L’epistolario di Mozart con la cugina Anna Maria e non solo…

mozart
Le vicissitudini della pubblicazione di queste lettere di Mozart sono state illustrate dalla moglie Constanze: “Anche le lettere alla cugina, di gusto certo discutibile, ma molto spiritose, meritano una menzione, ma non devono essere pubblicate”.
L’epistolario del genio della musica, noto anche per la giocosità scurrile delle lettere in esso contenute, è stato reso pubblico, infatti, nella sua interezza solo in tempi recenti e rivela un Mozart comune, un ragazzo impertinente e giocoso, un animo giovane e divertito dalla vita. Per curiosità se ne propongono alcuni estratti.
“Oui, con quanto sentimento defeco sul tuo naso, così che ti coli sul mento”. Rima d’amore inviata alla cugina Anna Maria Thekla, chiamata affettuosamente Bäsle. Le lettere alla cugina sono un fuoco d’artificio del turpiloquio: “Nel frattempo mi stia bene, ah mi arde il culo come il fuoco! Che vorrà mai dire? Che la merda vuole uscire? Sì, sì, merda, io ti conosco, io ti vedo, io ti gusto!” (05/11/ 1777);
“Ieri ascoltammo il re scoreggione / Era dolce come torrone / E benché non fosse granché in voce / Rumoreggiava in modo atroce”. Alla madre Anna Maria Pert.
“Carissima cuginetta coniglietta, la sua lettera mi è regolarmente arrivata piegata e da essa ho ricavato voltato che il signor cugino paladino e la signora cugina leprina sono in buona salute saliti. Noi pure grazie a Dio stiamo sani cani. Oggi tra le mie grinfie è arrivata pirata una lettera sguattera dal mio papà, ah ah. Spero che anche a lei sia arrivata grattata la missiva saliva che le ho scritto da Mannheim. Tanto meglio, meglio tanto! Ma ora siamo seri”.
“Mio padre le impartisce la sua ziesca benedizione, mia sorella le invia mille baci cuginali e il cugino le dà ciò che non ha il permesso di darle.” (alla Bäsle, 10/05/1779).
Era il 5 novembre 1777 quando un giovane Amadeus (di anni ventuno) scrive da Mannheim questa lettera indirizzata alla cuginetta Anna Thekla Mozart (di anni diciotto), firmandosi Wolfgang Amadé “Rosadibosco” e chiamando scherzosamente la cugina “mattacchiona stregona”. Le chiede della gente del posto e le parla di quello che lui vede nel suo soggiorno in Germania (a Worms), con una serie infinita di giochi di parole e di rime. Come quelle che compone per la madre il 31 gennaio del 1778:
“Signora mamma!/Mi piace la panna!/Sia lode al cielo, sia lode a tutti i santi,/non siamo malati e stiamo bene tutti quanti./Ce ne andiamo in giro per il mondo,/ma in tasca non abbiamo più un soldo./Rimaniamo però di buon umore, senza beccarci manco un raffreddore./Io sto qua con della gente/che di merda ha pieno il ventre, ma che poi la lascia andare/prima e dopo il desinare/Si speteggia a tutte l’ore,/si spetezza a notte fonda,/sì che tutto poi rimbomba/Da otto giorni da Mannheim partiti siamo/E quanto a merda cacata assai ne abbiamo… Quanto al concerto ecco a mia pensata/Lo butto giù a Parigi, alla prima cacata… Non offendiamo Iddio col nostro gran cacare/Neppure se la merda ci piace mordicchiare… Ma basta con i versi; voglio ora annunciarle/Che lunedì venturo/Senza tante domande/Di baciarle la mano l’onor mi sarà dato/Ma prima le mie brache avrò certo smerdato.”.
Ecco invece un esempio del suo umorismo infantile (molte di queste lettere furono scritte quando era poco più che un adolescente): “…e ora vado in ritirata, dove farò forse una cacata, e resto il solito buffone, Volfang ed Amedeo Mozartone. Augusta, il 25 ottobre 1700settantasettone”.
