Ai Musei Vaticani i capolavori dell’arte russa
Se avete deciso di dedicare una mattinata all’insegna dell’arte, la Città Eterna vi offre l’opportunità di cogliere due piccioni con una fava. Dirigetevi verso San Pietro, lasciatevi incantare dall’imperitura bellezza della Basilica e dalla maestosità della sua piazza e poi dirigetevi a sinistra, verso il Braccio di Carlo Magno.
In questo ambiente, che collega la Basilica di San Pietro con il Colonnato del Bernini, è stata allestita la mostra “Pilgrimage of Rissian Art. From Dionysius to Malevich”.
La mostra, nata dalla collaborazione tra i Musei Vaticani, la Galleria Tret’jakov e il Ministero della Cultura della Federazione Russa, è stata curata da Arkadi Ippolitov, Tatyana Samoilova e Tatyana Udenkova e ripercorre, all’interno di un percorso espositivo, semplice ed elegante, l’arte figurativa russa di oltre cinque secoli (dal XV al XIX sec.) e vuole presentare il messaggio culturale e spirituale dell’arte russa al cuore del mondo cristiano occidentale.
L’esposizione, che ha l’obiettivo di mettere in evidenza il legame profondo che unisce la pittura di icone e il realismo russo dell’800, raccoglie ben 54 capolavori provenienti dalla Galleria Tret’jakov e da altri musei russi.
Potrete ammirare quadri di Surikov, Vrubel’, Repin, Ivanov, Nikolaj N. Ge, Perov, Kramskoj, Jarosenko, Vasnecov, Nesterov, Levitan, Kandinskij, Malevich, Filonov, Goncarova, Petrov-VodkinKustodiev, Junon e Dejneka.
Nel cuore simbolo della cristianità, è stata quindi allestita una mostra che attraverso la spiritualità russa che trasuda dalle opere esposte, fa da collegamento immaginario tra il mondo cristiano e quello ortodosso.
Due mondi e due culture legate da un forte legame artistico che fin dal ‘700 ha visto artisti italiani e russi contaminarsi e arricchirsi nelle proprie esperienze artistiche grazie a borse di studio e commesse di mecenati e zar.
La Galleria Tret’jakov, per ringraziare e ricambiare il prestito che nel 2016 i Musei Vaticani le hanno fatto con una serie di opere che ha dato origine alla Mostra “Roma Aeterna” (grandissimo successo di pubblico a Mosca), regala al pubblico italiano la visione di molte opere sconosciute e di alto valore artistico. Si tratta di una mostra davvero molto bella da non farsi scappare!
Al disopra della quiete eterna
L’impostazione del percorso espositivo accompagna il visitatore in un viaggio che non è scandito dal tempo, bensì dalle analogie. La disposizione dei quadri infatti non segue una linea cronologica, ma una sorta di corrispondenza ideale ed emotiva.
Ecco allora ad esempio, che l’icona “Giudizio universale” del XVI secolo è posta accanto al “Quadrato nero” di Kazimir Malevich; “L’apparizione di Cristo al popolo” di Alexander Ivanov si trova accanto alle icone “Battesimo” e “Trasfigurazione” e di fronte alla “Trinità” di Paisius, il “Dolore inconsolabile” di Ivan Kramskoy è opposto all’icona “Non mi singhiozzare, Madre” e il suo “Cristo nel deserto” 1872 si trova accanto a “Cristo nella segreta”, una scultura in legno del XVIII secolo di Perm; “La vita è ovunque” di Nikolay Yaroshenko è adiacente a “Madonna di Kykkos” di Simon Ushakov, riecheggiando il formato e il colore dell’icona e, in un certo senso, la sua composizione ritmica.
E ancora, opere di Nikolay Yaroshenko, Isaac Levitan, Ilya Repin, Vasily Perov, Mikhail Vrubel, Natalia Goncharova, fino a “Mosca. Piazza Rossa” di Vasily Kandinsky, “1918 in Pietrogrado” di Kuzma Petrov-Vodkin e al ritratto di Fedor Dostoevskij di Vasily Perov.
Chiudono il percorso “Cristo portacroce” di Mikhail Nesterov e l’icona del XVI secolo “Ti rallegra”, che, sottolinea la nota di presentazione, incarna lo spirito del conciliarismo russo, l’unità spirituale di tutto il popolo nella Chiesa e nella vita mondana.
Queste chiare analogie accolgono il visitatore in un percorso d’arte inusuale alla scoperta dello spirito russo nell’arte, un’arte che ha come fondamento la concezione secondo cui un capolavoro non deve essere soltanto un’opera di alta qualità tecnica, ma deve contenere anche un profondo messaggio spirituale e universale.
Tra gli altri “dipinti principali” dell’arte russa che lasciano le mura della Galleria Tret’jakov e si recano ai Musei Vaticani “Non aspettato”, “Processione religiosa nella provincia di Kursk” e “Prima della confessione” di Ilya Repin, “Troika. Gli alunni-artigiani stanno portando acqua” e “Annegata” di Vasily Perov,” “Che cos’è la verità? Cristo e Pilato” e ” Il Calvario” di Nikolay Ge, “Il Demone (seduto)” di Mikhail Vrubel, “Trinità” di Natalia Goncharova, “Mosca. Piazza Rossa” di Vasily Kandinsky, “Bagnatura del cavallo rosso” e “1918 in Pietrogrado” di Kuzma Petrov-Vodkin.
Uno solo il ritratto presente. Si tratta della celebre opera di Vasily Perov “Ritratto di F. M. Dostoevskij“.
I dipinti ottocenteschi costituiscono il nucleo più importante della collezione della Galleria Tret’jakov, opere dei pittori che nel 1870 fondarono la Compagnia delle mostre d’arte ambulanti, un gruppo che protestava contro l’arte ufficiale.
Il movimento degli ambulanti è in un certo senso analogo a quello dei macchiaioli in Italia, degli impressionisti in Francia e dei preraffaelliti in Inghilterra.
Una visita veramente goduta che ci ha riempito gli occhi di bellezza e, come citava il grande Dostoevskij: “L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”.