Ripudio della guerra e vincolo di neutralità alla luce dell’articolo 11 della Costituzione


Questo post d’informazione sulla guerra è dedicato a quanti assistono distrattamente, per la propria indifferenza culturale o per gli agi di cui godono o per i disagi di cui soffrono, ai terribili eventi politico-militari-sociali-economici di Ucraina e Palestina; a coloro che non prendono parte attiva al dibattito, senza porsi la domanda di quale debba essere la posizione dell’Italia e quale quella dell’Europa, purtroppo da lungo tempo considerata servente della NATO.

Il prezzo che l’Italia sopporta, oggi, per la protezione e il sostegno ricevuti dagli Stati Uniti d’America all’indomani della seconda guerra mondiale, è molto alto.

L’impegno assunto di sposare le missioni di pace disposte dalla superpotenza mondiale, della quale siamo necessari alleati, infatti, coinvolge e sacrifica numerose vite.

Sempre questo post è diretto alla coscienza di ognuno di noi, che magari si professa cristiano, che frequenta le funzioni religiose, battendosi il petto, intonando il miserere e invocando con il segno della croce la misericordia e la pace divina, ma che poi non mostra un briciolo di umanità per le sofferenze che vengono imposte agli innocenti e per i tanti soldati mandati a morire per nulla.

Umanità è il sentimento che ci distingue dal regno animale. L’umanità è mancata agli assalitori di Hamas che hanno ucciso e mutilato a sangue freddo 1400 persone inermi nell’assalto del 7 ottobre 2023. In modo ancor più macroscopico il senso dell’umanità è stato completamente assente nei dirigenti israeliani che hanno pianificato ed attuato misure estreme di sterminio della popolazione palestinese di Gaza, colpevole solo di essere nata e di vivere in quell’inferno.

Inferno dovuto anche dall’usurpazione che la stessa popolazione palestinese subisce dal 1967 quando Israele ha occupato militarmente la Cisgiordania, negando agli altri quello che ha rivendicato essere un diritto per sé cioè avere una patria.

Tutte le terre, le case, i poderi nelle zone migliori sono state usurpate e colonizzate da immigrati che non avevano alcun diritto sulla Palestina.

C’è infatti una stretta connessione tra Giustizia e Pace. La Giustizia non solo è un prerequisito fondamentale per la Pace, ma contemporaneamente la Pace può fungere da promotrice della Giustizia. La Giustizia, quindi, ha il potenziale per prevenire futuri conflitti, mentre la Pace crea un contesto di stabilità che permette alla Giustizia di svilupparsi appieno.

Speriamo che la prossima generazione eviti gli errori commessi da quella che l’ha preceduta e si mantenga fedele al dettato costituzionale secondo cui l’Italia ripudia la guerra, standone ben lontana; e starne lontana vuol dire non solo non schierare l’esercito e tutti gli strumenti di morte sul campo di battaglia altrui, ma anche evitare di rifornire di armi, bombe, missili e altri ordigni chi è in guerra senza avere alcun vincolo obbligatorio di solidarietà tra alleati.

Al contrario i circoli del potere economico finanziario mondiale si rallegrano per la continuazione delle guerre in atto che significano crescita abnorme del fatturato delle industrie degli armamenti, del costo delle risorse energetiche, degli alimentari e di tutti i generi speculativi, in modo direttamente proporzionale all’aumento dei patimenti, della fame, del dolore, della povertà, delle distruzioni, delle morti e delle mutilazioni dei più deboli.

Sarebbe sufficiente che lor signori comandanti in capo (Biden, Starmer, Macron, Sholz, Von der Leyen, Stoltenberg, Meloni, Metsola, Michel, ed altri) stessero 48 ore in una trincea, senza la certezza di tornare illesi a casa, senza giaciglio né cibo caldo, né generi di conforto, né servizi igienici, sotto la pioggia, nel fango, continuo bersaglio del fuoco nemico, perché implorino la cessazione delle ostilità e si arrendano senza combattere.

Parimenti l’invio di armamenti all’Ucraina susseguente l’aggressione da parte della Federazione russa ha posto il problema della compatibilità di tale azione rispetto al netto principio di ripudio della guerra previsto dall’articolo 11 della Costituzione.

