Elezioni politiche 2008
Niente da fare. La campagna elettorale a colpi di spot sul modello americano comincia a fare qualche vittima. Alcuni giorni fa si era arrabbiato Venditti, quando un deputato Udc aveva usato una sua canzone per l’apertura della campagna elettorale in Sicilia. Questa volta tocca ai Village People. «Il video “I’m PD – Si può fare”, ricalcato sulle note del famoso “Y.M.C.A” va immediatamente tolto dal sito del Pd» fanno sapere.
«I’m Pd»
L’inno del Partito democratico sulle note di YMCA
Per non restare indietro sul profilo musical-politico, mercoledì a Viterbo ha debuttato la canzone “ufficiale” del Pdl scritta da Andrea Vantini: «Meno male che Silvio c’è»
MENOMALE CHE SILVIO C’E’ – L’INNO DEL POPOLO DELLE LIBERTA’
Crozza e l’inno del Partito Democratico: cliccare quì
ELEZIONI E LUOGHI COMUNI
Operazione verità (Ernesto Galli Della Loggia)
Dovendosi votare tra poche settimane è naturale che tutta l’attenzione del Paese sia in questo momento per i programmi elettorali. Ma l’Italia di oggi, che per molti segni vede giungere al suo termine la stagione politica apertasi nel 1993-94, oltre che di programmi elettorali, o comunque insieme a essi, ha bisogno di qualcosa in più. E tanto maggiormente in quanto questo tempo di elezioni è più che mai tempo di bilanci. L’Italia ha soprattutto bisogno di verità. Ha un gran bisogno che finalmente si squarci il velo di silenzi, di reticenze, spesso di vere e proprie bugie, che per troppo tempo il Paese ha steso sulla sua effettiva realtà, su che cosa è davvero e come funziona la società italiana, a dispetto di quello che racconta il suo senso comune, prigioniero di un ideologicamente corretto cui partecipano tanto la destra che la sinistra.
Quel senso comune che abbiamo costruito noi tutti—e diciamolo pure: a cominciare dai tanti che scrivono sui giornali — quando abbiamo accettato che il discorso pubblico italiano si riempisse di luoghi comuni sempre più menzogneri, di principi dati per scontati ma sempre più inverosimili: il tutto all’insegna di una sovrana noncuranza per come stavano realmente le cose, per il loro vero significato. A lungo, per esempio, ci siamo raccontati che nella scuola o nella pubblica amministrazione la disciplina e la gerarchia non fossero poi così necessarie. Che si può tranquillamente tollerare che cento persone blocchino un’autostrada o una stazione ferroviaria per qualunque ragione ad essi appaia una buona ragione.
Abbiamo accettato voltando la testa dall’altra parte che la magistratura italiana si autogovernasse con criteri di lottizzazione politica spietata, o che in prigione andasse solo chi è povero, o che i reati economici godessero in pratica dell’impunità. Che è normale che le decisioni dell’autorità centrale in materia di pubblica utilità (dai trasporti allo stoccaggio dei rifiuti o delle scorie nucleari) siano vanificate o si prolunghino all’infinito per l’opposizione di qualunque minuscolo Comune. Ci siamo raccontati che erano ottime delle privatizzazioni che invece sono state quasi sempre dei veri e propri regali a interessi particolari. Che le Authority servano a qualcosa, mentre perlopiù sono ridotte a emanare gride manzoniane che lasciano il tempo che trovano.
Ci siamo obbligati a credere che i soldati italiani debbano per forza assolvere missioni cosiddette di pace anche se si trovano in alcuni dei posti più pericolosi e bellicosi della terra. Siamo ancora oggi pronti a scomunicare chi osi dire che l’esistenza delle Regioni si è risolto in un esborso immane di risorse a fronte di risultati modestissimi; così come fingiamo che sia normale un livello di criminalità organizzata come quella che c’è nel Mezzogiorno, e che la cosa possa andare avanti all’infinito. E così via, così via, in un vortice di conformismo pubblico che è ormai diventato una cappa insopportabile. Per rimettersi in moto l’Italia ha bisogno, prima di qualunque programma, di rompere questa cappa. Ha bisogno di una grande operazione verità. Se non la inizieranno i partiti e i loro esponenti, se non la farà la politica, allora sì l’«antipolitica» monterà come un’ondata inarrestabile.
Quello che conta è l’informazione e non importa per nulla se pende da un lato o dall’altro… perché io mi fido della capacità critica di chi legge… siamo esseri pensanti con autonomia di pensiero…”
Lentamente muore chi non cambia marcia
Lentamente muore chi non mette la freccia quando svolta
Lentamente muore chi non tira il freno a mano in discesa
Chi sbaglia nell’usare la presa
Chi gli casca in testa un’obesa, la casa o la torre di Pisa
Muore lentamente chi non fa come la Marcuzzi
E se non riesce ad andare in bagno, se la tiene tutta dentro
Muore lentamente chi non si leva prontamente da sotto il casco della permanente
Muore più velocemente chi mette le dita nella presa di corrente
Chi non si sposta quando cascano le piante
E chi mangia le amanite velenose al ristorante
Muore lentamente tanta bella gente
Ma c’è anche
E tu lo sai
Una banda di coglioni che non muore mai.
(Luciana Littizzetto)
Ecco come gli italiani si comporteranno alle elezioni politiche edizione 2008 (spero). Tratto da ‘Fantozzi subisce ancora‘, 1983. Ascoltate il video con attenzione e poi fatemi sapere
I POLITICI DELLE STELLE