Visita all’Abbazia benedettina di Montecassino


San Donato Val di Comino (728 m s.l.m.) è un comune italiano di 1.982 abitanti della provincia di Frosinone nel Lazio. Fa parte del circuito turistico de I borghi più belli d’Italia.


Santuario di San Donato Val di Comino


In principio il Santuario fu eretto come piccola Abbazia benedettina dipendente dall’Abbazia di Montecassino.

La Torre medievale dei Conti d’Aquino, di dimensioni 5,40×5,40×12 metri di altezza, è isolata dalle restanti abitazioni e si erge nel punto più alto del borgo.
La Torre, simbolo antico di San Donato, fu costruita agli inizi del 1200, quando i bellicosi Conti d’Aquino divennero feudatari della Val di Comino.
E’ esterna al Castrum, quindi isolata dalle restanti abitazioni dell’antico castello. La collocazione, la mole, la struttura interna, la posizione dei punti di osservazione ne fanno un organismo autonomo ed autosufficiente utile per garantire la “guardia” al Passo di Forca d’Acero e una sicura difesa per il notabile del Castrum in caso di attacco nemico.

La forma è quadrata, non vi sono porte di entrata e questo fa presumere che l’accesso avvenisse attraverso una finestra esposta a Sud, posta quasi alla sommità della Torre, per mezzo di scale o corde. Costruita ed orientata secondo le declinazioni del Sole, ancora oggi, come una bussola, ci indica i quattro punti cardinali, la direzione dell’Abbazia di Montecassino e la posizione del Sole nel giorno degli equinozi e dei solstizi.

Un’antica leggenda narra di un cunicolo sotterraneo che collegava la Torre alla cripta del Santuario di San Donato ed a sua guardia vi fosse un temibile drago.

Le Grotte di Pastena (310 m s.l.m.) sono un complesso di cavità, situate nel comune laziale di Pastena, in provincia di Frosinone tra Cassino e Anagni. Scoperte nel 1926 dal barone Carlo Franchetti e divenute turistiche già l’anno successivo. Le cavità sono suddivise in due rami: Quello “attivo” inferiore e quello “fossile” superiore.

Le Grotte di Pastena hanno restituito anche numerosi reperti archeologici relativi a sepolture ed offerte di carattere rituale risalenti ad epoca preistorica (Neolitico ed età del Bronzo).

Le Grotte di Pastena sono definite tecnicamente come “grotte di attraversamento”, completamente percorribili (il ramo attivo solo da speleologi) dall’inghiottitoio fino alla risorgenza.


L’inghiottitoio (l’attuale antro d’ingresso) nel quale si gettano le acque del fosso Mastro, è conosciuto da sempre dalla popolazione locale: alto 20 m e largo 12 m, le testimonianze del suo utilizzo, fin dalla preistoria, sono numerose. Nel 1868 fu teatro dell’eccidio degli ultimi seguaci del brigante Andreozzi che vi si erano rifugiati, inseguiti da gendarmi. Costretti ad arrendersi per fame, furono fucilati, mentre un seminarista da essi trattenuto in ostaggio moriva di spavento.

Durante il secondo conflitto mondiale vi trovarono rifugio centinaia di profughi, fuggiti dai paesi circostanti.

Il sito è considerato tra i maggiori complessi speleologici della nostra penisola e consente di ammirare le più interessanti forme del carsismo sotterraneo: maestose e suggestive sale, stalattiti, stalagmiti e colonne dalle forme bizzarre, laghetti e nelle stagioni più piovose fragorose cascate, che rendono la visita alle grotte un’esperienza emozionante.

Anagni (424 m s.l.m.) è un comune italiano di 21.135 abitanti della provincia di Frosinone nel Lazio. È nota per essere stata a lungo residenza e sede papale.


Conosciuta fin dal medioevo come la “città dei papi”, per aver dato i natali a quattro pontefici (Innocenzo III, Alessandro IV, Gregorio IX e Bonifacio VIII).

Visitiamo il centro storico, la stupenda cattedrale con annessa la cripta, chiamata “la Sistina del medioevo”, il museo della cattedrale e il palazzo di Bonifacio VIII, luogo che ci riporta al famoso “schiaffo di Anagni”.

Palazzo della Ragione (Palazzo Comunale) venne costruito nel 1163 dall’architetto bresciano Jacopo da Iseo, venuto ad Anagni qualche anno prima per costituire la Lega Lombarda. È formato dalla giustapposizione di due preesistenti edifici collegati tra loro da un imponente portico su cui poggia la grande “sala della Ragione”. Sulla facciata nord si trovano la “loggetta del Banditore” e gli stemmi della città insieme a quelli della famiglia Orsini e della famiglia Caetani (la famiglia di Bonifacio VIII).

La Basilica Cattedrale di Santa Maria Annunziata è il principale luogo di culto cattolico di Anagni, in provincia di Frosinone, sede vescovile della diocesi di Anagni-Alatri; ha la dignità di basilica minore. La costruzione della Cattedrale risale agli anni 1072-1104 ad opera del vescovo Pietro da Salerno e per la munificenza dell’imperatore d’oriente Michele VII Ducas. La Cattedrale è di stile romanico mentre, nell’interno, si presenta in gotico lombardo dopo il restauro del 1250 da parte del vescovo Pandolfo che fece sostituire le capriate in legno della navata centrale e del transetto con archi gotici.