Occorrerebbe verificare se sia stato superato l’obbligo di imparzialità e astensione nei confronti delle parti di un conflitto armato internazionale. E ciò in quanto si ritenga che nel concetto di ripudio della guerra possa farsi rientrare l’obbligo di astenersi da interventi a favore di parti in conflitto. L’invio di armi a uno dei due contendenti metterebbe a prima vista in risalto una presa di posizione contraria alla neutralità.

La dottrina che si è occupata del tema della classificazione delle condotte belliche si è perlopiù concentrata sulle due fattispecie estreme: la guerra di aggressione da parte dell’Italia contro un paese straniero (univocamente vietata) e la guerra difensiva del territorio italiano in risposta ad un’aggressione (univocamente ammessa).

Altre fattispecie indagate riguardano, come dirò in seguito, il sostegno fra Stati alleati, la partecipazione italiana ad interventi di “polizia internazionale” e di “peace keeping”, partecipazione che viene generalmente ritenuta legittima se svolta in attuazione di risoluzioni dell’ONU.

Un’ulteriore tematica è rappresentata dalla diversa fattispecie della “guerra civile” e dunque dalla possibilità di attivare, in presenza di gravi sommovimenti interni, lo stato d’eccezione e i “poteri necessari” previsti dall’art. 78 della Costituzione.

Nelle considerazioni che seguono si intende accennare al rapporto ora richiamato fra ripudio della guerra e vincolo di neutralità e alla situazione di neutralità “qualificata” in cui l’Italia viene a trovarsi in quanto non belligerante.

Guerra vietata, legittima e necessaria. Per dibattere circa la legittimità del sostegno italiano alla difesa dell’Ucraina, cerchiamo di ricostruire la disciplina costituzionale vigente in materia di azioni belliche e militari individuando tre aree: la guerra vietata, la guerra legittima e la guerra necessaria.

La prima e la terza area ricomprendono fattispecie astratte oggetto di specifici divieti e obblighi mentre la “guerra legittima” ricomprende situazioni fra loro assai diverse: guerra difensiva di sostegno, sostegno militare, logistico o economico, operazioni di polizia internazionale, di peace keeping, di assistenza umanitaria nonché guerra e operazioni militari deliberate dall’ONU.

Per ricostruire il sistema normativo vigente al livello primario rispetto alle fattispecie belliche occorre esaminare le disposizioni contenute negli articoli 11, 52 e 78 della Costituzione. Vi rientra anche l’art. 87, nella parte in cui affida al Presidente della Repubblica il compito di dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle Camere, ma non è rilevante in questa disamina trattandosi di un atto dovuto a seguito delle delibere assembleari.

Art. 11
La genesi dell’art. 11 parte dal seguente testo approvato all’unanimità su proposta dell’on. Dossetti “Lo Stato rinuncia alla guerra come strumento di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli. Lo Stato consente, a condizioni di reciprocità, le limitazioni di sovranità necessarie all’organizzazione e alla difesa della pace”.

Il testo, coordinato dal Comitato di redazione e poi approvato nella votazione finale, statuisce che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Art. 52
La genesi dell’art. 52 partì dal seguente testo proposto dai relatori alla Prima Sottocommissione: “Il servizio militare è obbligatorio per tutti. La difesa della Patria è uno dei più alti doveri”.

Il testo, coordinato dal Comitato di redazione e sottoposto alla votazione finale, prevede che: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.

La resa al nemico aggressore è per la Repubblica italiana un’opzione vietata dalla legge fondamentale. Ogni “cittadino” ed ogni funzionario pubblico, di fronte ad una guerra di aggressione contro l’Italia, sono tenuti a reagire difendendola anche con le armi.

L’imperativo è specificativo del più generale dovere di fedeltà sancito dall’art. 54 Cost.: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

L’art. 78 disciplina la deliberazione dello stato di guerra e il conferimento al Governo dei poteri necessari.
Nel testo di partenza del relatore nella Seconda Sottocommissione la disposizione non era autonoma ma ricompresa insieme ad altre nelle competenze parlamentari: “L’Assemblea Nazionale elegge il Presidente della Repubblica, ne revoca l’elezione per alto tradimento, per violazione della Costituzione dichiarata con i voti di due terzi dei componenti le due Camere: delibera la dichiarazione della guerra; conclude i trattati di pace e i trattati internazionali”.

Alla fine della seduta il futuro art. 78 venne approvato nel testo definitivo di un unico comma: “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i necessari poteri”.

