Le leggi di bilancio sono tutte incomplete


In questi giorni si sta parlando tanto di legge finanziaria, legge di stabilità e di legge di bilancio. Spesso li sentiamo usare anche come sinonimi. Con il nome legge finanziaria – introdotta con la legge n. 468/1978 – si intende solitamente la legge ordinaria su proposta del governo italiano per regolare la politica economica del paese per un triennio attraverso misure di finanza pubblica e di politica di bilancio.   


Dal 2009 la legge finanziaria ha cominciato a essere definita come “legge di stabilità”. Infatti, l’introduzione di elementi di federalismo fiscale nell’ordinamento degli enti locali territoriali (realizzata dalla riforma costituzionale del 2001), richiede che l’attività finanziaria statale venga coordinata con quella locale.

Pertanto, la nuova legge di stabilità deve ogni anno adottare norme di coordinamento della finanza pubblica dei vari livelli di governo, allo scopo di rispettare i requisiti di convergenza economico-finanziaria imposti dal trattato di Maastricht, ribaditi successivamente nel patto di stabilità e crescita e ulteriormente ridefiniti nel patto di bilancio europeo (fiscal compact).


Successivamente, la legge n. 243/2012 ha disposto che, a partire dal 2016, la legge di stabilità costituirà un unico testo legislativo con la legge di bilancio. La Legge di Stabilità 2016 (legge n. 208/2015) sarà quindi l’ultima legge di stabilità separata dalla legge di bilancio.

Il 28 luglio 2016 il Parlamento ha approvato in via definitiva la legge che disciplina la nuova legge di Bilancio. Questo unico testo è la nuova “Legge di Bilancio”. Tale provvedimento unico è articolato in 2 sezioni:
• la prima sezione assolve le funzioni dell’ex legge di stabilità (ex Finanziaria): è la sezione normativa che riporta le misure quantitative che servono per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica indicati nella sezione contabile;
• la seconda sezione svolge il ruolo dell’ex legge di bilancio: è lo strumento previsto dall’articolo 81 della Costituzione italiana attraverso il quale il Governo, con un documento contabile di tipo preventivo, comunica al Parlamento le spese pubbliche e le entrate previste per l’anno successivo in base alle leggi vigenti ed integrate con gli effetti della manovra.


Tale documento contabile è essenziale in quanto è attraverso il bilancio che si attuano le scelte operate dal governo circa gli obiettivi di politica economica.

Le leggi di bilancio, comunque, sono tutte incomplete; dopo avere trovato l’accordo politico e aver stanziato i fondi per le diverse riforme, infatti, anche per quest’ultima legge di bilancio 2019 – definita storica – sono da affrontare numerosi aspetti all’ordine del giorno, tra questi anche i provvedimenti per l’introduzione del reddito di cittadinanza e la riforma dei centri per l’impiego e le norme per modificare il sistema pensionistico (introducendo quota 100 alla legge Fornero).

Ad oggi, nonostante gli annunci fatti dal governo Conte, dire che, solo per fare un esempio, il reddito di cittadinanza partirà da febbraio o da aprile, è un’affermazione priva di basi legislative.

Finché non sarà approvato dal parlamento il disegno di legge collegato alla manovra finanziaria, il reddito di cittadinanza può rischiare di rimanere una promessa incompiuta.

Nella scorsa legislatura sono stati 21 i provvedimenti collegati alla manovra finanziaria che sono arrivati in aula, ma solamente 13 sono diventati effettivamente legge. I rimanenti 8, tutti risalenti al governo Letta, non hanno mai completato l’iter. Non è detto quindi che qualcosa previsto in legge di bilancio, abbia poi delle conseguenze dirette nella vita dei cittadini.
Tutto questo vorrà dire che una volta approvata la manovra, il governo dovrà scrivere i disegni di legge collegati, presentarli al parlamento e farli approvare. Tutti pezzi di un puzzle che, come abbiamo testimoniato ultimamente, può essere difficile da completare.


I decreti attuativi delle ultime leggi di bilancio che ancora devono essere approvati
FONTE: Ufficio per il monitoraggio del programma di Governo e osservatorio civico Openpolis

Tra la previsione di un decreto attuativo, e la sua adozione possono passare mesi o persino anni. L’assurdo vuole che spesso i decreti attuativi non trovino mai luce. Le ultime leggi di bilancio ne sono un esempio perfetto. Alla legge di bilancio 2015 (governo Renzi) mancano ancora 14 decreti attuativi (su 85 previsti), a quella del 2016 (governo Renzi) ne mancano 23 (125 previsti) e a quella del 2017 (governo Renzi) 21 (su 77 previsti). L’ultima legge di bilancio approvata nella scorsa legislatura, dal governo Gentiloni, prevedeva 149 decreti attuativi, di cui 97 devono ancora essere adottati.

