definizione di Giorgio Vasari, frutto di un programma che si è realizzato attraverso i secoli, a partire dal Trecento fino all’Ottocento. I cartoni preparatori per le cinquantasei tarsie furono forniti da importanti artisti tutti “senesi”, tranne il pittore umbro Bernardino di Betto detto il Pinturicchio, autore, nel 1505, della tarsia con il Monte della Sapienza. Mentre nelle tre navate il percorso si snoda attraverso temi relativi all’antichità classica, nel transetto e nel coro sono narrate storie del popolo ebraico.
A testimonianza della grandiosità del monumento, nel diario di Cosima Wagner si legge che la visita fatta al Duomo di Siena nell’agosto del 1880, suscita una infinita commozione nell’animo del grande compositore (Richard Wagner): la più grande impressione che egli abbia mai avuto da un edificio.
Ma Siena non è ricca solo dal punto di vista artistico. Essendo nel cuore della Toscana non poteva che esserlo anche dal punto di vista culinario.
Dopo una piacevole pausa a base di formaggi, salumi locali e salsine eccezionali, rifocillati, passeggiamo tra le vie cittadine fino a Piazza del Campo, come sopra detto, unica per la sua particolare e originalissima forma a conchiglia, e rinomata in tutto il mondo per la sua bellezza e integrità architettonica, nonché per essere il luogo in cui due volte l’anno si svolge il Palio di Siena.
Perdersi tra le sue strade è una delle cose più belle che possa capitare. Passeggiare senza meta tra le vie, i vicoli e le piazze del centro storico, seguendo quello che di volta in volta suggerisce l’istinto. Del resto, è una cosa che fanno quasi tutti i turisti che arrivano per la prima volta in città, con annesso rito finale: sedersi in Piazza del Campo – generalmente, inizio e termine della camminata – e godersi lo spettacolo tutt’attorno.
La costruzione di Piazza del Campo risale al XIII secolo sotto il famoso “Governo dei Nove” (1287 – 1355), una delle esperienze amministrative più studiate dell’Italia medievale. La dotazione di una sede “neutra” di governo (Palazzo Pubblico) e il rispetto di precisi canoni architettonici sono due dei motivi che spiegano il successo di quella stagione politica.
Non a caso, sia Piazza del Campo che il Palazzo Pubblico non appartengono ad alcuna delle 17 contrade in cui è diviso il territorio; patrimonio, quindi, di tutta la città.
Prima di dare il via ai lavori di costruzione di Palazzo Pubblico, il Governo dei Nove impose a tutti i cittadini che possedevano abitazioni in prossimità di Piazza del Campo il rispetto di norme edilizie rigorosissime.
Da un lato, c’era l’obbligo di adeguarsi ai canoni stilistici previsti dal progetto; dall’altro, era fatto divieto assoluto a competere in grandiosità ed eleganza con l’edificio che ci si apprestava a realizzare. Questo, solo per far comprendere l’importanza storica di questo palazzo che a distanza di secoli continua a ospitare l’ufficio del Sindaco e alcuni uffici comunali. Dagli anni ’30 del secolo scorso larga parte è adibita a Museo Civico cittadino ed è visitabile con un unico biglietto in abbinamento alla Torre del Mangia.
All’interno sono custoditi preziosi affreschi: tra gli altri, “La Maestà” e il “Guidoriccio da Fogliano” di Simone Martini (Sala del Mappamondo) e l’”Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo” di Ambrogio Lorenzetti (Sala dei Nove). Capolavori del Trecento in un palazzo del Trecento, a riprova di quanto grande ed evoluta fosse già nel medioevo la città di Siena.
La Sala dei Nove è detta anche Sala della Pace a causa di una delle più note allegorie che ospita, ma furono i “Nove”, la forma di governo che più a lungo resse Siena negli anni del suo maggiore sviluppo, a commissionare la decorazione ad Ambrogio Lorenzetti nel 1337.
In essa i governanti vollero che fossero evidenziate le convinzioni politiche che muovevano ed ispiravano la loro attività.
Sulla parete a destra, molto rovinato dal tempo, è dipinto il Cattivo Governo, una sinistra figura dalle sembianze di diavolo, che impersona la “Tirannia”.