La frequente presenza dei pontefici in Anagni spiega perché la Cattedrale fu sede di importanti fatti storici come il “pactum anagninum” (trattativa tra il Papato e l’Impero) e la canonizzazione di San Bernardo di Chiaravalle, Santa Chiara d’Assisi, Edoardo il Confessore re d’Inghilterra e San Pietro eremita patrono di Trevi nel Lazio. In essa furono anche comminate le scomuniche contro l’antipapa Ottaviano Monticelli (Vittore IV) e contro gli imperatori Federico Barbarossa (24 marzo 1160), Federico II e Manfredi.

La Cripta della Cattedrale di Anagni, dedicata a San Magno, patrono della città, una delle maggiori attrazioni turistiche della città, fu costruita contemporaneamente alla chiesa superiore tra il 1068 e il 1104. Conosciuta come la cappella sistina del medioevo, il suo pregio consiste nell’armonia di un mirabile intreccio di archi romanici, nel pavimento cosmatesco originale e negli splendidi affreschi che ricoprono una superficie di 540 m².

Il ciclo pittorico è opera di artisti ignoti appartenenti a tre botteghe diverse, meglio noti come Primo Maestro o Maestro delle traslazioni, Secondo Maestro o Maestro Ornatista e Terzo Maestro o Maestro di Anagni (riconosciuto anche come l’autore degli affreschi dell’Aula Gotica della chiesa romana dei Santi Quattro Coronati).

Esso rappresenta la storia della salvezza dell’uomo dalla sua origine al suo giudizio. Sulle ventuno volte, infatti, si trovano raffigurate scene dell’Antico e Nuovo Testamento (storia dell’Arca dell’Alleanza e Apocalisse) e un raro e importante ciclo sulla creazione del mondo, attraverso l’unione proporzionale dei quattro elementi e dell’uomo, in cui la concezione del microcosmo nel macrocosmo è accompagnata dalla figure dei medici Ippocrate e Galeno e dalla Teoria degli Elementi di derivazione platonica.

Sulle pareti, invece, sono affrescate le storie dei miracoli attribuiti a S. Magno e le agiografie dei santi sepolti negli altari, nei quali riposano i corpi di san Magno, patrono della città, sante Aurelia e Noemisia, santa Secondina e reliquie di santa Oliva, san Sebastiano, san Cesario e altri martiri.

Ad Anagni, appena fuori le mura urbane della città, sorge l’antica chiesa di San Pietro in Vineis, che deve il suo nome alla presenza di vigneti che circondavano la zona.


Nel XII secolo l’edificio era legato a un monastero appartenente all’ordine delle Clarisse. Nel tempo il complesso conventuale cadde in rovina e solo nel 1926 l’architetto Alberto Calza Bini ricevette l’incarico di progettare su quella area un Convitto destinato agli orfani degli impiegati Inadel (oggi INPDAP – Convitto “Principe di Piemonte”).

Negli ambienti superstiti dell’antico monastero femminile si conserva un prezioso gruppo di affreschi risalenti al XIII, XIV e XV secolo. Vale la pena riscoprire questo tesoro, recentemente restaurato.

Il ciclo pittorico di maggiore importanza è quello che orna il cosiddetto Matroneo delle Monache, un ambiente posto esattamente al di sopra della navata sinistra della chiesa, con la quale comunica solo attraverso alcune piccole feritoie.

L’ambiente fu decorato con un motivo a finti conci ed arcature a tutto sesto. A realizzare l’opera fu probabilmente il cosiddetto Terzo Maestro di Anagni, uno dei pittori che si stavano dedicando alla realizzazione dello splendido ciclo della cripta della cattedrale. La decorazione affascina per la raffinatezza cromatica.

Negli anni successivi, su questa base, rimasta pressoché intatta, venne steso uno strato di intonaco a metà della parete destra. Sul nuovo intonaco venne dipinto un ciclo della Passione, Resurrezione e Seconda Venuta di Cristo.

Il ciclo inizia dalla parete di fondo con l’Ingresso a Gerusalemme, seguito poi dall’Ultima Cena, dalla Lavanda dei Piedi, dalla Cattura, dalla Flagellazione, da Cristo davanti a Pilato, dalla Deposizione nella Tomba, dalla Discesa al Limbo, dal Noli Me Tangere, dalla Missione degli Apostoli; segue il Giudizio, dove appaiono la badessa del monastero e il vescovo.
Chiudono questo gruppo narrativo due episodi che non hanno continuità tematica con quanto precede: la Stimmatizzazione di S. Francesco e il gruppo della Santa Aurelia, S. Benedetto e Santa Scolastica, a ricordo del fatto che molto probabilmente il monastero apparteneva ad una comunità di benedettine prima di adottare la regola francescana.

Il ciclo probabilmente discende da un prototipo umbro del periodo fra la fine del XII e il XIII secolo, forse una delle tante croci dipinte su tavola che presentano gli episodi della Passione ai lati del Cristo Crocifisso. Curiosamente, infatti, il ciclo di Anagni omette proprio l’episodio maggiore, la Crocifissione.

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