“Adesso auguro una notte buona, smerdi il letto finché risuona; dorme contento chi tira il culo su fino al mento. Nel frattempo mi stia bene, ah mi arde il culo come fuoco. Che vorrà mai dire? Che la merda vuole uscire? Sì, sì, merda io ti conosco, io ti vedo, io ti gusto. C’è odor di bruciaticcio, puzza ovunque mi sposti. Se guardo fiori dalla finestra l’odore scompare, come guardo dentro, rieccolo… Finalmente la mamma mi dice: scommettiamo che ne hai mollato uno? Non credo mamma. Sì, sì è proprio così. Faccio la prova, mi infilo il primo dito nel culo, poi annuso e… ecce provatum est: la mamma aveva ragione” (5/10/1771);
“Hop pappa, battimazza, tiemmelo stretto, tiemmelo stretto, non me lo stringere, leccami il culo,battimazza” (3/12/1777);
“Perdoni la mia brutta scrittura, ormai la penna è vecchia, da quasi 22 anni cago dallo steso buco, e non si è ancora consumato! – nonostante le volte che ho cagato – e con i denti la merda ho staccato”.
Scrive, sempre alla cugina, il 28 febbraio 1778. «Mademoiselle ma trèschère Cousine penserà forse  che io sia morto? Che sia crepato? Che abbia tirato le cuoia? Ma no! Non lo pensi, la prego. Perché pensare e cacare sono due cose diverse!… Va sempre al cesso regolarmente?… Sì, sì, son sicuro della faccenda, dovessi oggi stesso mollare una merda… sarà una cacca. Stronzo! Merda! Cacca! O dolce parola… Cacca! Pappa! Oh, che delizia! Che gusto, pappa e lecca! Pappa cacca e lecca cacca… La in fondo è proprio lo stesso se era Battipale, dove gli stronzi finiscono in mare, o Coldito di sotto, dove ti raddrizzano il buco del culo se ce l’hai storto…».
Wolfgang rivolgeva volentieri alla sorella espressioni affettuose e burlesche, come in questa lettera da Milano del 17 febbraio 1770, nella quale la chiama “Mariandel” (un altro vezzeggiativo per Maria Anna): eccomi anch’io, sono tutto per te, Mariandel, e sono felice con tutto il mio culo che tu ti sia così orrendamente divertita; […] ti mando cento baci, grandi e piccoli, sulla tua meravigliosa faccia da cavallo.
Kaysersheim, 23 dicembre 1778 Ma très cher Cousine!
Con la massima fretta – e con la più perfetta contrizione e dolore, e con fermo proponimento, ti scrivo per informarti che domani parto per Monaco; –  carissima cuginotta, non essere leprotta – Ben lieto sarei venuto ad Augusta, te l’assicuro, ma il signor regio prelato non mi ha lasciato andar via, e io non lo posso odiare, perché sarebbe contro la legge di Dio e della natura; quindi le cose stanno proprio così; – forse da Monaco farò un salto ad Augusta; ma non è così sicuro; – se hai tanto piacere di vedermi quanto ne ho io, vieni tu a Monaco, in questa nobile città – Fa’ in modo di esserci prima di Capodanno, e allora ti contemplerò nell’avanti e nel didietro – ti porterò in giro ovunque e, se necessario, ti farò un clistere – Una sola cosa mi dispiace, di non poterti alloggiare; infatti non starò in una locanda, ma abiterò presso – e dove? vorrei saperlo anch’io. Bene, scheeeeerzi a parte – proprio per questo è necessario che tu venga – Avresti forse una gran parte al gioco – viene allora di sicuro, altrimenti sei una merda; io allora, nobile personaggio qual sono, ti farò i miei complimenti, ti frusterò il culo, ti bacerò le mani, ti sparerò con lo schioppo nelle terga, ti abbraccerò, ti farò un cristere nel davanti e nel didietro, a te, a te io pagherò i miei debiti per filo e per segno, e farò echeggiare una gagliarda scoreggia, e forse farò persino colare qualcosa – Ora addio – mio angelo, mio cuore io t’attendo con dolore Ma scrivimi presto a Monaco Poste restante una piccola letterina di 24 fogli, ma non scrivermi dove alloggerai, Votre sincere co[usin]
perché io non trovi te, e tu non trovi me; W.A[madé Mozart]
PS: Cacadubbi, il parroco di Rodemplum, ha leccato nel culo la sua cuoca, agli altri come exemplum; Vivat – vivat –
Amadeus – Funny Parts

