Il Pozzo del Diavolo nella faggeta del lago di Vico


Il lago, il vulcano, la faggeta e il pozzo del diavolo sembrano gli ingredienti di una pozione magica ma sono realmente gli indiscussi protagonisti dell’esplorazione proposta in oggetto e dall’aspetto quasi fiabesco: il percorso è totalmente immerso in una delle più belle faggete d’Europa.
L’intera superfice è circoscritta da un anello montuoso i cui crinali rappresentano la circonferenza del vulcano Vicano, che sprofondando, ha dato origine al lago di Vico.

Si attraversa la suggestiva “faggeta depressa”, così chiamata per essersi sviluppata ad una quota insolitamente bassa e che annovera esemplari pluricentenari con tronchi di enormi dimensioni.

Proseguiamo nella “faggeta depressa”, giunti nel punto in cui il sentiero costeggia la strada troviamo l’unica fontana del percorso mentre dalla parte opposta si trova un’area pic-nic attrezzata con panche, tavoli e una postazione barbecue.

Il sentiero è ben visibile e ogni tanto ci sono anche i segnavia bianco-rossi.

Dopo aver percorso, dalla svolta, 1,4 km, superando un dislivello di 190 metri con una pendenza media del 13,2%, si arriva ad una quota di 851 metri s.l.m sulla cima del Monte Venere (l’ultimo cono vulcanico che in origine era un isola).

Poco di sotto si raggiunge il “Pozzo del Diavolo”, l’unico esempio di cavità vulcanica della regione Lazio (è stata scoperta dal punto di vista speleologico in epoca recente e iscritta a Catasto solo nel 1996): una piccola grotta che si apre ad 800 metri di quota, nel territorio del Comune di Caprarola (Viterbo), all’interno della Riserva naturale regionale del Lago di Vico.

Seppure di dimensioni assai modeste (un imbocco largo 5 metri, 47 metri di sviluppo planimetrico e solo 9 di dislivello negativo), il Pozzo del Diavolo aggiunge altri motivi di interesse legati sia ad importanti ritrovamenti archeologici, che all’approfondimento dello studio del distretto vulcanico Vicano e, più in generale, dei distretti vulcanici della Tuscia (Lazio settentrionale).

Il complesso vulcanico Vicano è stato attivo soprattutto nel Pleistocene (tra 800.000 e 90.000 anni fa); nell’ultima fase – tra 140.000 e 90.000 anni fa – l’attività eruttiva è stata condizionata dalla presenza delle acque lacustri che hanno dato vita a tremende eruzioni idromagmatiche che si sono concluse proprio con l’edificazione del cono di Monte Venere.

Al giorno d’oggi, il punto più alto dell’intero apparato è rappresentato dai 965 metri della vetta del Monte Fogliano (dove è collocata una webcam consultabile al seguente link), mentre originariamente era alto ben più di 2500 metri: la differenza è notevole ed emblematica, quindi pensate a quanto materiale (cenere, lava, lapilli, bombe vulcaniche) è stato eruttato durante l’ultima grande esplosione, sparato a decine di chilometri di distanza.

Magra consolazione: il Lago di Vico ha un’altitudine media (calcolata sullo specchio d’acqua) di 510 metri sul livello del mare, il che lo premia come il lago naturale più alto d’Europa.

Il lago è alimentato dal fiume Vicano. Prima della costruzione di un tunnel da parte degli Etruschi, il lago era probabilmente più profondo di oggi, il Monte Venere costituiva un’isola al suo interno.

All’interno del Pozzo del Diavolo, tra il terriccio e i massi di crollo, sono stati rinvenuti numerosi frammenti di vasi ceramici del Neolitico la cui tipologia, data l’originalità dei reperti, è stata definita “aspetto di Monte Venere”. Successive analisi al Carbonio 14 hanno datato l’età degli strati tra 4.000 e 5.000 anni fa.

Queste testimonianze hanno fatto ipotizzare che il Pozzo del Diavolo – complice l’aurea di mistero del luogo – sia stato sede di un antico culto: nei vasi venivano deposte le offerte per le divinità.

Ancora oggi esponenti di movimenti esoterici tengono nella zona raduni di raccoglimento e meditazione. Attualmente il Monte Venere – e con esso la grotta – è salvaguardato dalla Riserva naturale del Lago di Vico, istituita dalla Regione Lazio nel 1982 e ampliata nel 1985 sino a coprire una superficie di 3.300 ettari.


Un affresco della Sala di Ercole nell’imponente Palazzo Farnese.
Nell’affresco realizzato da Federico Zuccari, fine ‘500, vediamo l’eroe mitologico nuotare in un lago con una lancia sormontata dal giglio farnesiano.

Questa è la vera genesi del lago, ma forse non tutti sanno che esiste una leggenda – illustrata dagli affreschi del vicino Palazzo Farnese – legata alla formazione dello stesso, che si rifà alla distruzione della famosa città di Troia.

In seguito a quanto raccontato da Omero nelle sue opere, infatti, molti abitanti della città ormai distrutta si trasferirono e sbarcarono sulle coste del Lazio. Mentre alcuni andarono a sud (vedi Enea e la leggenda sulla formazione di Roma), altri si diressero verso nord, stabilendosi nelle zone della Tuscia in cui oggi abitiamo.

E sono proprio questi “primitivi”, forse i primi abitanti “moderni” di queste terre, che ci hanno tramandato la leggenda sulla formazione del Lago di Vico: protagonista della storia è il semidio Ercole, uno dei figli di Zeus, che si trovava sui Monti Cimini alla ricerca delle ninfe Melissa e Amaltea.

Famoso per la sua forza, gli abitanti del posto lo pregarono di dargliene una dimostrazione e fu così che Ercole, forse infastidito dalla troppo invadenza, scagliò nel terreno la sua clava con quanta più forza poté, sfidando chiunque riuscisse ad estrarla.

Vani furono i tentativi della gente del luogo: uomini grandi, grossi, possenti e vigorosi fecero la fila per provare ad estrarla, ma nessuno riuscì a smuoverla. Fu così che, arrivata la sera, il semidio decise di dare un’ennesima dimostrazione della sua potenza, strappando con violenza la clava sotto le urla e l’incitamento dei presenti.


Dal buco creatosi sgorgò tanta acqua che in poco tempo inondò i prati circostanti, lasciando esterrefatti coloro che assistettero allo spettacolo e, la mattina successiva si trovarono di fronte al lacus ciminus, quello che oggi conosciamo come il Lago di Vico.

Per saperne di più…

Rimane solo un mistero.
Perché la grotta ha un nome così sinistro?

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