Diritto di satira
La vignetta di Alessio Spataro contro la Meloni
Sulla copertina compare la versione fumettistica della Meloni nelle fogne accanto a un topo, mosche e scarafaggi. Nelle storie, la Ministronza, ribattezzata Mecojoni, parla in greve dialetto romano, non si lava, passa tutto il tempo parlando con topi e facendo sesso con suoi ammiratori dediti a perversioni dannunziane.
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Fosse stata Rosy Bindi la protagonista de “La ministronza”, “Repubblica” avrebbe già lanciato una raccolta di firme on line, le donne del Pd avrebbero presentato un’interrogazione parlamentare e qualcuno, a sinistra, avrebbe già chiesto il sequestro del libro, ma è la satira bellezza che serve anche a scoprire la mancanza di autoironia.
La sterminata produzione giurisprudenziale e dottrinale in tema di diffamazione ha tracciato da tempo i confini tra il diritto di cronaca ed i suoi derivati: la critica e la satira. La cronaca e critica rappresentano i due aspetti della professione giornalistica. La prima, infatti, è la narrazione (presumibilmente) oggettiva di fatti; la seconda è la loro valutazione ed analisi.
La satira rappresenta un ulteriore sviluppo del diritto di critica e comprende tutte quelle forme di espressione, dalle vignette ai pamphlet, che, mediante una rappresentazione distorta e deformata della realtà, palesemente esagerata ed inverosimile e finalizzata a suscitare l’ilarità, analizzano criticamente fatti d’interesse collettivo o personaggi noti alla pubblica opinione.
Per conseguire questo fine, fin dalle sue lontanissime origini la satira sforza i mezzi espressivi, deforma grottescamente le caratteristiche somatiche, comportamentale o morali di un soggetto pubblico, esasperando la realtà per il divertimento del pubblico. La satira, insomma, non è mai fedele rappresentazione della realtà: anzi, sua caratteristica fondamentale è proprio l’alterazione ridicola del modello da cui trae origine, del quale sottolinea dettagli unilaterali e parziali, divertendosi a provare ogni sorta d’associazioni e accoppiamenti oltraggiosi ed operando una sorta di rovesciamento nel quale “i primi diventano gli ultimi, il pesante diventa leggero ed il leggero ridicolmente pesante”.
Maurizio Crozza 10/11/09 (Ballarò)
Si può attribuire alla satira una funzione di controllo sociale e protezione contro gli eccessi del potere, di attenuazione delle tensioni sociali e di tutela ed attuazione del valore fondamentale della tolleranza. Insomma, la satira può a pieno titolo considerarsi complemento dell’attività informativa, anche quando l’espressione satirica si riveli particolarmente graffiante.
Venti di cronaca: transessualità e Il Grande Compagno
La satira è una particolare forma di manifestazione del pensiero, senza dubbio affine al diritto di cronaca ed a quello di critica – pur con caratteristiche peculiari-: col primo ha in comune la rappresentazione di un fatto, pur integralmente rielaborato, col secondo la componente polemica e sferzante. È quindi senz’altro riconducibile nell’alveo dell’articolo 21 della Costituzione e va considerato un diritto pubblico soggettivo inerente alla libertà di pensiero e di stampa.
Essendo una forma d’arte, il diritto di satira trova, infine, riconoscimento nell’art. 33 Cost., che sancisce la libertà dell’arte.
Diritto di satira: la Cassazione ne definisce i confini