Gli scritti di cui sopra aiutano certo a comprendere cosa si celava dietro il sorriso perennemente ostentato dal genio-eterno fanciullino.
Mozart morì il 5 dicembre del 1791. Da quel momento la moglie Costanza, iniziò un lavoro di ripulitura dell’immagine di Amadeus e solo nel 1828 vi fu la prima biografia a cura di Nikolaus von Nissen che sposò la stessa Costanza.
Mozart – Requiem (L’eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Si innalzi un inno a te, o Dio, in Sion, a te si sciolga il voto in Gerusalemme. Esaudisci la mia preghiera, a te venga ogni mortale. L’eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua.).

8 Comments so far

  1. noe on 18 Marzo, 2012

    ma perkè mozart ebbe un funerale cs misero

  2. […] Le vicissitudini della pubblicazione di queste lettere di Mozart sono state illustrate dalla moglie Constanze: “Anche le lettere alla cugina, di gusto certo discutibile, ma molto spiritose, meritano una menzione, ma non devono essere pubblicate”. L’epistolario del genio della musica, noto anche per la giocosità scurrile delle lettere in esso contenute, è stato reso pubblico, infatti, nella sua interezza solo in tempi recenti e rivela un Mozart comune, un ragazzo impertinente e giocoso, un animo giovane e divertito dalla vita. Per curiosità se ne propongono alcuni estratti. “Oui, con quanto sentimento defeco sul tuo naso, così che ti coli sul mento”. Rima d’amore inviata alla cugina Anna Maria Thekla, chiamata affettuosamente Bäsle. Le lettere alla cugina sono un fuoco d’artificio del turpiloquio: “Nel frattempo mi stia bene, ah mi arde il culo come il fuoco! Che vorrà mai dire? Che la merda vuole uscire? Sì, sì, merda, io ti conosco, io ti vedo, io ti gusto!” (05/11/ 1777); “Ieri ascoltammo il re scoreggione / Era dolce come torrone / E benché non fosse granché in voce / Rumoreggiava in modo atroce”. Alla madre Anna Maria Pert. “Carissima cuginetta coniglietta, la sua lettera mi è regolarmente arrivata piegata e da essa ho ricavato voltato che il signor cugino paladino e la signora cugina leprina sono in buona salute saliti. Noi pure grazie a Dio stiamo sani cani. Oggi tra le mie grinfie è arrivata pirata una lettera sguattera dal mio papà, ah ah. Spero che anche a lei sia arrivata grattata la missiva saliva che le ho scritto da Mannheim. Tanto meglio, meglio tanto! Ma ora siamo seri”. “Mio padre le impartisce la sua ziesca benedizione, mia sorella le invia mille baci cuginali e il cugino le dà ciò che non ha il permesso di darle.” (alla Bäsle, 10/05/1779). Era il 5 novembre 1777 quando un giovane Amadeus (di anni ventuno) scrive da Mannheim questa lettera indirizzata alla cuginetta Anna Thekla Mozart (di anni diciotto), firmandosi Wolfgang Amadé “Rosadibosco” e chiamando scherzosamente la cugina “mattacchiona stregona”. Le chiede della gente del posto e le parla di quello che lui vede nel suo soggiorno in Germania (a Worms), con una serie infinita di giochi di parole e di rime. Come quelle che compone per la madre il 31 gennaio del 1778: “Signora mamma!/Mi piace la panna!/Sia lode al cielo, sia lode a tutti i santi,/non siamo malati e stiamo bene tutti quanti./Ce ne andiamo in giro per il mondo,/ma in tasca non abbiamo più un soldo./Rimaniamo però di buon umore, senza beccarci manco un raffreddore./Io sto qua con della gente/che di merda ha pieno il ventre, ma che poi la lascia andare/prima e dopo il desinare/Si speteggia a tutte l’ore,/si spetezza a notte fonda,/sì che tutto poi rimbomba/Da otto giorni da Mannheim partiti siamo/E quanto a merda cacata assai ne abbiamo… Quanto al concerto ecco a mia pensata/Lo butto giù a Parigi, alla prima cacata… Non offendiamo Iddio col nostro gran cacare/Neppure se la merda ci piace mordicchiare… Ma basta con i versi; voglio ora annunciarle/Che lunedì venturo/Senza tante domande/Di baciarle la mano l’onor mi sarà dato/Ma prima le mie brache avrò certo smerdato.”