L’ospedale più pazzo del mondo
POLICLINICO FEDERICO II DI NAPOLI: POCHI RICOVERI, MA UN ESERCITO DI MEDICI E INFERMIERI (UN PRIMARIO OGNI TRE PAZIENTI, UNO OGNI UATTRO MEDICI!) – A PADOVA CE N’È UNO OGNI VENTI…
All’ospedale universitario della «Federico II» di Napoli, nella incessante dedizione alla sofferenza dell’umanità, hanno deciso di mettere a disposizione dei pazienti un primario ogni tre ricoverati scarsi. Direte: si guarisce meglio che coi dottori semplici? No, ma vuoi mettere la soddisfazione? Adagiata nella zona ospedaliera alle spalle del centro storico tra il «Cardarelli», il «Cotugno» e il «Monaldi», l’«Azienda Ospedaliera Universitaria», non godeva in verità già prima di fama cristallina.
Per carità: non sono mai mancate le eccellenze, figlie della straordinaria tradizione medica partenopea. La clinica ostetrica, ad esempio, è da sempre considerata dalle campane che devono partorire molto affidabile.
Ma anche se non sono mai esplosi scandali paragonabili a quelli del «Cardarelli» (come quelli dei decessi dovuti a sciatteria o della ventina di dipendenti denunciati perché si facevano timbrare il cartellino da colleghi «pianisti» e poi se ne andavano a spasso o ancora quello del centralista che anni fa lasciò la postazione senza alcuno che rispondesse al telefono finché fu sorpreso dai carabinieri sulla spiaggia di Licola) le storture sono sempre state tante.
Basti ricordare la storia del medico e del tecnico smascherati da “Striscia la notizia” mentre incassavano cinquanta euro da un «paziente» per farlo passare davanti a tutti nella lista d’attesa e fargli lasciare il Policlinico con in tasca il certificato medico di una visita neurologica mai fatta.
O ancora la solenne inaugurazione nel luglio scorso, alla presenza del ministro della Salute, del nuovo edificio per l’intra-moenia, cioè dedicato alle prestazioni fornite dai medici al di fuori dell’orario di lavoro usando le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale, che concorda le tariffe coi professionisti. Un gioiello costato sette milioni di euro che lasciò Livia Turco di sasso: «Mai vista una palazzina interamente dedicata all’intra-moenia».
Peccato che, dopo l’inaugurazione, non sia mai stata aperta. E che i 90 posti letto, tutti in confortevoli stanze con tv e aria condizionata, siano sempre rimasti vuoti. Come vuoti restano in gran parte i mille letti teoricamente a disposizione della struttura ospedaliera. Il sito internet, che precisa come i metri quadrati a disposizione siano 440.000 (quanto la superficie del Vaticano) non spiega quanti siano i ricoverati medi giornalieri.
L’ex direttore generale Carmine Marmo, rimosso il 31 dicembre alla vigilia del cenone di fine anno (forse perché «senza tessere in tasca», dicono gli amici) parla di circa 700 letti occupati al giorno. I sindacati stanno più bassi. E dicono che no, i numeri sono inferiori: cinquecento ricoverati. Se le cose stanno così, i dati messi «on line» dall’azienda (800 dirigenti medici e odontoiatri, 170 dirigenti sanitari, 1.150 infermieri più 1.280 tecnici, ausiliari e amministrativi) offrono un quadro che la dice lunga sull’organizzazione del lavoro.
Fatti i conti, risulterebbero infatti quasi due medici più due infermieri (abbondanti) più quasi tre addetti vari per ogni ricoverato. Si dirà che poi ci sono gli ambulatori e il day-hospital e tante altre cose. Vero. Ma si tratta comunque di rapporti abissalmente lontani da quelli, per fare un esempio, del Policlinico di Padova. Ricco di eccellenze ma retto su numeri totalmente diversi.
E in questo contesto cosa hanno deciso, i vertici dell’Azienda? Di andarsi a riprendere ciò ritenevano fosse stato loro sottratto. Il numero dei primari era stato ridotto da 197 a 167? Bene: la delibera ha stabilito di aggiungerne d’un colpo altri 53. Così da salire alla somma stratosferica di 220 primari. Uno ogni quattro medici. O se volete, come dicevamo, ogni tre ricoverati scarsi.
Ma no, ma no, ha spiegato ad Alessandra Barone del “Corriere del Mezzogiorno” il neo direttore generale Giovanni Canfora: «L’atto aziendale è stato approvato dagli organi universitari e dall’ex manager prima del mio arrivo. Quando lo studierò e lo capirò in fondo, potrò esprimermi».
Però, ha insistito, «questa è una grande struttura dove ci sono persone preparate e si offre un’ottima assistenza ospedaliera». Ma no, ma no, «non si chiamano primari! », ha corretto il preside di Medicina, Giovanni Persico: si chiamano «responsabili di area funzionale». Di più: non fanno solo le 18 ore di attività in corsia o al capezzale dei malati. Devono anche tenere lezioni agli studenti. Quindi? Quindi lo scandalo non è poi così scandaloso.
Grazie. Ma nel confronto con Padova, dove l’insegnamento di medicina sarebbe addirittura precedente alla fondazione dell’Università, la quale secondo la tradizione risale al 1222, i conti non tornano. I primari o «responsabili di area funzionale» che dir si voglia sono infatti 79. E oltre ad insegnare seguono 1.759 posti letto, occupati mediamente per oltre il 90%. Risultato: un primario ogni venti ricoverati medi. Sette volte meno che alla «Federico II». Come mai? (Gian Antonio Stella per “La Stampa”)