Fontana dei Libri alla quale dissetarsi di cultura e libero pensiero


La piccola, curiosa e decisamente particolare Fontana dei Libri si trova a Roma in via degli Staderari, nome che ricorda gli antichi fabbricanti di stadere e bilance, un tempo esistenti in questa zona. C’è da precisare che questa via, in precedenza, si chiamava “via dell’Università”, in riferimento alla vicina Università della Sapienza, mentre l’antica via degli Staderari era parallela a questa e fu soppressa allorché fu allargato palazzo Madama.


La fontana, costituita interamente in travertino (la pietra tipicamente romana), è situata dentro una nicchia coronata da un arco a tutto sesto con l’iscrizione S.P.Q.R. e presenta una testa di cervo (simbolo rionale di Sant’Eustachio) fra quattro libri antichi, due per ciascun lato, e collocati su due mensole laterali di marmo, naturalmente in ricordo dell’Università della Sapienza.

L’acqua sgorga da due cannelle a forma di segnalibri poste sui tomi superiori e da altre due, poste lateralmente sui tomi inferiori, e si raccoglie nella sottostante vasca semicircolare.

Simbolicamente, tutti gli elementi presenti nella Fontana dei Libri hanno un significato ben preciso nella storia del rione. Il cervo, ad esempio, si trova anche sul timpano della Chiesa di Sant’Eustachio e ricorda l’evento della conversione al Cristianesimo di Eustachio, generale romano, a cui apparve un cervo con una croce luminosa fra le corna.

I libri, d’altro canto, rappresentano il sapere divulgato dall’antica Università della Sapienza – (all’inizio nel 1303 “Studium Urbis”) che si trova nel palazzo a cui è addossata la fontanella, il “Palazzo della Sapienza”, sede della “Sapienza” per l’appunto dal 1586 fino al 1936 .

Nel Rinascimento le scuole universitarie romane erano dislocate in varie case nei pressi della chiesa di Sant’Eustachio; per riunirle in un’unica sede, nel 1577 papa Gregorio XIII Boncompagni incaricò Giacomo Della Porta quale architetto per la costruzione della sede unitaria; egli restò alla direzione della fabbrica fino alla fine della sua vita, realizzando un edificio a pianta rettangolare con cortile interno. Altri papi ed altri architetti si susseguirono fino al completamento della struttura; non da ultimo l’architetto Francesco Borromini che dal 1632 al 1667 prese l’incarico di architetto il quale completò la chiusura del cortile con la costruzione della chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza sul lato est e considerata come uno dei capolavori dell’architetto, del Barocco e della storia dell’architettura in generale.

Sul lato ovest, sopra la finestra centrale del secondo ordine sovrastante l’ingresso principale, fu poi collocata l’incisione: ‘INITIUM SAPIENTIAE TIMOR DOMINI’ (l’inizio della sapienza è il timor di Dio). Tale massima, tratta dal Libro dei Proverbi dell’Antico Testamento, diede nome all’edificio, nonostante la sua designazione ufficiale come Studium Urbis (Studium – ovvero Università – di Roma, l’urbe per antonomasia).

Sin dal Medioevo, per indicare le varie zone del centro storico di Roma, si è utilizzata una suddivisione, modificata più volte nel corso dei secoli: i rioni. Dagli anni ’20 del Novecento i rioni, che avevano sempre avuto un valore simbolico nelle vicende del popolo romano, sono diventati in totale ventidue, ognuno identificato con un diverso nome e un numero romano.

Questa composizione, fu eseguita nel 1927 su progetto dell’architetto Pietro Lombardi (1894-1984) e fa parte di quelle fontane commissionate dal Comune di Roma che volle ripristinare in vari punti della città alcuni simboli di antichi rioni o di mestieri scomparsi. Le altre fontane, tutte opera dello stesso architetto, sono: la Fontana delle Anfore, la Fontana delle Arti, la Fontana delle Tiare, la Fontana della Pigna, la Fontana delle Palle di Cannone, la Fontana dei Monti, la Fontana della Botte e la Fontana del Timone.

Una piccola curiosità: al centro della fontana, tra le corna del cervo, risulta inciso in verticale il nome del rione ed in orizzontale il relativo riferimento numerico, ma evidentemente c’è stato un errore perché Sant’Eustachio corrisponde al rione VIII e non IV come chiaramente inciso.

Il regime fascista, nel cui ambito cronologico si collocano le fontanelle rionali progettate dal Lombardi, è richiamato nella stessa Fontana dei Libri dai due piccoli fasci che decoravano la linguetta dei due segnalibri al termine dei quali si trovano due bocchette di uscita dell’acqua, quasi completamente scalpellati dalla damnatio memoriae seguita alla caduta del regime.

Nel 2017, infine, è stato realizzato un importante restauro eseguito e donato dall’associazione olandese Wij Zijn Romeinen (Anche noi siamo romani), come riportato in una piccola targa.
In realtà il bel gesto è stato una sorta di risarcimento, un modo concreto per chiedere scusa dopo i danni provocati dagli hooligans olandesi del Feyenoord a un’altra fontana, quella della Barcaccia in occasione della partita di calcio del 19 febbraio 2015.

La fontana, restaurata nel 1998 -grazie ad una donazione di privati cittadini- e oggetto di due interventi di manutenzione ordinaria nel 1999 e nel 2001, necessitava di quest’ultimo intervento per lo stato di conservazione non ottimale dovuto principalmente alla presenza di depositi di calcare sulle superfici lambite dall’acqua.

Le incrostazioni calcaree avevano coinvolto anche la pavimentazione lastricata in travertino, le quattro cannelle di uscita dell’acqua e le grate a pavimento che risultavano anche ossidate. Non buono era infine lo stato di conservazione della cornice centinata che racchiude la fontana, caratterizzata da una raffinata finitura a intonaco recante l’iscrizione SPQR. L’intervento ha comportato la rimozione del calcare, il rifacimento delle stuccature, mancanti o ammalorate, la pulitura e il trattamento degli elementi metallici, l’applicazione di un protettivo finale idrorepellente e la revisione dell’impianto idrico.
Insomma, a Roma basta camminare per imbattersi in opere d’arte.

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