Gita tra Mantova, Sabbioneta e Ferrara


Di buon mattino, un venerdì di maggio, noi e i nostri cari amici Rino e Rita (con cui condividere i nostri bei momenti è sempre fantastico) partiamo alla volta di Mantova (alla scoperta dei tesori, della storia e della cultura artistica della famiglia Gonzaga, custoditi dalla capitale italiana della cultura 2016), Sabbioneta (dichiarata nel 2008 con Mantova Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO) e Ferrara (gemma degli Este).
Questo è il post con le sensazioni e le informazioni del viaggio, suddiviso per motivi tecnici in tre parti.


1° giorno, venerdì 19 maggio 2017: Mantova (50.000 ab. – 19 m s.l.m. – 14°-24°)
Partenza in auto ore 17 da Roma e arrivo alle ore 21 al nostro albergo: HOTEL ABC 3*.
Subito dopo ci dirigiamo verso il centro storico con i suoi palazzi rinascimentali eretti per volere della famiglia dei Gonzaga con l’intento di visitare Mantova di sera; stupenda.

Come un’isola, separata dal resto della Lombardia, ma anche dal Veneto e dall’Emilia, da una frontiera d’acqua, Mantova mantiene un carattere di forte individualità.

Orgogliosamente legata al suo sfarzoso passato e alla corte, fastosa e dissoluta dei Gonzaga, ancora presente nelle architetture cittadine, come nel cuore degli abitanti, Mantova è allo stesso tempo museo a cielo aperto e città godereccia, coltissima come i suoi illustri abitanti e schietta come la sua cucina.


Situata al centro della pianura padana, è stata fin dalle sue origini circondata dalle acque. I suoi primi insediamenti si svilupparono, probabilmente, già ai tempi degli Etruschi, in un’area corrispondente all’attuale Piazza Sordello. Ma furono i Gonzaga, a partire dal XIV secolo, che diedero un forte impulso culturale e artistico alla città, delineandone l’attuale struttura urbanistica e architettonica. Durante i quattro secoli di regno, i signori di Mantova ospitarono a corte i più illustri artisti del tempo quali Leon Battista Alberti, Pisanello, Andrea Mantegna, Giulio Romano, Rubens e altri, le cui opere contraddistinguono ancora oggi la città in tutto il suo splendore.

I Gonzaga diventarono Signori di Mantova nel 1328, dopo aver cacciato la famiglia dei Bonacolsi. A loro si deve un nuovo ampliamento urbano e la mirabile fioritura artistica di Mantova. Sotto il dominio del marchese Ludovico II ebbe inizio la renovatio urbis. Molti artisti si adoperarono per modernizzare e impreziosire la città, tra cui Andrea Mantegna, che dipinse per il marchese la Camera Picta o “Camera degli Sposi”, e Leon Battista Alberti, che progettò il rifacimento della Basilica di Sant’Andrea e l’edificazione del Tempio di San Sebastiano nell’area di espansione rinascimentale, di fronte all’isola del Te, dove sorgerà in seguito Palazzo Te, villa di delizie, opera di Giulio Romano.
Ogni edificio che sorge nell’area al di fuori del nucleo più antico della città deve esaltare la Signoria, compresi i luoghi di servizio come le cinquecentesche Pescherie, progettate da Giulio Romano, destinate al commercio del pesce.

In quest’epoca la corte si arricchisce di opere di celebri artisti contemporanei e di reperti classici che vanno a costituire le collezioni artistiche della città. Testimonianze delle stesse sono tuttora visibili al Museo della Città di Palazzo San Sebastiano, al Museo Diocesano e al Museo di Palazzo Ducale.

2° giorno, sabato 20 maggio 2017: Mantova (50.000 ab. – 19 m s.l.m. – 13°-24°)
Mantova si deve girare a piedi, attraversando le sue strade che si intrecciano nello spazio e nel tempo, i suoi portici, piazza Sordello, Broletto, Delle Erbe: oltre ai Gonzaga, si seguono le tracce della Mantova virgiliana, o di quella medievale di Matilde di Canossa, di quella di Maria Teresa d’Austria, o – attraversando il Mincio e spaziando nei dintorni – quella risorgimentale.


Affascinante ambiguità, ben rappresentata dai due principali edifici storici della città: Palazzo Ducale, la reggia di rappresentanza, seconda solo alla Città del Vaticano per estensione (34 mila metri quadrati) e ricchezza di opere d’arte, (dalla Camera degli Sposi del Mantegna, la Stanza del Labirinto, fino al leggendario Appartamento dei Nani) e Palazzo Te, residenza di campagna deputata agli ozi di corte, fotografia intensa e raffinata, grazie alle prospettive perfette e agli affreschi di Giulio Romano (l’artista, giunto a Mantova nel 1525 su invito di Federico II Gonzaga, era in fuga da Roma dove il Papa non approvava la sua condotta troppo libertina), di un casato nel momento di massimo splendore, prima della decadenza.


Palazzo Ducale
È forse più giusto parlare di città-palazzo, in quanto il complesso architettonico è costituito da numerosi edifici collegati tra loro da corridoi e gallerie (cliccare qui), ed arricchito da cortili interni, alcuni pensili, e vasti giardini.

La reggia dei Gonzaga, per estensione dei tetti, è la seconda in Europa superata unicamente dal Vaticano. Non appare improprio definire la reggia gonzaghesca come i Palazzi Ducali, stante l’abitudine di quasi ogni Duca di edificare una propria dimora che si andava aggregando a quanto precedentemente costruito.

