In Umbria, tra Firenze e Roma: Cortona, lago Trasimeno e Spoleto

Sulla sponda settentrionale sorge Passignano sul Trasimeno (5.700 ab. – 289 m s.l.m.), antica località di pescatori che conserva ancora oggi la tipica fortificazione medievale.


La sua piccola stazione ferroviaria, dall’aspetto vintage e romantico, dista solo pochi minuti dal centro abitato. Chi arriva in treno può quindi raggiungere il borgo e il lungolago a piedi o in bicicletta. Una volta a destinazione appare subito chiaro il carattere distintivo del luogo, che alle severe geometrie dell’architettura medievale mescola le forme fluide della distesa d’acqua dolce.

La rocca di Passignano sorge all’interno del paese, in posizione leggermente sopraelevata rispetto all’abitato sviluppatosi successivamente lungo la riva del lago. Passignano significa letteralmente “Luogo del passo”. Ciò fa riferimento probabilmente all’esistenza di una struttura militare romana che controllava il famoso “Passo”, via di collegamento tra il nord ed il sud della penisola.

La rocca, edificata nel periodo longobardo e sopravvissuta alla seconda guerra mondiale, domina il paesaggio e offre ai visitatori una vista panoramica sul Trasimeno e le colline circostanti.


La rocca è attualmente costituita dai ruderi dell’antica costruzione originaria. Rimangono le mura quadrate, un torrione semidistrutto e la parte settentrionale del castello medievale, con la torre triangolare.


Tra il 1816 ed il 1817, il Governo Pontificio decise la demolizione di tutto il complesso, ordinando che il materiale proveniente dalle torri e dalle mura venisse usato per sollevare il livello stradale. Infatti, più volte, il lago aveva straripato, inondando e danneggiando le case sulla riva.

Oggi è la suggestiva location di diversi eventi, il luogo dove rilassarsi con un buon libro e un aperitivo in attesa del tramonto sul Trasimeno.

Dal terrazzo posto in cima alla cima della torre, alta 32 metri, le barche a vela che navigano il lago si trasformano in punti bianchi, piccole costellazioni galleggianti.

Riscendendo lungo le stradine del borgo, la cartellonistica guida i turisti alla scoperta della storia e delle tradizioni locali.

La più famosa è quella del Palio delle barche, rievocazione della battaglia che nel 1495 vide contrapporsi le famiglie perugine dei Baglioni e degli Oddi.

Nel corso della manifestazione i quattro rioni di Passignano si sfidano prima in acqua e poi sulla terraferma, mettendosi alla prova in una corsa con le barche in spalla lungo le viuzze ripide e le strette scalinate del paese. Le stesse che conducono alla piazza principale e al molo, da cui parte un percorso pedonale che segue il perimetro del lago e arriva fino agli stabilimenti balneari aperti durante la stagione estiva.


Alzata dell’orologio” è un’espressione familiare ai passignanesi di ogni età che lascia perplessi molti dei visitatori che si inoltrano per le vie del borgo.
Si tratta del segmento finale delle scalette di San Bernardino, teatro di uno dei momenti più spettacolari del Palio delle barche. Giunti a questo punto del percorso, gli equipaggi di terra si trovano di fronte a un vicolo cieco.

Gli ultimi quattro scalini che li separano dalla discesa del Castello, infatti, essendo schiacciati tra il parapetto di via del Castello e la facciata della casa attigua, costituiscono un passaggio troppo stretto per la barca. Così sono obbligati a sollevarla e “buttarla” sopra il muro dove i loro compagni sono in attesa di prenderla e continuare la corsa.
A volte questa operazione richiede più di un tentativo ed è facile che in questo tratto di percorso si trovino schiacciati gli uni contro gli altri e che la tensione aumenti e gli animi si scaldino.