. Ecco invece un esempio del suo umorismo infantile (molte di queste lettere furono scritte quando era poco più che un adolescente): “…e ora vado in ritirata, dove farò forse una cacata, e resto il solito buffone, Volfang ed Amedeo Mozartone. Augusta, il 25 ottobre 1700settantasettone”. “Adesso auguro una notte buona, smerdi il letto finché risuona; dorme contento chi tira il culo su fino al mento. Nel frattempo mi stia bene, ah mi arde il culo come fuoco. Che vorrà mai dire? Che la merda vuole uscire? Sì, sì, merda io ti conosco, io ti vedo, io ti gusto. C’è odor di bruciaticcio, puzza ovunque mi sposti. Se guardo fiori dalla finestra l’odore scompare, come guardo dentro, rieccolo… Finalmente la mamma mi dice: scommettiamo che ne hai mollato uno? Non credo mamma. Sì, sì è proprio così. Faccio la prova, mi infilo il primo dito nel culo, poi annuso e… ecce provatum est: la mamma aveva ragione” (5/10/1771); “Hop pappa, battimazza, tiemmelo stretto, tiemmelo stretto, non me lo stringere, leccami il culo,battimazza” (3/12/1777); “Perdoni la mia brutta scrittura, ormai la penna è vecchia, da quasi 22 anni cago dallo steso buco, e non si è ancora consumato! – nonostante le volte che ho cagato – e con i denti la merda ho staccato”. Scrive, sempre alla cugina, il 28 febbraio 1778. «Mademoiselle ma trèschère Cousine penserà forse  che io sia morto? Che sia crepato? Che abbia tirato le cuoia? Ma no! Non lo pensi, la prego. Perché pensare e cacare sono due cose diverse!… Va sempre al cesso regolarmente?… Sì, sì, son sicuro della faccenda, dovessi oggi stesso mollare una merda… sarà una cacca. Stronzo! Merda! Cacca! O dolce parola… Cacca! Pappa! Oh, che delizia! Che gusto, pappa e lecca! Pappa cacca e lecca cacca… La in fondo è proprio lo stesso se era Battipale, dove gli stronzi finiscono in mare, o Coldito di sotto, dove ti raddrizzano il buco del culo se ce l’hai storto…». Wolfgang rivolgeva volentieri alla sorella espressioni affettuose e burlesche, come in questa lettera da Milano del 17 febbraio 1770, nella quale la chiama “Mariandel” (un altro vezzeggiativo per Maria Anna): eccomi anch’io, sono tutto per te, Mariandel, e sono felice con tutto il mio culo che tu ti sia così orrendamente divertita; […] ti mando cento baci, grandi e piccoli, sulla tua meravigliosa faccia da cavallo. Kaysersheim, 23 dicembre 1778 Ma très cher Cousine! Con la massima fretta – e con la più perfetta contrizione e dolore, e con fermo proponimento, ti scrivo per informarti che domani parto per Monaco; –  carissima cuginotta, non essere leprotta – Ben lieto sarei venuto ad Augusta, te l’assicuro, ma il signor regio prelato non mi ha lasciato andar via, e io non lo posso odiare, perché sarebbe contro la legge di Dio e della natura; quindi le cose stanno proprio così; – forse da Monaco farò un salto ad Augusta; ma non è così sicuro; – se hai tanto piacere di vedermi quanto ne ho io, vieni tu a Monaco, in questa nobile città – Fa’ in modo di esserci prima di Capodanno, e allora ti contemplerò nell’avanti e nel didietro – ti porterò in giro ovunque e, se necessario, ti farò un clistere – Una sola cosa mi dispiace, di non poterti alloggiare; infatti non starò in una locanda, ma abiterò presso – e dove? vorrei saperlo anch’io. Bene, scheeeeerzi a parte – proprio per questo è necessario che tu venga – Avresti forse una gran parte al gioco – viene allora di sicuro, altrimenti sei una merda; io allora, nobile personaggio qual sono, ti farò i miei complimenti, ti frusterò il culo, ti bacerò le mani, ti sparerò con lo schioppo nelle terga, ti abbraccerò, ti farò un cristere nel davanti e nel didietro, a te, a te io pagherò i miei debiti per filo e per segno, e farò echeggiare una gagliarda scoreggia, e forse farò persino colare qualcosa – Ora addio – mio angelo, mio cuore io t’attendo con dolore Ma scrivimi presto a Monaco Poste restante una piccola letterina di 24 fogli, ma non scrivermi dove alloggerai, Votre sincere co[usin] perché io non trovi te, e tu non trovi me; W.A[madé Mozart] PS: Cacadubbi, il parroco di Rodemplum, ha leccato nel culo la sua cuoca, agli altri come exemplum; Vivat – vivat – – See more at: http://www.gastonemariotti.com/2009/01/09/lepistolario-di-mozart-con-la-cugina-anna-maria-e-non-solo/#st… […]