La disposizione predispone il meccanismo di risposta all’emergenza bellica incentrando nelle assemblee rappresentative, sia il potere di instaurare e definire lo stato d’eccezione, sia la decisione sul potenziamento dei poteri del Governo.

La scelta effettuata dal costituente all’art. 78 è chiara: attribuire alle Camere, non solo la verifica del presupposto legittimante e la decisione sull’an dello stato di guerra, ma anche la determinazione dei contenuti del regime eccezionale “i poteri necessari” oltre a quanto già predisposto in Costituzione.

La vicenda attuale del sostegno italiano alla difesa dell’Ucraina quindi richiede di interrogare il testo della legge fondamentale su una particolare e diversa fattispecie rappresentata al sostegno militare italiano ad uno Stato, non alleato né membro dell’U.E., ma oggetto di una aggressione militare da parte di un altro Paese.

Oltre alla questione della legittimità costituzionale di tale sostegno militare, si pone il connesso problema dell’eventuale equiparazione fra la fornitura di armamenti e la cobelligeranza.


Salvador Dalí, The Face of War-1940

A questo punto è possibile tirare le fila delle norme estratte attraverso l’interpretazione delle singole disposizioni costituzionali sopra esposte e dei trattati internazionali oggetto di rinvio. Rispetto alle fattispecie sopra classificate, finora risulta il seguente quadro:
– il divieto della “guerra di aggressione” (art. 11, prima parte Cost.);
– il divieto della “guerra per risolvere una controversia internazionale”, a sua volta rientrante nella fattispecie della “guerra di aggressione” (art. 11, prima parte Cost.);
– il permesso della “guerra difensiva” (art. 11, seconda parte in relazione all’art. 51, Carta ONU);
– il permesso della “guerra di sostegno difensiva” (art. 11, seconda parte in relazione all’art. 51 Carta ONU);
– l’obbligo della “guerra di sostegno difensiva” di un alleato NATO (art. 11, seconda parte in relazione all’art. 5 Trattato NATO);
– l’obbligo della “guerra di sostegno difensiva” di un membro UE (art. 11, seconda parte in relazione all’art. 42, comma 7 Trattato TUE);
– l’obbligo della “guerra difensiva” (art. 52, 1° comma Cost.);
– il potere generale delle Camere di deliberare lo “stato di guerra” (art. 78 Cost.).


Rocchelli ha pagato con la vita per questa foto scattata nel Donbass

In questo insieme di fattispecie astratte tra guerra vietata, legittima e necessaria, l’orientamento degli studiosi è variegato, le contrapposizioni sono accese e le argomentazioni giuridiche rischiano di sovrapporsi con considerazioni etiche o politiche e avere consapevolezza che l’individuazione di condotte “legittime” cioè costituzionalmente “permesse” (in quanto non vietate, né obbligatorie) non risolve il problema della decisione politica ma anzi, drammaticamente, lo apre.


In altre parole, di fronte alla guerra di aggressione o alla guerra difensiva, la Costituzione vincola i poteri costituiti, predetermina la decisione politica e consente al costituzionalista di offrire alla polis la risposta risolutiva.
Quando la fattispecie è qualificata in termini di “legittimità” ciò vuol dire che esiste uno spazio di “possibilità” che spetta al Parlamento e al Governo determinare in base a valutazioni di opportunità e utilità.

Ad ogni buon conto faccio sommessamente notare che l’art. 11 non acconsente, a mio avviso, ad ogni limitazione di sovranità, ma finalizza la partecipazione alle organizzazioni internazionali ad uno scopo specifico: la pace e la giustizia fra le nazioni.

L’art. 11 venne scritto sul presupposto che l’appartenenza, da un lato, a una organizzazione internazionale volta al perseguimento della pace e, dall’altro, il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali non potessero mai entrare in contraddizione.
Ma nel malaugurato caso in cui ciò avvenga credo che le risoluzioni “guerresche” di organizzazioni internazionali non possono essere riconosciute dall’ordinamento costituzionale, altrimenti il ripudio della guerra non è preso veramente sul serio.


Perché negli ultimi decenni, almeno a partire dalla prima Guerra in Iraq (“legittima difesa” del Kuwait aggredito, autorizzata da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu), passando per la guerra contro l’ex Jugoslavia, la guerra contro l’Afghanistan e la seconda guerra contro l’Iraq, le “ragioni della politica” hanno dato vita a prassi contra constitutionem che hanno sempre più indebolito il dettato costituzionale fino a renderlo quasi irriconoscibile.

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