L’attuale Torre dell’Orologio, situata al centro del paese, appartiene al secondo nucleo di fortificazione del Castello di Passignano, risalente al X-XI sec. Molto probabilmente, questa nuova torre rivestiva la funzione di mastio, ossia di ultima difesa in caso di attacco, che si caratterizzava per la maggiore altezza della torre rispetto alle altre (anche se nel caso di Passignano la sua preminenza era in parte inficiata dal trovarsi in posizione inferiore rispetto alla Rocca) e per non essere munito di un accesso diretto.

La torre si raggiunge a piedi attraverso il percorso delle scalette di San Bernardino, e da lì si può godere di un’incantevole vista sul borgo medioevale sottostante e sul lago.

Nel lago sono presenti tre isole:

Isola Polvese è situata nella parte sud-orientale del lago ed è la più estesa delle tre. Dal 1995 è un parco scientifico-didattico all’interno del quale vengono promosse attività di ricerca scientifica, sperimentazione e didattica ambientale.

Isola Maggiore è l’unica abitata in maniera stabile, conta infatti circa 18 abitanti.

Nei Fioretti di San Francesco è riportato l’episodio in cui il Santo avrebbe soggiornato qui nel 1211 durante il periodo di Quaresima, trovando ricovero in una siepe e cibandosi di solo mezza pagnotta per tutti i 40 giorni.

Il nome di quest’ultima fa riferimento non tanto alle dimensioni, considerato che si estende su una superficie di soli 24 ettari, quanto al fatto di aver sviluppato nei secoli un sistema economico autosufficiente e aver raggiunto, alla fine del ‘500, il numero di 600 abitanti.

Oggi qui risiedono meno di 50 persone ma è viva la memoria del suo passato fecondo.

A custodirla è un piccolo sistema museale composto da tre luoghi emblematici. La pieve di San Michele Arcangelo, un edificio religioso del XIII secolo completamente affrescato, la Casa del capitano del popolo, che ospita un particolare crocifisso ligneo del XV secolo, e il Museo del merletto, al cui interno è possibile ammirare una collezione di manufatti realizzati a punto d’Irlanda, tecnica introdotta dalla marchesa Elena Guglielmi all’inizio del ‘900.

Seguire l’itinerario di visita, raggiungendo prima la chiesa di San Michele sulla sommità dell’isola per poi riscendere verso il lago dove si trovano gli altri due siti, consente di avere una visione a tutto tondo della natura circostante.

Non è inusuale, infatti, incontrare lungo il percorso conigli e fagiani colorati che girano indisturbati per le strade e nei giardini privati.

La terza e più piccola è Isola Minore habitat naturale di una folta colonia di cormorani e coperta da una fitta vegetazione boschiva, è proprietà di privati e quindi non è visitabile.

Isola Polvese e Isola Maggiore sono facilmente raggiungibili con il servizio pubblico di traghetti

Giovedì ritornando verso Roma facciamo tappa a Spoleto (36.300 ab. – 396 m s.l.m.).

Il toponimo di Spoleto deriverebbe dalla congiunzione delle parole greche Spao e Lithos (Σπαω-λιθος), ovvero sasso-staccato: in altre parole il colle Sant’Elia (ovvero “il colle del sole”) su cui è sorta la città sarebbe stato interpretato come il resto di una frana staccatasi dal Monteluco, ma tale teoria non è stata mai confermata.

Spoleto non è solo città del festival dei due Mondi e Don Matteo, ma un luogo che incanta i visitatori.

La città non è grande, la si gira in “poco” tempo (diciamo circa 3 ore) se, come abbiamo fatto noi, si decide di non visitare musei e luoghi turistici (vedi l’interno della Rocca Albornoziana), ma fare una passeggiata per la città.

Ci sono tanti parcheggi (a pagamento) nella parte bassa e moderna della città; da tutti è facilmente raggiungibile il centro storico.
Noi decidiamo di arrivare con le scale mobili fino alla Rocca per poi visitare la città “in discesa”.

