Fidanzato infedele

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Dal Corriere della Sera di mercoledì 28 novembre 2007

Jena per “La Stampa” – Dopo la guerra Togliatti sposò la democrazia, ma essendo un comunista previdente ordinò a Secchia di nascondere le armi. Anche D’Alema è previdente, infatti Sposetti ha nascosto i soldi. 

CHI FA LA PIDÌ SULLA QUERCIA? – VOLANO COLTELLI TRA VELTRONI E IL TESORIERE DS SPOSETTI – WALTER: LE FONDAZIONI DS SONO UNA “STRUTTURA PARALLELA”
da “la Repubblica”

Il piddino Veltroni
I due non si sono mai presi. E ieri pomeriggio se n´è avuta la conferma. «Questa storia delle fondazioni diessine non mi convince per niente. Non capisco se è il tentativo di costruire una struttura parallela al Partito democratico», è stato l´affondo di Walter Veltroni contro il tesoriere della Quercia nonché inventore delle fondazioni Ds (che tengono dentro il patrimonio immobiliare ex Pci e i debiti) Ugo Sposetti.
A fine giornata il neotesoriere del Pd Mauro Agostini ha un diavolo per capello: «Come vanno le cose? Lasciamo stare che è meglio…», ………….(continua)  risponde con un tono molto alterato. Insomma, all´ombra del Pd è scoppiata la lite più annunciata del mondo, lo scontro sui soldi, tema bollente della vita dei partiti. Riunione tesa, ieri pomeriggio, nella stanza di Dario Franceschini alla Camera. Con Veltroni, Piero Fassino e i tesorieri di Ds, Margherita e Pd. A sbrogliare la matassa vengono dunque chiamati anche i leader. Il Partito democratico, per quanto riguarda le risorse, naviga a vista. Pochi i soldi arrivati dalle primarie (l´incasso totale è stato fissato a 4 milioni e 200 mila euro). E soprattutto non è chiaro come i Ds, attraverso Sposetti, vogliono gestire il passaggio alla nuova gestione.
Pesa, sul rapporto tra Veltroni e il tesoriere vicino a D´Alema e Fassino, anche la vicenda “Unità” per la quale si va verso l´acquisizione della famiglia Angelucci, sponsorizzata da Sposetti. Perciò Veltroni vuole che tutte le carte siano scoperte e ha puntato il dito contro il ruolo delle fondazioni.
Che però sono già state costituite anche a livello territoriale, hanno già tutte un presidente e un cda e in molti casi anche un nome che richiama il Pantheon della sinistra (in Sardegna si chiamerà Enrico Berlinguer, a Milano Elio Quercioli, per esempio). È una rete che punta a mantenere vivo non solo il patrimonio dei Ds ma anche la sua identità.

DITE AL GIUDICE WOODCOCK CHE NON SI MANDA IN GALERA IL CATTIVO GUSTO CORONA, TRE MESI DI CARCERE, È OGGI IL SILVIO PELLICO DELLE PARRUCCHIERE NEL CASO DI TOTTI E FLAVIA VENTO FACEVA IL FOTOGRAFO E NON L´ESTORSORE

Francesco Merlo per “la Repubblica”
Non si manda in galera il cattivo gusto. E difatti non c´è dubbio che solo grazie al suo insperato “talent scout” di Potenza, al giudice John Woodcock, Fabrizio Corona, che ha sopportato da giovane “vecchia volpe” una galera che non gli spettava, è oggi una vittima ammirata con tanto di certificato di proscioglimento, una specie di Silvio Pellico delle commesse, il Che Guevara delle sciammannate, il Giuseppe Garibaldi degli “scooppisti”.
Adesso dunque che Corona è stato prosciolto, speriamo che anche il giudice Woodcock capisca che infilare il diritto nel cattivo gusto non solo sporca il diritto, ma trasforma la volgarità in bellezza.

