60° anniversario della morte del Mahatma Gandhi

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«Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo»
Gandhi

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Mohandas Karamchand Gandhi in devanagari (Porbandar, 2 ottobre 1869 – Nuova Delhi, 30 gennaio 1948) è stato un politico indiano. Importante guida spirituale per il suo paese, lo si conosce soprattutto col nome di Mahatma (“grande anima” in sanscrito), nome che gli fu conferito per la prima volta dal poeta Rabindranath Tagore. Gandhi è stato uno dei pionieri e dei teorici della satyagraha, la resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa che ha portato l’India all’indipendenza. La satyagraha è fondata sulla satya (verità) e sull’ahimsa (non-violenza). Con le sue azioni Gandhi ha ispirato molti movimenti di liberazione e dei diritti civili e ha ispirato anche molte personalità come Martin Luther King, Nelson Mandela, Albert Schweitzer e Marco Pannella.

ghandijail.jpg Gandhi Dietro le Sbarre

In India Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione e la sua data di nascita è un giorno festivo. Questa data è stata anche dichiarata Giornata internazionale della non-violenza dall’assemblea generale delle Nazioni Unite.

f92.jpgGandhi at the telephone, Segaon, 1939

A centinaia di migliaia, in Italia, a decine e decine di milioni, in tutto il mondo, il popolo delle persone, della gente di buona volontà, s’emoziona e commuove vedendo il film sulla vita di Gandhi. Perché allora spegnere in sé il Gandhi che v’abita, l’attiva e miracolosa speranza?

La nonviolenza e i demoni del secolo
di Marco Pannella, Praga, 15-16 e 17 giugno 1990)
[…] Noi venivamo a farci arrestare per problemi concreti o, nel settembre del 1968, riuscivamo nel vero e proprio miracolo – a livello del partito di trecento o cinquecento iscritti che eravamo – di manifestare alla stessa ora contro l’occupazione della Cecoslovacchia, a Mosca, a Sofia o a Berlino est, in tutti i paesi del Patto di Varsavia che occupavano o aiutavano l’occupazione della Cecoslovacchia. Io ricordo il testo del volantino che distribuivo; ricordo che in bulgaro le copie erano circa tremila, ne distribuimmo 2.600 (voglio recuperare quel testo, attraverso la polizia segreta bulgara, come documento storico). Scrivevamo in bulgaro, a partire da una interpretazione della legalità costituzionale bulgara, per sostenere che vi era oppressione dei bulgari ed era un atto incostituzionale e anticostituzionale, secondo la stessa Costituzione bulgara, essere fra le forze occupanti in Cecoslovacchia o sostenere le forze occupanti in Cecoslovacchia.

Ebbene, in quei giorni sicurissimamente gli ambasciatori degli Stati occidentali, gli uomini d’affari della Fiat, della Volskwagen, della Ford venivano in viaggio d’affari in queste capitali nella assoluta convinzione che l’ordine totalitario nell’impero sovietico era necessario al mondo.

[…] L’indifferenza, identica culturalmente a quella che nel 1938 portò agli accordi di Monaco dell’Inghilterra e della Francia con la Germania nazista e l’Italia fascista, si è ripetuta anche durante la guerra fredda, da parte dell’occidente pacifista. Mai, noi come partito, il partito della nonviolenza gandhiana, mai siamo stati un partito pacifista. Il pacifismo ha prodotto nella storia crimini che vanno ancora illustrati: i pacifisti francesi, i pacifisti occidentali, hanno assunto a lungo, nei confronti del fascismo e del nazismo, una posizione neutrale fra i propri governi e quelli nazisti e fascisti; volevano soltanto il non-armamento dei propri governi, e che non si reagisse in modo armato alle violenze dei nazisti e dei fascisti.

Il pacifismo degli anni ’50, di ispirazione comunista, discende nettissimamente da quel pacifismo vile ed irresponsabile; il nonviolento, e noi siamo sempre stati nonviolenti, va invece all’attacco delle radici della violenza e delle manifestazioni della violenza ed è nonviolento perché crede che le armi della nonviolenza sono più forti – potrei dire paradossalmente, tra virgolette, più violente – ma dico più forti, nel medio e lungo termine, delle armi della violenza. Perché le armi della nonviolenza sono le mani nude, i corpi nudi di miliardi di persone, delle donne e degli uomini, mentre la forza della violenza militare si basa sulla riduzione in schiavitù di costoro per mandarli a morire nelle guerre: e la scelta violenta militare si traduce sempre in una catastrofe. Tutti i miti di questo secolo, i miti che nell’occidente sono stati fortissimi, proprio miti da mass-media, da poster – Che Guevara, i martiri, gli eroi – sono il prodotto, il portato della scelta dell’occidente a favore di queste opposizioni contro quelle, per esempio, dei monaci buddisti che rappresentavano la stragrande maggioranza delle popolazioni e che furono battute perché l’occidente liberaldemocratico e socialdemocratico ha sempre, in questo secolo, creduto e puntato sulle armi tradizionali, su una concezione tradizionale e vecchia dei rapporti internazionali e anche delle guerre di liberazione. In particolare penso, ad esempio, alla dittatura indocinese, con la realtà della Cambogia, del Vietnam…
[…] Un partito nonviolento…è un partito di gente che si unisce perché ne ha la felicità, perché ne ha la convinzione, ne ha il senso della necessità. Un partito nonviolento è la risposta giusta – in via teorica – alla società dell’opulenza suicida, perché attraverso le tecniche nonviolente e il vivere nonviolento, attraverso la propria astensione felice, non sacrificale, del cibarsi, attraverso il provocare il potere e dire “mettimi pure in galera, così si cambieranno le leggi”, c’è la lotta degli umili, la lotta di coloro che alla fine della giornata non hanno nelle mani bottino di nessun tipo.