La Rocca Albornoziana è un’imponente fortezza che sorge sulla sommità del Colle Sant’Elia, in posizione strategica e dominante tutta la vallata spoletina.

Edificata a partire dal 1359, fa parte di una serie di rocche volute da Papa Innocenzo VI per ristabilire l’autorità del Pontefice, che dimorava allora ad Avignone, nei territori dell’Italia centrale facenti parte dello Stato della Chiesa.

I lavori di costruzione si svolsero fra il 1363 e il 1367, e furono presieduti dal cardinale spagnolo Egidio Albornoz, sotto la direzione dell’architetto eugubino Matteo Gattaponi.

La fortezza spoletina fu dunque perno del sistema difensivo posto a controllo della Flaminia e da cui partivano le azioni militari volte al recupero dei territori dell’Umbria, delle Marche e della Romagna.

L’edificio è imponente, offre una vista spettacolare sulla città ed i dintorni e personalmente ne sono rimasto affascinato.

Sicuramente da vedere durante la passeggiata intorno alla fortezza è il ponte delle Torri, un ponte ad arco derivato da un acquedotto romano.

Il Ponte delle Torri, tra le più grandi costruzioni in muratura dell’età antica, alto ben 80 metri e lungo circa 230, aveva funzioni di acquedotto, portando in città l’acqua del monte tramite il canale posto sulla sua sommità.

Ai due estremi si trovano due fortezze, la Rocca Albornoziana e il Fortilizio dei Mulini, eretto per vigilare il ponte e attivo come mulino fino al XIX secolo.

Il nome Ponte delle Torri potrebbe alludere alle torri delle due fortezze o all’aspetto dei piloni. A causa dei lavori di consolidamento e restauro non è praticabile; un vero peccato.

Leggenda narra che al suo interno sia custodito un passaggio segreto utilizzato da Lucrezia Borgia, per vedersi con i suoi amanti.

Oggi purtroppo è tristemente noto anche come il “Ponte dei Suicidi”, a causa dell’alto numero di suicidi che si sono succeduti nel corso degli anni.


Finito il giro intorno la rocca iniziamo la nostra discesa e passiamo davanti al monumento al milite ignoto ed al palazzo del comune per arrivare alla piccola Piazza del mercato: popolata di bar, ristoranti e negozietti.

Museo Diocesano di di Spoleto e Basilica di Sant’Eufemia

La chiesa di Sant’Eufemia è un magnifico edificio di stile romanico, realizzato in pietra chiara locale con uno schema a tre navate.

Non si sa molto delle origini della chiesa, ma l’assetto attuale fa pensare che sia stata costruita, o forse rimodernata, intorno all’anno Mille, quando Spoleto godeva di grandi ricchezze.

Il Museo Diocesano di Spoleto è sorto con decreto arcivescovile di S. E. il Cardinal Ugo Poletti in data 1 gennaio 1968; ha sede nei locali del Palazzo Arcivescovile detti “Appartamento del Cardinale”.

L’arredo dei saloni risale in parte alla fine del XVIII secolo in parte agli inizi del XIX. I lampadari sono in vetro di Murano del XVIII secolo.

La porta che immette alle sale del museo, come tutte quelle dei locali espositivi reca la scritta con il nome del Card. Pietro Orsini (1580-1591).

Dalla piazza del mercato passeggiamo per i vicoli del centro, dove si trovano scorci interessanti per chi ama la fotografia, ed arriviamo in nemmeno 5 minuti alla bellissima, ed oserei dire conosciutissima, piazza del Duomo di Spoleto.

La piazza -sulla quale si affacciano anche il cinquecentesco palazzo Rancani (poi Arroni), il palazzo della Signoria, la chiesetta ottagona di Santa Maria della Manna e il piccolo teatro Caio Melisso- è gigantesca per una città come Spoleto e, da alcune angolazioni, sembra ancora più grande di quanto non sia in realtà.