Tutte le ultime leggi di bilancio sono quindi, dopo anni, ancora incomplete e il governo Conte dovrà quindi decidere quanti e quali energie dedicare a perfezionare il lavoro lasciato a metà dai suoi predecessori.

Il processo legislativo in Italia è complesso e lungo, e coinvolge numerosi attori. Comunemente si pensa solo al parlamento. Qui le proposte di legge, e il lavoro in aula e nelle commissioni, contribuiscono in maniera imprescindibile alla formazione delle norme che regolano la vita nel nostro paese. Si tratta, infatti, solo di una prima parte dell’iter, che possiamo definire “il primo tempo” delle leggi. Dopo l’attività di parlamento e governo comincia, appunto, un “secondo tempo”, altrettanto importante, ma più lungo e complesso. Spesso, in realtà, aspetti pratici, burocratici e tecnici necessari per applicare e implementare le leggi sono affidati ad altri soggetti istituzionali, principalmente i ministeri. Questi si devono occupare dei cosiddetti decreti attuativi, provvedimenti necessari per completare gli effetti della norma stessa.
I decreti attuativi sono degli atti previsti all’interno di una legge che rimandano alla promulgazione di atti, spesso decreti ministeriali, l’implementazione pratica e concreta di alcuni aspetti della norma.


Delle 352 leggi approvate dal nostro parlamento nella XVII legislatura, 88 (il 25%) hanno richiesto almeno un decreto attuativo. A queste 88 leggi vanno aggiunti 126 decreti legislativi, per un totale di 214 atti. Atti che hanno richiesto l’adozione di 1.735 decreti attuativi per essere completati. A questo punto dell’iter normativo, la palla, come abbiamo detto, passa ai ministeri e ai vari attori coinvolti nella fase di attuazione delle leggi. Il ministero più sollecitato nel corso della XVII legislatura è stato quello dell’Economia e delle finanze, responsabile per l’adozione di 433 decreti attuativi, il 24,81% del totale.

Molto più distanziati gli altri ministeri, nello specifico sul podio troviamo anche: il ministero del Lavoro e politiche sociali (157 decreti; 9% del totale) e quello dell’Istruzione (140 decreti; 8% del totale). Non solo si assiste a un moltiplicarsi degli attori coinvolti nell’iter, ma anche a un aumento degli strumenti necessari per la piena implementazione delle norme. Dei 1.735 decreti attuativi previsti da leggi e decreti legislativi approvati nella XVII legislatura, ne sono stati adottati 1.069 (il 61,61% del totale). La stragrande maggioranza di essi, 722 su 1.069 (67,54%), sono stati decreti ministeriali, ma sono stati molto ricorrenti anche i decreti del Presidente del consiglio dei ministri (16,09%), i provvedimenti direttoriali (9,26%), i decreti del Presidente della Repubblica (2,62%), le deliberazioni Cipe (1,50%) e infine i decreti ad interim approvati da due ministeri congiuntamente (1,22%). In totale per la piena implementazione delle leggi e dei decreti legislativi approvati nella XVII legislatura sono stati a oggi coinvolti più di 20 attori extra parlamentari, che hanno adottato 17 diverse tipologie di atti.


Si tratta di una fase molto particolare dell’iter legislativo, per due motivi. L’azione si sposta dal parlamento ai numerosi uffici competenti e le dinamiche politiche lasciano il posto a quelle burocratiche e tecniche. Inoltre i tipi di atti e di iter coinvolti si moltiplicano. In aula si parla di disegni di legge (ddl), emendamenti e leggi, mentre nel secondo tempo, quello degli uffici, si passa a decreti ministeriali, decreti del presidente della repubblica, provvedimenti direttoriali, deliberazioni Cipe, protocolli d’intesa, linee di indirizzo, documenti di programmazione e altro ancora.

Passaggi naturali del processo di attuazione delle leggi approvate dal parlamento, che però rendono molto difficile monitorare l’implementazione delle norme e capire chi sia responsabile della mancata o cattiva applicazione dei provvedimenti. La moltiplicazione dei soggetti coinvolti compromette l’accountability delle istituzioni, come viene definita la responsabilità di rendere conto ai cittadini e metterli così in condizione di capire e giudicare consapevolmente. Un monitoraggio reso complicato anche dalla incompleta trasparenza del governo di turno in materia.

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