Già prima dell’avvento al potere dei Gonzaga erano stati edificati i primi nuclei del Palazzo, ma la storia del complesso si identifica soprattutto con quella della famiglia che governò la città fino al 1707. Tra le altre, celeberrima è la cosiddetta Camera degli Sposi (Camera picta) nel Castello di San Giorgio (cliccare qui), parte della “città-palazzo”, affrescata da Andrea Mantegna e dedicata a Ludovico III Gonzaga e a sua moglie Barbara di Brandeburgo. Diventata Mantova austriaca, le ristrutturazioni sono proseguite fino alla seconda metà del XVIII secolo per opera dei governatori inviati dall’Imperatore.

Palazzo Te
È opera di Giulio Romano che nel 1525 lo ideò su commissione del marchese Federico II Gonzaga che lo utilizzò per i suoi svaghi.

Il nome deriva da una delle isole che una volta c’erano sul canale di Mantova, l’isola di Tejeto, abbreviata appunto in “Te”.

Vi fece dimorare l’amante “ufficiale” Isabella Boschetti. Il “Palazzo dei lucidi inganni” sorgeva al centro di un’isola ricca di boschi e circondata dalle acque di un lago, ora prosciugato: misterioso, ricco di simboli e di miti che risaltano nelle sale stupendamente affrescate anche dallo stesso Giulio Romano, come la celeberrima Sala dei giganti (cliccare qui)  e quella di Amore e Psiche e, non ultima, la sala dei cavalli che celebra le scuderie gonzaghesche all’epoca famose in tutta Europa.

Vicino piazza delle Erbe sorgono altri due splendidi edifici: Palazzo della Ragione e Palazzo del Podestà (1227), uno dei più antichi edifici pubblici di età medievale della città.


Accanto ai due palazzi da non perdere la quattrocentesca e caratteristica Torre dell’Orologio, un edificio rinascimentale che si eleva al di sopra della rotonda di San Lorenzo.
Allo scoccare di ogni ora: sarebbe bello poter vedere muoversi il meccanismo dell’antico orologio, risalente al 1472. E comunque salendo le scale godiamo della vista dei meccanismi che lo manovravano un tempo e, salendo più in su, aprite le finestrelle all’ultimo piano della torre: lo spettacolo è mozzafiato. Vale la pena salire i 96 scalini per vedere la città dall’alto (cliccare qui).

L’edificio, a pianta quadrata, fu costruito nel 1472 e il 1473 dall’architetto Luca Fancelli, architetto fiorentino al servizio del marchese di Mantova Ludovico III Gonzaga sulle basi di un preesistente edificio risalente al XIII secolo. Dalla porta al piano terreno si accede al palazzo della Ragione.
Alla fine del 1473 sulla torre venne collocato l’orologio astronomico, opera del matematico mantovano Bartolomeo Manfredi, noto anche come Bartolomeo dell’Orologio. L’orologio indicava le ore ordinarie, degli astrologi e dei pianeti. Altresì rilevava il percorso del sole attraverso i segni dello Zodiaco e le fasi lunari. Dal 1700 non più attivo, il meccanismo astronomico fu rimesso in moto nel 1989 dal fabbro ed orologiaio Alberto Gorla di Cividale Mantovano.
Sotto l’orologio fu collocata la statua della Madonna Immacolata, risalente agli inizi del XVII secolo. Dello stesso periodo è anche il balcone, in marmo, ad ornamento dell’edificio.


Il terremoto dell’Emilia del 2012 provocò lesioni alla torre, che rimase chiusa fino all’esecuzione di restauri che ne hanno consentito la riapertura e la fruibilità. All’interno è ospitato il Museo del Tempo, nel quale sono esposti i meccanismi d’epoca dell’orologio.

 

Tra i luoghi religiosi, da visitare il Duomo (o Cattedrale di San Pietro), con il campanile romanico, la fiancata destra gotica e la facciata neoclassica, e la Basilica di Sant’Andrea progettata da Leon Battista Alberti, che ospita opere di Mantegna, del Correggio e di Giulio Romano.

La Rotonda di San Lorenzo è la chiesa più antica della città. Costruita nel 1082 quando Mantova faceva parte dei domini della Contessa Matilde di Canossa alla quale, secondo la tradizione, la chiesa deve la fondazione.
La pianta circolare è animata al livello superiore da un matroneo e presenta ancora tracce dell’originaria decorazione ad affresco. Figure angeliche e un Cristo giudice. Gli affreschi del sec XI sono di scuola bizantina.

Compreso nel biglietto di Palazzo Te’, c’è anche la visita al Tempio di San Sebastiano, altra denominazione della chiesa di San Sebastiano, è un edificio religioso di Mantova, progettato da Leon Battista Alberti e oggi adibito a famedio dei caduti mantovani dal Risorgimento ad oggi.

La chiesa sorge a margine del centro lungo una delle arterie principali che conducevano alla zona paludosa del Tè, appena fuori le mura, dove si trovavano le stalle dei famosi cavalli vanto della casata dei Gonzaga.

Si possono ammirare le vetrine della raffinata via dello shopping, via Cavour, o ancora, comporre un itinerario dove poesia e gastronomia si intrecciano, nella provincia italiana che vanta il maggior numero di locali premiati con le stelle Michelin, per scoprire la sua cucina a un tempo semplice e raffinata: dalla celebre torta sbrisolona ai tortelli di zucca, non mancano prelibatezze sia dolci che salate.
Questo post con le informazioni del viaggio è suddiviso per motivi tecnici in tre parti.

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