Viaggio tra cielo e spiritualità in India, Nepal e Tibet
15° giorno, venerdì 11 aprile: Shigatse – Shegar (9 mila ab. – 4.350 m s.l.m. – -2°-9°)
Shigatse – Shegar: 244 chilometri in circa 6 ore.
Oggi si prosegue per Shegar e lungo il percorso deviazione di circa 20 chilometri per raggiungere Sakya “Terra giallo-bruna”.
Visita del monastero, caratterizzato dalle sue pareti dipinte a strisce rosse, bianche e nere. Si tratta del tipico stile mongolo simile ai castelli con mura e torri di guardia spessi ed è stato costruito a metà del XIII secolo da Phagpa. Riccamente decorato di broccati, statue e lampade a burro e migliaia di testi religiosi (sutra). Dispone di oltre 10 mila volumi di libri tibetani di astronomia, medicina e di storia.
Riprendiamo la pista lungo la quale si possono vedere tende nere di nomadi con su disegnata la svastica, simbolo della reincarnazione, e greggi di pecore sparse sulle immense praterie dell’altopiano tibetano.
Mentre attraversiamo l’altopiano, spesso ci capitava di passare accanto a degli affioramenti di roccia su cui era inciso, in bassorilievo, il mantra del Buddhismo tibetano “Om Mani Padme Hum… Onore al Gioiello del Loto…” (cliccare qui). Le bandiere di preghiera – rosse, verdi, bianche, blu, gialle – sventolavano dai pali o dagli alberi, come a inviare le suppliche verso il cielo. Sui passi di montagna o tra i pascoli d’alta quota si vedevano mucchi squadrati di pietre grandi come pagnotte: offerte votive alla divinità del luogo.
Superato il passo più alto di tutto il percorso, il Gyatso La (o Lhakpa La) a 5.248 metri di quota, si raggiunge il villaggio di Shegar. Shegar una volta era la capitale della provincia della zona Tingri ed è ora un centro amministrativo regionale. Questo è il punto più alto di tutto il viaggio dove passiamo la notte. A causa dell’altitudine il sonno può essere difficile quindi è bene bere molti liquidi e cercare di mangiare anche se non si è molto affamati. Pernottamento in hotel Chomolangma o Qomolangma.
Nell’alberghetto, l’unico che c’è in zona, meno peggio del temuto, sono andate a ruba le melanzane al funghetto. Solo quelle, per cena, almeno per me. FREDDO….. TANTO FREDDO
16° giorno, sabato 12 aprile: Shegar– Everest Base Camp – Tingri (4 mila ab. – 4.348 m s.l.m. – -3°-9°)
Oggi si prosegue verso la scoperta del Monte Everest.
Nel massiccio dell’Himalaya, il monte Everest, il punto più elevato del pianeta, raggiunge gli 8848 m di altitudine. Ha molti nomi: Sagarmatha, in nepalese, (in Sanscrito “dio del cielo“), ideato dallo storico nepalese Baburam Acharya e adottato ufficialmente dal governo del Nepal all’inizio degli anni sessanta; Chomolungma, “Dea Madre del mondo” in tibetano, o ancora Qomolangma in cinese, ed anche “Cima XV“, come venne chiamato nel 1852. Il nome comunemente usato oggi fu introdotto nel 1865 dall’inglese Andrew Waugh, governatore generale dell’India, in onore di Sir George Everest, che al servizio della corona britannica fu incaricato nel 1852 di effettuare il rilievo cartografico dell’India.
La vetta del “tetto del mondo” è stata raggiunta per la prima volta il 29 maggio 1953 dal neozelandese Edmund Hillary e dallo sherpa nepalese Norgay Tensing.
L’Everest ha la forma di una piramide, con tre pareti (nord, est e sud-ovest) e tre creste (nord-est, sud-est e ovest). La linea di confine tra Cina e Nepal passa lungo le creste ovest e sud-est, quindi solo la parete sud-ovest è nepalese.
Le tre pareti sono: 1) parete nord (cinese): si affaccia sul ghiacciaio Rongbuk; 2) parete est (cinese): si affaccia sul ghiacciaio Kangshung; 3) parete sud-ovest (nepalese): si affaccia sul ghiacciaio Khumbu.
Dopo circa quattro ore di viaggio su una strada sterrata e piena di buche (cliccare qui), in un ambiente incontaminato, si arriva al Campo base dell’Everest, dove è possibile alloggiare in tende gestite dagli abitanti locali, simpaticamente chiamate hotel……sono molto accoglienti e i gestori fanno tutto ciò che possono per renderci il soggiorno gradevole. Sono anche ben riscaldate da stufe alimentate a “sterco di yak”.
A piedi o con un pulmino si percorre ancora un paio di chilometri e si arriva al vero campo base, la spianata dove si accampano le spedizioni degli alpinisti. Oggi sembra quasi che il monte Everest sia geloso o timido e che non voglia in alcun modo mostrarsi.
A 5.200 metri di altitudine vedrete i 3.648 metri della parete nord di ghiaccio dell’Everest interporsi con tutta la sua grandezza tra voi e il cielo, ergendosi dalla morena del ghiacciaio di Rongpuk.
360° view from the top of Mount #Everest filmed by Ben M. Jones
pic.twitter.com/REOyML4697— S_Galimberti (@S_Galimberti) December 7, 2022
Passeggiata nei pressi del “tetto del mondo” prima di proseguire verso Tingri (cliccare qui).
Al ritorno, prima di proseguire per Rongbuk abbiamo sostato in una tenda-hotel dove abbiamo pranzato con “tsampa” (farina di orzo mista a te tibetano e burro di yak), carne di yak essiccata e “tè tibetano”, (burro di yak, sale, latte, sale, foglie di tè e acqua calda bollente).
Al ritorno sosta a Rongbuk (5.150 m-s.l.m.), sede del più alto monastero tibetano, dove è sempre possibile godere di una spettacolare vista della parete nord dell’Everest.
Arrivo a Tingri, agglomerato di case tibetane in mattoni, ristoranti e guesthouse e negozi che si affacciano su una sconfinata pianura, delimitata dalle cime Himalayane (cliccare qui). Pernottamento in hotel …….FREDDO con camere super spartane; abbiamo dormito completamente vestiti e con vari strati di coperte per non soffrire il freddo e l’umido. Lavati i denti e la punta del naso con l’acqua calda del thermos. Scordatevi l’acqua corrente, lavandini e docce.
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