L’altra casta: CGIL – CISL – UIL – UGL -…

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Bisogna dare atto ai radicali di quanto è stato fatto negli anni per informare i cittadini e per dare loro delle armi di difesa da “Lorsignori” del sindacato […].
5 gennaio 1995 – La Trimurti opera come il principale partito a finanziamento pubblico della partitocrazia, dichiarazione di Marco Pannella: «Le oligarchie e gli oligarchi del Sindacato esercitano le prerogative che l’articolo 49 della Costituzione riservano ai partiti e alle organizzazioni politiche [tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale], abusano e truffano la gente in relazione all’articolo 39 della Costituzione che fissa chiaramente il campo d’azione dei “rappresentanti dei lavoratori”, o dei loro parassitari oligarchi». 


8 gennaio 2000 – Sindacati, un’armata conservatrice e discorsi reazionari, dichiarazione di Marco Pannella: «La trimurti sindacale è specializzata in politiche produttive di disoccupazione, di oppressione fiscale, di baby-pensioni che per decenni sono state la corona d’alloro attorno al monumento burocratico del sindacato parastatale, di pensioni di “giovinezza”, di parassitarismo burocratico per decine di migliaia di “distaccati”, di leggi istituenti sempre nuovi balzelli medievali a loro proprio favore. Con il fascismo, e con l’antifascismo erede di quello, il potere “concertativo” variamente modulato e praticato, espressione del blocco sociale dominante, statalista, antiliberale, i sindacati operai sono stati capaci solamente di assecondare e affermare interessi e politiche reazionarie e non, o solamente conservatrici, secondo l’affermazione e la convinzione reiterata e confermata dai fatti del radicale salveminiano Ernesto Rossi».
IN ALITALIA COMANDANO I SINDACATI (NEL 2005 SCIOPERI PER 496 ORE: 3 ORE OGNI 24)
GLI INCREDIBILI PRIVILEGI DI PILOTI E HOSTESS: VOLANO IN MEDIA 98 MINUTI AL GIORNO
IL TASSO DI EFFICIENZA PER DIPENDENTE È PARI A METÀ DI QUELLO DELLA LUFTHANSA
Per leggere il brano su Alitalia tratto dal libro di Stefano Livadiotti L’altra casta, l’inchiesta sul sindacato, uscita per Bompiani mercoledì 9 aprile, cliccare quì.
Un libro, che opera una dissezione da autopsia dei sindacati italiani, definiti «macchina di potere e denaro». Ne elenca in modo analitico le storture, gli organici colossali con migliaia di dipendenti pagati dal contribuente, lo sterminato e parzialmente detassato patrimonio immobiliare, i vantaggi, i privilegi che autorizzano l’autore a usare il termine ormai negativamente iconico di «casta». Ma soprattutto, questo è forse l’aspetto più controverso, ne mette in luce la perdita di identità, le debolezze e i limiti nel recitare il ruolo importante che dovrebbero avere nel Paese. Nel mare di cifre, storie e statistiche forniti da Livadiotti, è questa accusa, la più empirica, che ferirà i dirigenti di Cgil, Cisl e Uil. L’immagine del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di interpretare gli interessi generali, si è dunque dissolta. E ha lasciato il posto a quella di una casta iperburocratizzata e autoreferenziale che ha perso via via il contatto con il paese reale, quello delle buste paga sempre più leggere e delle fabbriche dove si muore troppo spesso. Un apparato che, in nome di una concertazione degenerata in diritto di veto, pretende di avere l’ultima parola sempre e su ogni cosa. Che si presenta come il legittimo rappresentante di tutti i lavoratori. Ma bada in realtà solo agli interessi dei suoi iscritti, che valgono ormai meno di un quarto dell’intero sistema produttivo nazionale. E perciò si mette puntualmente di traverso a qualunque riforma in grado di mettere in discussione uno ‘status quo’ fatto di privilegi. I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimita’, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici. Lo strapotere e l’invadenza delle tre grandi centrali confederali, e le sempre piu’ scoperte ambizioni politiche dei loro leader, hanno prodotto nel paese un senso di rigetto. Lo documentano tutti i piu’ recenti sondaggi d’opinione: solo un italiano su venti, infatti, si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. Stefano Livadiotti è una delle firme più note de L’Espresso e da oltre venti anni si occupa di economia e di politica con inchieste, interviste e reportage.
libro1.JPGUn libro che farà molto arrabbiare la Destra e la Sinistra, il Governo e l’opposizione, ma soprattutto: i sindacati.
“Le allegre finanze del sindacato: la sola Cgil ha un giro d’affari valutato in un miliardo di euro. I delegati delle tre centrali sindacali sono 700 mila, sei volte più dei carabinieri. I loro permessi equivalgono a un milione di giornate lavorative al mese. E costano al sistema-paese un miliardo e 854 milioni di euro l’anno.”