Capitan Totti in discoteca –
E dunque ora che, molto saggiamente, il gip romano Tommaso Picazio ha stabilito che Corona – almeno nel caso del capitano della Roma Francesco Totti e della showgirl Flavia Vento – faceva il fotografo e non l´estorsore bisognerebbe che l´intero Csm in seduta pubblica riflettesse su come la sofferenza della galera e l´abuso del diritto riescano a vestire di buon gusto anche il cattivo gusto.
E i giudici dovrebbero interrogarsi proprio per evitare che finisca come a Roma, dove l´abuso di un´eccezione da parte del comandante dei vigili urbani rischia ora di disonorare tutto il corpo dei vigili urbani. Nessuno può infatti negare che l´oscuro Corona, il quale svolgeva uno dei tanti lavori da immondezzaio post moderno, era un signor nessuno prima che l´inchiesta di Potenza ne trasmutasse l´essenza: da fotografo in fotografato, da paparazzo in paparazzato, dalle stalle alle stelle. Perciò bisogna dirlo e ripeterlo: è al giudice di Potenza che dobbiamo il mostruoso fenomeno Corona, che non è solo il banale e bel maschietto palestrato e tatuato che offre in dono le sue mutande gettandole dalla finestra alle ragazze adoranti, ed è invidiato da tanti giovani. Il punto grave è che Corona è anche un´idea del lavoro. Un´idea che è diventata vincente.
Corona lavora sulle cose sporche. Si mimetizza dentro l´immondizia. E probabilmente c´è sempre stato un Corona appostato dietro ogni debolezza umana, pronto a sfruttarla. Ma una volta, prima dell´era Woodcock, noi tutti pensavamo che solo nell´ombra potessero acquattarsi i Corona, e che per fare quel lavoro ci volesse stomaco. Ora invece molti ragazzi italiani pensano che quel lavoro è una figata pazzesca, un professione nobile, molto meglio che studiare come un pirla e poi finire a fare l´architetto come direbbe quel sapientone di Celentano.

Fabrizio Corona per Vanity Fair
Incarcerato e prosciolto, Corona è infatti un eroe da fumetto gotico, una specie di salame di Jacovitti, una truculenza che è diventata cara a una parte degli italiani. Eppure nessun chirurgo esibisce la faccia soddisfatta dopo un´operazione di emorroidi o il taglio di un´appendice, perché sa di avere messo le mani nel sangue e nelle viscere. E invece genialmente Corona, che a differenza dei medici non salva le vite, è tutto tronfio di poter mettere un occhio lascivo e sadico nell´immondizia umana, e l´altro occhio, avido e contabile, nel portafoglio della vittima.
Leonardo Sciascia negli ultimi anni della sua vita si inquietava perché molti giudici italiani troppo spesso usavano male il loro potere straordinario. I giudici infatti possono privare gli uomini della libertà. E usare male questo immenso potere, pensava Sciascia, può solo generare disastri individuali e sociali. Ebbene, questa dolorosa, grave considerazione trionfa oggi nella vicenda di Corona, laureatosi in galera angelo diabolico dell´Italia più triviale. Si sa che a ferire e ad allarmare Sciascia fu il caso Tortora.
Ecco a distanza di tanti anni il cammino che abbiamo fatto, lo stesso che trasforma la tragedia in farsa. Mai Sciascia avrebbe immaginato che un giorno sarebbe stato rovesciato il caso Tortora. Lì la cecità del diritto aveva fatto di un uomo per bene un galeotto, qui la cecità del diritto ha fatto di un galeotto un uomo per bene.

La Rai è sempre più prodiana

Con Riotta 61 minuti su 100 a premier e maggioranza.
Mai tanto spazio al Cavaliere e alla Cdl ai tempi di Mimun.