[…] La nonviolenza politica, oggi, costituisce la forma più avanzata e integra della “tolleranza laica”, su cui si fonda la civiltà di una società e di uno Stato, se è tradotta nelle leggi e nei comportamenti della classe dirigente non meno che delle opposizioni storiche. Per un paio di secoli, dopo la rivoluzione borghese, contraddizioni spaventose hanno ferito la civiltà della tolleranza e della democrazia. In nome della dea ragione si è ucciso e massacrato, in nome delle nazioni e delle rivoluzioni si sono fatte guerre e carnai e si è anche pensato che tolleranza e violenza potessero e dovessero convivere, quando la violenza diventava di Stato o “rivoluzionaria”. Purtroppo la Chiesa cattolica, nei secoli, ha subito anch’essa, e in certi periodi ha imposto, massacri e violenze fra le più atroci. Nei processi stalinisti la matrice da “Inquisizione” (1) è facilmente riscontrabile.

La nonviolenza mette al centro della vita sociale la persona, il dialogo, come Socrate, non solamente come Gandhi. La nonviolenza presuppone il fatto che non esistono demoni, ma solo persone: e che la peggiore fra di esse, se aggredita con la forza della nonviolenza, che è sempre “aggressiva” al contrario dell’apparente mitezza del pacifismo, può corrispondere con quella parte di sé che è migliore…

La vera nonviolenza politica, per esempio, non ha nulla a che vedere con certe forme di sciopero della fame, come quelle dei militari irlandesi dell’IRA. Se non si vuole che la nonviolenza costituisca una forma di violenza, occorre usare la sue forme estreme, come quella appunto dello sciopero della fame, solamente per chiedere al potere, con fiducia, di attuare quello che ha promesso e che la legge stessa gli impone…

[…] Comunque la tolleranza, la civiltà laica deve temere come la peste uno Stato e leggi che pretendano di imporre valori etici e morali: il diritto positivo deve solamente garantire che nessuna morale individuale e collettiva si sviluppi ai danni di altri, faccia loro violenza.

2 Comments so far

  1. Abtsam on 11 Luglio, 2014

    ciao Eni: io non sono ancora ccaape di copiare link e incollarli perf2 ci tenevo a lasciarti un brano, che poi e8 quello da cui ho tratto il titolo del blog, nonche8 primo post in assoluto, eccolo:”Ma cosa amo, quando amo Te?Non la grazia di un corpo,non il fascino del mondo,non la candida luce amica di questi occhi,non la carezza melodiosa dei canti,non il profumo dei fiori o di balsami e aromi,non la manna e il miele degli abbracci e dei desideri dei sensi.Non e8 questo che amo, quando amo Te.Eppure amo una sorta di luce,una sorta di voce e di profumo e di cibo e una sorta di abbraccio, quando amo Tedove ogni cosa splende e risuona e profuma per l’anima,e da lei sola si fa assaporare e stringere.Dove c’e8 luce sepolta nello spazio e musica non rapita dal tempoe profumo che il vento non disperde e sapore che non finiscee un abbraccio che la saziete0 non scioglie.Questo e8 quello che amo, quando amo Te.Agostino, Confessioni

  2. Treasure on 23 Febbraio, 2015

    1. Noto che, come sempre, l’impostazione fin dall’inizio e8 decmsaiente ed esclusivamente rivolta in termini maschili2. mirabile il riferimento a Nietsche: con poche parole da una pennellata copleta e corretta del filosofo tedesco;3. il testo riportato sotto il numero 3 sarebbe stato pif9 corretto se anticipato al posto 2, si rischiano confusioni cronologiche nel campo del pensiero-filosofia occidentale;4. il testo lo definirei un’ottima elucubrazione mentale mirabilmente scritta5. mi chiedo se chi ha scritto tutto cif2 non sia per caso sec sulla via indicata da Cristo ma con una lanterna a cercarlo nelle biblioteche o meglio nei meandri di intelletti riforniti egregiamente di mera carta stampata.Saluti Toni

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