Essa guarda al proprio interesse invece che al “Bene Comune” ed è assistita nel suo operare dai vizi peggiori. Per realizzare il suo nefasto disegno ha neutralizzato la “Giustizia” privandola dei suoi strumenti e della stessa dignità.
Il Cattivo Governo produce nella città e nella campagna effetti decisamente negativi e comunque opposti a quelli garantiti del Buon Governo: violenze, distruzioni ruberie e fondamentalmente timore per ciascun cittadino che vede in pericolo le proprietà, le attività e la stessa vita.
Posata sulla parete opposta alla finestra l’allegoria del Buon Governo simboleggia l’ideale politico dei “Nove”. Alla sinistra della scena la “Giustizia” regge due piatti di una bilancia. Da questi si dipartono due corde raccolte e unificate dalla “Concordia” che le consegna a ventiquattro cittadini. Essi, passandole di mano in mano le affidano al “Buon Governo”, personificazione del Comune di Siena che il Lorenzetti poteva osservare dalle finestre di Palazzo Pubblico. In essa fervono le attività delle manifatture, dei commercianti e dei banchieri, mentre i muratori edificano i nuovi edifici di una città in crescita.
La Porta Romana si apre su una campagna ordinata e ben coltivata, attraversata da quella via Francigena che di Siena garantì lo sviluppo e la ricchezza. Su tutto aleggia la “Securitas” garantita dal Buon Governo.
Torre del Mangia
Sono quattrocento gli scalini da fare per arrivare sulla sommità della torre (88 metri) e ammirare lo splendido panorama di Siena. Un po’ faticoso ma ne vale assolutamente la pena, a meno che non soffriate di vertigini. Nel 1666 dopo vari tentativi di fusione fu collocata un grande campana che i senesi chiamarono il “Campanone” detta anche “Sunto” perché dedicata alla Madonna Assunta.
Interessante anche la genesi del nome. Il “Mangia”, infatti, era il campanaro incaricato di battere le ore. Si chiamava Giovanni di Balduccio e il soprannome era dovuto alla facilità con cui sperperava i propri guadagni nelle osterie cittadine (“Mangiaguadagni”). L’aspetto divertente è che lo stesso nomignolo venne affibbiato anche all’automa che dopo il 1360 sostituì il di Balduccio. Automa, i cui resti sono tuttora conservati all’interno del Cortile del Podestà.
Non si è potuto salire in quanto era temporaneamente chiusa per lavori di manutenzione e quindi si dovrà assolutamente ritornare.
Ultima meta della giornata è la Basilica di San Domenico.
Appena fuori le mura trecentesche, tra Piazzale San Domenico e via della Speranza, spesso, questa Basilica è la prima tappa delle visite guidate che giornalmente transitano in città. Si tratta di una delle più belle chiese gotiche di Siena, famosa soprattutto perché è qui conservata la testa-reliquia di Santa Caterina, patrona della città e compatrona d’Italia.
Tuttavia, sono anche altri i motivi di fascino: a cominciare dagli affreschi del “Sodoma”, al secolo Antonio Bazzi, discepolo del grande Leonardo da Vinci, proseguendo per le tavole di Francesco eseguite da Giorgio Martini, fino alla “Meravigliosa Maestà” di Guido da Siena.
Una chiesa apparentemente spoglia, a una navata, e tuttavia piena di opere d’arte di inestimabile valore. Bellissimo anche il panorama dall’esterno con la vista privilegiata del Duomo e della Torre del Mangia.
Verso tardo pomeriggio partiamo verso Carbognano, tristi ma felici di avere visitato qualche creta senese, da cui lo sguardo si perdeva nell’infinito dell’orizzonte.
Quanta bellezza in questa città, quanta civiltà, quante storie e leggende di santi, poeti, damigelle, papi, nobildonne, poveri e banchieri si snodano nelle sue contrade….tra tante Pia dei Tolomei che il sommo Dante, il “Ghibellin fuggiasco”, ospite di questa città attorno al 1300, rammenta nel Purgatorio: “Ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma” (Canto V, vv,133-134).
E noi pure ci ricorderemo di questa meraviglia di città sempre e torneremo ancora certi di scoprire ogni volta qualcosa di più della sua straordinaria storia.
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