Curzi: io non voglio una Rai che parli soltanto prodiano
* da Il Giornale on line del 28 novembre 2007
di Luca Telese
Prova a intervistare Sandro Curzi sulla mancanza di pluralismo in Rai, e scopri che la vecchia volpe del giornalismo di viale Mazzini riesce sempre a spiazzarti. Anche perché, pur essendo un consigliere di amministrazione, Curzi continua a sentirsi un giornalista, e allora, invece di trincerarsi in difese d’ufficio ti riempie il taccuino di critiche. Poi, dopo che ti ha stregato, serra i ranghi e fa quadrato. È la «vecchia scuola»: giudicate voi stessi.
Direttore, è proprio sicuro che il grosso dell’informazione in Rai oggi sia soddisfacente? «E chi lo dice? Vuole un esempio? Recentemente guardando i nostri Tg mi sono arrabbiato».
Addirittura? «Be’, in occasione di un evento tragico, come la morte di Gabriele Sandri, ero così deluso che ho seguito tutta la vicenda solo su Sky».
Leggendo queste righe i direttori si arrabbieranno? «Mi dispiace, ma è così. Il Tg di Carelli ha coperto tutto perfettamente, fino a dare la diretta della conferenza stampa del questore».
E voi, invece? «Siamo stati troppo timorosi, troppo impacciati. Troppo prudenti: fino al paradosso che a sera, dopo ore, non c’era una versione chiara».
I dati dell’Osservatorio di Pavia e dell’Authority delle Telecomunicazioni dicono che nei Tg ci sono percentuali bulgare per il centrosinistra e la maggioranza. «Mah, se devo esser altrettanto franco non mi pare».
Il Tg1 non le sembra iper governativo? «Governativo. O abbastanza governativo. Ma chiunque conosca la Rai sa che il Tg1 è stato sempre governativo».
E quando ci sono picchi del 70% nello spazio concesso a uno schieramento… «Io preferisco sempre leggere i dati dell’Osservatorio radicale. Li capisco meglio».
Peccato che l’Osservatore radicale stia chiudendo… «E mi dispiace. Io non ho i dati di cui lei mi parla sotto mano, però so che l’Osservatorio di Pavia calcola i tempi con molta rigidità. Se uno parla male di Prodi con una sua foto, finisce che si accredita quel tempo a Prodi».
Le percentuali sono molto corpose, a prova di errore… «Faccio un altro esempio: se si parla della lite Berlusconi Fini quel tempo “giova” alla Casa delle libertà? Non credo. Però i dati vanno in “quota” alla Cdl. Non dico che non siano veri: vanno “pesati”».
Lei difese Celentano, un anno fa, perché il suo monologo era di opposizione. Ora, con l’Unione al governo, è filo-prodiano e governativo. «Ma lei non pretenderà che io censuri Celentano».
Che mi dica cosa ne pensa, però, quello sì… «Sarò sincero: mi è piaciuto molto, il programma. È fatto con nulla, pieno di idee, costa poco ma ha la forza della diretta… Un artista in forma, ottima televisione».
Le chiedevo un giudizio sulla parte «politica». «Ma la capacità straordinaria di Celentano è questa. Anche nella polemica sugli architetti non senti violenza, non trovi rissa… è così raro. Quanto al Cavaliere…».
Cosa? «Nessuno ha colto che il passaggio di Celentano era un attestato di… opportunità politica».
Ma un problema di pluralismo c’è o no? «Se lei avesse visto la puntata di Vespa con Cossiga, avrebbe sentito che l’ex presidente della Repubblica ce l’aveva a morte con l’attuale capo dello Stato. Mi pare che sia un forte esempio di pluralismo».
È un segno di libertà, ma il Colle non rientra negli equilibri della dialettica maggioranza-opposizione. «Le faccio un altro esempio, allora: lei ha visto la fiction di Luca Barbareschi? Io l’ho trovata bellissima. Mi sono arrabbiato anche per la collocazione che ha avuto, non era abbastanza buona».
Di nuovo critico? Ora si arrabbierà un capostruttura… «L’ho detto ai responsabili dei palinsesti, posso dirlo anche a lei. Ma sa una cosa?».
Su Barbareschi? «Sì. Le sue idee non sono certo le mie, o quelle di Celentano. Ma io sono convinto che un uomo del suo spessore debba avere anche uno spazio di gran programma».
Veramente ce lo aveva, gliel’hanno tolto. «Ben prima che arrivassi io. Ed è stato un errore».
Guardi che dopo quel che ha detto, Barbareschi la chiama oggi stesso… «Lo so, ma io voglio proprio questo, capisce? Non una Rai in cui parli chi è prodiano quando governa Prodi, e viceversa. Ma in cui parlino tutti, con le idee più diverse. E sempre».

 

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