I privilegi dei sindacati

CGIL, CISL, UIL: L’ESERCITO DEGLI INTOCCABILI CHE CI COSTA QUASI 2 MILIONI DI EURO…(da il Giornale.it)
UN LIBRO-BOMBA METTE IL DITO SU UNA PIAGA PIÙ PURULENTA DI QUELLA DEI PARTITI
QUALE PARTITO PUÒ SPENDERE QUANTO LA CGIL: 50 MLN € PER UN CORTEO A ROMA?
Una casta all’ombra dei suoi consolidati privilegi s’aggira per l’Italia, aprendo e chiudendo trattative sulla pelle ormai lisa dei lavoratori, oltre che dei contribuenti. E nel paese bollito in sacche di spreco, gonfie di fatturati miliardari e bilanci segreti, mentre lo Stato paga i settecentomila delegati (sei volte di più dei Carabinieri), che a noi costano 1 miliardo e 845mila euro l’anno, esce un libro, ustionante come acido muriatico negli occhi della Triplice.
S’intitola «L’altra casta. Privilegi. Carriere. Stipendi. Fatturati da Multinazionale. L’inchiesta sul sindacato» (da ieri in libreria, con lancio da strenna natalizia) il documentato volume Bompiani di Stefano Livadiotti, firma del settimanale «L’Espresso», che in 236 pagine (prezzo 15 euro) mette il dito su una piaga purulenta quanto quella dei partiti. Contrordine, compagni, dopo che Diliberto ha ceduto il proprio posto in lista a un operaio della Thyssen, intanto che il suo vecchio sodale Cossutta lo accusa di «plebeismo demagogico»?
Ma sì, è ora, è ora: potere a chi lavora. Sul serio, però, non come i membri dell’altra casta, quella sindacale, i cui permessi equivalgono a un milione di giorni lavorativi al mese, costando al nostro sistema 1 miliardo e 854 milioni di euro l’anno. E c’è da giurarci che il trio di sigle si arrabbierà parecchio leggendo l’impressionante dossier, proprio mentre cerca di sopravvivere a se stesso, magari sulle carcasse di Alitalia.
Difficile affidarsi ai sindacati, che promettono bilanci consolidati, salvo poi evitare di trasferirli nero su bianco.
Ma in che modo l’altra casta è diventata intoccabile, quando anche i sassi sanno che se c’è un problema di costi della politica, esso riguarda pure il sindacato, teso a intimidire la collettività con la propria capacità di mobilitazione? «Il giro d’affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3.500 miliardi di vecchie lire e il nostro è un calcolo al ribasso», avvertiva nel 2002 il radicale Capezzone.
Se del Quirinale si sa che spende il quadruplo di Buckingham Palace, fare i conti in tasca all’altra casta, lardellata di un organico di 20mila dipendenti, è questione controversa, tanto diversificate risultano le sue fonti di guadagno. La slot machine più veloce coincide con le quote versate dagli iscritti: l’1 per cento della paga-base. E i pensionati? Fruttano circa 40 euro l’anno, che però fanno brodo, nel sostituto d’incasso complessivo: 1 miliardo l’anno. All’erogazione di liquidità, poi, pensano le aziende, con le trattenute in busta paga ed ecco bypassato il costo dell’esazione. E i soliti pensionati, visto che anche la miseria è un’eredità? Provvedono gli enti di previdenza: nel 2006 l’Inps ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Eppure, nel 1995 Marco Pannella promosse un referendum per abolire l’automatismo della trattenuta in busta paga, regalino vintage (del 1970) dello Statuto dei lavoratori. Nonostante gli italiani abbiano votato a favore, il meccanismo fu salvato comunque dai contratti collettivi.
Quanto al rinnovo periodico della delega, per il cui tramite il pensionato autorizza l’ente previdenziale a trattenersi una quota sulla sua pensione, si è fatto in modo d’insabbiare l’emendamento al decreto Bersani (presentato da Fi), che rompeva le uova nel paniere sindacale. E siccome i pensionati sono poveri, ma tanti, è nei loro gruzzoli che si ficcano i Caf, quei centri di assistenza fiscale, trasformati in business per il sindacato. Gli enti previdenziali, infatti, pagano per le dichiarazioni dei redditi dei pensionati: nel 2006 l’Inps ha travasato ai 74 Caf convenzionati 120 milioni.
Così Cgil, Cisl e Uil, unite, hanno incassato 90 milioni circa. Invano la Corte di giustizia europea, persuasa che il monopolio dei Caf violasse i trattati comunitari, tre anni fa mise in mora l’Italia, con qualche lettera di richiamo. Ma se i bramini dei Caf vanno sotto schiaffo, quelli dei patronati, le strutture d’assistenza ai cittadini per le pratiche previdenziali, la cassa-integrazione e i sussidi di disoccupazione, non si toccano. E si estendono dall’Africa al Nordamerica, per tacere dell’Australia, con conseguente sospetto che svolgano un ruolo attivo nel pilotare il voto degli italiani all’estero.
Nel 2006, l’Inps ha speso 248 milioni, 914mila e 211 euro tra Inca-Cgil, Inas-Cisl e Ital-Uil. Altro business in cui affondare le mani, è quello della formazione. Ogni anno, l’Europa manda in Italia 1 miliardo e mezzo di euro, per la formazione professionale. E 10 dei 14 enti, che annualmente si spartiscono metà dei finanziamenti nazionali, sono partecipati da Cgil, Cisl e Uil.
lavoro_altan.jpgMa la vera forza dell’altra casta viene dai beni immobili, patrimonio sterminato, tutto da dissotterrare, mentre la Cgil conta 3mila sedi in Italia, di proprietà delle strutture territoriali; la Cisl, 5mila e la Uil concentra gli investimenti sul mattone in una società per azioni, controllata al cento per cento dalla Labour Uil, con 35 milioni e 25mila euro di immobili in bilancio. Va da sé che gli inquilini Vip di tanto bendiddio abitativo sono loro, i vecchi mandarini con un piede nella jacuzzi ai Parioli a un altro sulla pista di Fiumicino.