  3. Rashmi Patel suspended on 19 Ottobre, 2014

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  4. Freddom Mentor review on 19 Ottobre, 2014

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  5. Eric D Gray on 21 Ottobre, 2014

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  6. Agilulfo on 8 Luglio, 2015

    Però era Mozart, quindi chi se ne frega…

  7. […] Le lettere di Mozart alla cugina […]

  8. […] Le vicissitudini della pubblicazione di queste lettere di Mozart sono state illustrate dalla moglie Constanze: “Anche le lettere alla cugina, di gusto certo discutibile, ma molto spiritose, meritano una menzione, ma non devono essere pubblicate”. L’epistolario del genio della musica, noto anche per la giocosità scurrile delle lettere in esso contenute, è stato reso pubblico, infatti, nella sua interezza solo in tempi recenti e rivela un Mozart comune, un ragazzo impertinente e giocoso, un animo giovane e divertito dalla vita. Per curiosità se ne propongono alcuni estratti. “Oui, con quanto sentimento defeco sul tuo naso, così che ti coli sul mento”. Rima d’amore inviata alla cugina Anna Maria Thekla, chiamata affettuosamente Bäsle. Le lettere alla cugina sono un fuoco d’artificio del turpiloquio: “Nel frattempo mi stia bene, ah mi arde il culo come il fuoco! Che vorrà mai dire? Che la merda vuole uscire? Sì, sì, merda, io ti conosco, io ti vedo, io ti gusto!” (05/11/ 1777); “Ieri ascoltammo il re scoreggione / Era dolce come torrone / E benché non fosse granché in voce / Rumoreggiava in modo atroce”. Alla madre Anna Maria Pert. “Carissima cuginetta coniglietta, la sua lettera mi è regolarmente arrivata piegata e da essa ho ricavato voltato che il signor cugino paladino e la signora cugina leprina sono in buona salute saliti. Noi pure grazie a Dio stiamo sani cani. Oggi tra le mie grinfie è arrivata pirata una lettera sguattera dal mio papà, ah ah. Spero che anche a lei sia arrivata grattata la missiva saliva che le ho scritto da Mannheim. Tanto meglio, meglio tanto! Ma ora siamo seri”. “Mio padre le impartisce la sua ziesca benedizione, mia sorella le invia mille baci cuginali e il cugino le dà ciò che non ha il permesso di darle.” (alla Bäsle, 10/05/1779). Era il 5 novembre 1777 quando un giovane Amadeus (di anni ventuno) scrive da Mannheim questa lettera indirizzata alla cuginetta Anna Thekla Mozart (di anni diciotto), firmandosi Wolfgang Amadé “Rosadibosco” e chiamando scherzosamente la cugina “mattacchiona stregona”. Le chiede della gente del posto e le parla di quello che lui vede nel suo soggiorno in Germania (a Worms), con una serie infinita di giochi di parole e di rime. Come quelle che compone per la madre il 31 gennaio del 1778: “Signora mamma!/Mi piace la panna!/Sia lode al cielo, sia lode a tutti i santi,/non siamo malati e stiamo bene tutti quanti./Ce ne andiamo in giro per il mondo,/ma in tasca non abbiamo più un soldo./Rimaniamo però di buon umore, senza beccarci manco un raffreddore./Io sto qua con della gente/che di merda ha pieno il ventre, ma che poi la lascia andare/prima e dopo il desinare/Si speteggia a tutte l’ore,/si spetezza a notte fonda,/sì che tutto poi rimbomba/Da otto giorni da Mannheim partiti siamo/E quanto a merda cacata assai ne abbiamo… Quanto al concerto ecco a mia pensata/Lo butto giù a Parigi, alla prima cacata… Non offendiamo Iddio col nostro gran cacare/Neppure se la merda ci piace mordicchiare… Ma basta con i versi; voglio ora annunciarle/Che lunedì venturo/Senza tante domande/Di baciarle la mano l’onor mi sarà dato/Ma prima le mie brache avrò certo smerdato.”