Sono rimasto davvero stupito ed a bocca aperta quando ci sono arrivato e, proprio per questo motivo, vi consiglio di soffermarvi un attimo ad osservarla prima di entrare a visitare il duomo: sono sicuro che potrete restarne stupiti ed affascinati anche voi per il “gioco di prospettiva” che la rende ancora più grande e particolare di quanto ci si aspetti immaginandola.

Suggestivo l’aspetto esterno, un bel salotto con la Chiesa in zona più bassa rispetto alla via e con la scalinata che anziché salire verso il duomo scende.

All’interno sono imperdibili l’affresco del Pinturicchio nella prima cappella della prima navata e il ciclo di affreschi di Filippo Lippi sulla vita della Vergine sull’abside. È anche conservata in una cappella una reliquia di Papa Giovanni Paolo II.

Siamo anche saliti sulla cima del campanile da dove si gode di una bellissima vista sulla città di Spoleto.

Il duomo di Spoleto, dedicato a Santa Maria Assunta, è edificato in forme romaniche nel XII secolo sull’antica chiesa di Santa Maria in Vescovado, ha una maestosa facciata a capanna, costituita da blocchi in pietra e affiancata dalla possente torre campanaria a pianta quadrata.

La parte alta della facciata è divisa in due fasce sovrapposte da un cornicione poggiante su archetti ciechi.

Nell’ordine superiore si aprono tre rosoni e tre grandi nicchie ogivali; in quella centrale, si ammira il mosaico bizantineggiante con il Cristo in trono fra la Madonna e San Giovanni Evangelista (1207).

Nell’ordine inferiore si alternano altri cinque rosoni, dei quali il centrale, più grande, è ricco di intagli e ornati musivi ed è fiancheggiato dai simboli dei quattro Evangelisti.

Ancora sotto, il portico in stile rinascimentale, realizzato su progetto di Antonio Barocci, si apre sull’esterno con cinque arcate a tutto sesto intervallate da colonne corinzie.

All’ingresso della cattedrale, un magnifico portale (anteriore al 1198) è decorato in stile romanico.

L’interno della chiesa, radicalmente trasformato nella prima metà del Seicento, è in stile barocco ed è a croce latina, con tre navate di sei campate ciascuna, transetto, grande abside semicircolare e cupola senza tamburo.

Della cattedrale romanica rimane il pavimento musivo della navata centrale, in gran parte del XII secolo.

Nella nicchia in contraffacciata, un busto in bronzo di Urbano VIII è opera di Gian Lorenzo Bernini (1640).

Un affresco con Madonna e Santi del Pinturicchio decora l’abside della prima cappella della navata destra.

Prima del transetto destro si può ammirare la Croce dipinta di Alberto Sotio (1187) nell’iconografia del Cristo vivo (triumphans) sviluppatasi nell’Italia centrale.

Nel transetto destro, all’altare, tela di Annibale Carracci e, alla parete sinistra, sepolcro del pittore Filippo Lippi (morto a Spoleto nel 1469), disegnato dal figlio Filippino e realizzato da ignoto scultore fiorentino del Cinquecento.

A destra del presbiterio, la seicentesca cappella della Santissima Icona è così chiamata per la presenza di una tavoletta bizantina del XII secolo, donata alla città da Federico Barbarossa in segno di pace.

L’abside è coperta dagli splendidi affreschi di Filippo Lippi e aiuti, raffiguranti Storie della Vergine (1467-1469).

Al centro del presbiterio vi è l’altare maggiore in marmi policromi, opera di Giuseppe Valadier (1792), affiancato da quattro alte colonne portacero.

Si apre, infine, sulla navata sinistra, la cappella delle Reliquie, che conserva sculture lignee e tarsie del XVI secolo, nonché una delle sole due lettere autografe di San Francesco ancora esistenti, indirizzata a Frate Leone.

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