La passione dei valleranesi (comune dell’alto Lazio, a cinque chilometri da Carbognano) è
quella per i fuochi d’artificio. Cielo straordinariamente lucente. Dai poggi che circondano
il paese, decine di migliaia di cuori scrutano il blu in cerca di un segno premonitore. Si
rinnova un rito. Si dà nuova vita ad una tradizione prestigiosa, nobile e antica. C’è tutta
la popolazione in attesa. Alle 23:30 una lama di luce s’avvita nell’oscurità, s’innalza.
Combinazioni inedite di colori cristalizzati, che per lunghi attimi, illuminano ad
intermittenza il paesaggio, dipingendolo come un “notturno” di Van Gogh. Fiori fantastici
si arrampicano e sbocciano su steli altissimi; lo scroscio di piogge luccicanti scatena
esclamazioni, che si affievoliscono con il dissolvesi delle gocce; comete cangianti
sibilano e si immergono nell’infinito. Qualche pausa appena, discreta. Non c’è tempo per
commenti. Risplendono bagliori d’argento, cascate d’oro e di verde brillante, corolle rosa
e d’azzurro elettrico. Cresce il rullio degli scoppi; diademi preziosi, fronde di salici, fili splendenti di pioggia si disegnano nell’azzurro cupo.
Il finale pirotecnico, o semplicemente finale, è una sequenza dirompente di coppie intreccio e controbomba. Si presenta con una incalzante serie consecutiva di lanci che si esegue come chiusura di una manifestazione pirotecnica in cui, tipicamente, nella prima parte si lascia spazio alle singole bombe da tiro a più spacchi. Per preparare un buon finale occorre utilizzare
parecchi mortai con diversi calibri, a cominciare dalle piccole dimensioni (7-9 cm di
diametro) fino ad arrivare alle grandi dimensioni (18-30 cm), i quali vengono messi in fila
e collegati con una miccia. Il numero dei mortai usati in un finale varia in relazione al
costo sostenuto per il finale stesso.
Fuochi d’artifico di Vallerano (Festa di San Vittore)