. Ecco invece un esempio del suo umorismo infantile (molte di queste lettere furono scritte quando era poco più che un adolescente): “…e ora vado in ritirata, dove farò forse una cacata, e resto il solito buffone, Volfang ed Amedeo Mozartone. Augusta, il 25 ottobre 1700settantasettone”. “Adesso auguro una notte buona, smerdi il letto finché risuona; dorme contento chi tira il culo su fino al mento. Nel frattempo mi stia bene, ah mi arde il culo come fuoco. Che vorrà mai dire? Che la merda vuole uscire? Sì, sì, merda io ti conosco, io ti vedo, io ti gusto. C’è odor di bruciaticcio, puzza ovunque mi sposti. Se guardo fiori dalla finestra l’odore scompare, come guardo dentro, rieccolo… Finalmente la mamma mi dice: scommettiamo che ne hai mollato uno? Non credo mamma. Sì, sì è proprio così. Faccio la prova, mi infilo il primo dito nel culo, poi annuso e… ecce provatum est: la mamma aveva ragione” (5/10/1771); “Hop pappa, battimazza, tiemmelo stretto, tiemmelo stretto, non me lo stringere, leccami il culo,battimazza” (3/12/1777); “Perdoni la mia brutta scrittura, ormai la penna è vecchia, da quasi 22 anni cago dallo steso buco, e non si è ancora consumato! – nonostante le volte che ho cagato – e con i denti la merda ho staccato”. Scrive, sempre alla cugina, il 28 febbraio 1778. «Mademoiselle ma trèschère Cousine penserà forse  che io sia morto? Che sia crepato? Che abbia tirato le cuoia? Ma no! Non lo pensi, la prego. Perché pensare e cacare sono due cose diverse!… Va sempre al cesso regolarmente?… Sì, sì, son sicuro della faccenda, dovessi oggi stesso mollare una merda… sarà una cacca. Stronzo! Merda! Cacca! O dolce parola… Cacca! Pappa! Oh, che delizia! Che gusto, pappa e lecca! Pappa cacca e lecca cacca… La in fondo è proprio lo stesso se era Battipale, dove gli stronzi finiscono in mare, o Coldito di sotto, dove ti raddrizzano il buco del culo se ce l’hai storto…». Wolfgang rivolgeva volentieri alla sorella espressioni affettuose e burlesche, come in questa lettera da Milano del 17 febbraio 1770, nella quale la chiama “Mariandel” (un altro vezzeggiativo per Maria Anna): eccomi anch’io, sono tutto per te, Mariandel, e sono felice con tutto il mio culo che tu ti sia così orrendamente divertita; […] ti mando cento baci, grandi e piccoli, sulla tua meravigliosa faccia da cavallo. Kaysersheim, 23 dicembre 1778 Ma très cher Cousine! Con la massima fretta – e con la più perfetta contrizione e dolore, e con fermo proponimento, ti scrivo per informarti che domani parto per Monaco; –  carissima cuginotta, non essere leprotta – Ben lieto sarei venuto ad Augusta, te l’assicuro, ma il signor regio prelato non mi ha lasciato andar via, e io non lo posso odiare, perché sarebbe contro la legge di Dio e della natura; quindi le cose stanno proprio così; – forse da Monaco farò un salto ad Augusta; ma non è così sicuro; – se hai tanto piacere di vedermi quanto ne ho io, vieni tu a Monaco, in questa nobile città – Fa’ in modo di esserci prima di Capodanno, e allora ti contemplerò nell’avanti e nel didietro – ti porterò in giro ovunque e, se necessario, ti farò un clistere – Una sola cosa mi dispiace, di non poterti alloggiare; infatti non starò in una locanda, ma abiterò presso – e dove? vorrei saperlo anch’io. Bene, scheeeeerzi a parte – proprio per questo è necessario che tu venga – Avresti forse una gran parte al gioco – viene allora di sicuro, altrimenti sei una merda; io allora, nobile personaggio qual sono, ti farò i miei complimenti, ti frusterò il culo, ti bacerò le mani, ti sparerò con lo schioppo nelle terga, ti abbraccerò, ti farò un cristere nel davanti e nel didietro, a te, a te io pagherò i miei debiti per filo e per segno, e farò echeggiare una gagliarda scoreggia, e forse farò persino colare qualcosa – Ora addio – mio angelo, mio cuore io t’attendo con dolore Ma scrivimi presto a Monaco Poste restante una piccola letterina di 24 fogli, ma non scrivermi dove alloggerai, Votre sincere co[usin] perché io non trovi te, e tu non trovi me; W.A[madé Mozart] PS: Cacadubbi, il parroco di Rodemplum, ha leccato nel culo la sua cuoca, agli altri come exemplum; Vivat – vivat – – See more at: http://gastonemariotti.com/2009/01/09/lepistolario-di-mozart-con-la-cugina-anna-maria-e-non-solo/#st… […]

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