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Stefano Livadiotti, leggere il suo libro inchiesta mette i brividi. Chi fa più danni, la casta della politica o quella dei sindacati?
«Beh, il sindacato danni ne ha fatti eccome, pensiamo a come è stata gestita la vicenda Alitalia. Voglio però precisare una cosa: il mio non è un libro contro il sindacato come istituzione ma contro la sua degenerazione, la sua incapacità di rappresentare gli interessi degli iscritti. Non è un caso che tutti i sondaggi, che io cito nel primo capitolo, mettano in evidenza proprio il rigetto della base».
Quale delle due caste ha maggior peso?
«Quella del sindacato, non c’è dubbio, è più ricca e potente di quella della politica. Lo è per numeri – i delegati sono ben 700 mila – e anche per ricchezza. Quale partito può permettersi di spendere oltre 50 milioni di euro per portare in piazza i propri iscritti, come ha fatto la Cgil nel 2002 con il corteo a Roma in difesa dell’articolo 18?».
E per garantirsi i privilegi le due caste si aiutano…
«C’è un calcolo nel libro: i parlamentari che hanno alle spalle un’esperienza nel sindacato, se si mettessero insieme, sarebbero il terzo gruppo sia alla Camera sia al Senato. Ovvio che poi facciano quadrato per garantire i privilegi, come la mancanza di controlli».
Come è nato questo libro?
«Quasi per caso. Non sono un esperto di sindacato, ho curato l’estate scorsa l’inchiesta de L’Espresso e mi sono accostato a questo mondo».
È possibile scardinare questo sistema?
«Non credo, o comunque ci vorrà tempo. È un problema di mentalità che va cambiata».

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