Kosovo indipendente

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PRISTINA – In una Pristina sferzata dal vento e dalla neve i kosovari albanesi si preparano in queste ore ai festeggiamenti: lungo le strade di quella che da domani sarà una nuova capitale balcanica, commercianti improvvisati vendono bandiere rosse con l’aquila bicipite nera, simbolo del vessillo dell’Albania. Costano 3 euro l’una e vanno letteralmente a ruba nonostante il Kosovo sia il paese più povero d’Europa, con un tasso di disoccupazione che tocca il 70%. «Torneremo a pensare ai nostri problemi da lunedi: domani sarà solo un giorno di grande festa, atteso da 500 anni» dice Muharem, un ingegnere disoccupato che tira a campare vendendo sigarette di contrabbando.
Nei bar della capitale la rakja, grappa locale, già scorre a fiumi: tutti a brindare, scandendo «Urime Parvasia» vale a dire «Benvenuta indipendenza». Il parlamento del Kosovo proclamerà l’indipendenza della provincia dalla Serbia domenica 17 febbraio alle 18:00. E il primo ministro kosovaro Hashim Thaci è sicuro che circa 100 Paesi riconosceranno l’indipendenza del Kosovo non appena sarà proclamata. «Abbiamo le conferme di circa 100 Paesi in tutto il mondo, pronti a riconoscere l’indipendenza immediatamente dopo la proclamazione».

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Cartello pubblicitario in Pristina: “Kosovo libero”
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Pristina, la capitale del Kosovo, si prepara all’indipendenza

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All’annunciata proclamazione di indipendenza da parte del Kosovo, il governo serbo del neopremier Boris Tadic ha diramato un documento ufficiale per ribadire che qualsiasi ipotesi di secessione unilaterale da parte di Pristina è da considerarsi nulla ai sensi del diritto internazionale e della stessa costituzione serba.

“La Serbia è uno Stato internazionalmente riconosciuto e membro fondatore dell’Onu e si attiene al rispetto della Carta dell’Onu, la quale garantisce la sovranità e l’integrità territoriale degli Stati indipendenti entro i loro confini internazionalmente riconosciuti”, è scritto nel minaccioso documento diramato stamane. Ma c’è di più: la Costituzione serba – avverte il governo belgradese – definisce “la provincia autonoma del Kosovo come parte integrante della Serbia” dotata di “uno status di vasta autonomia”. Pertanto, “la proclamazione d’indipendenza del Kosovo e il riconoscimento da parte di qualsiasi Paese rappresentano una violazione grossolana del diritto internazionale, in particolare della Carta dell’Onu, dell’Atto finale di Helsinki e della risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza”. Belgrado ha diramato il documento sapendo di poter contare sul sostegno di Vladimir Putin. Che non a caso ha oggi dichiarato: ‘’Non vogliamo scimmiottare l’Occidente, se qualcuno prende decisioni stupide e illegali, non significa che dobbiamo farlo anche noi. Ma lo interpreteremo come un segnale e reagiremo per garantire i nostri interessi. Abbiamo già pronto un piano nel caso di secessione e sappiamo cosa fare’’.

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Una bandiera etnica del Kosovo

Mosca Atene e Madrid non brindano: timori legati ad un’ondata separatista
Il parlamento del Kosovo proclamerà l’indipendenza della provincia dalla Serbia domenica 17 febbraio alle 17:00. Lo ha annunciato oggi il portavoce del premier kosovaro Hashim Thaci.
Gli albanesi , il 90% della popolazione dell’enclave, si preparano a festeggiare un divorzio benedetto dagli americani, che intendono riconoscere il nuovo Stato immediatamente, e caldeggiato da alcuni paesi europei, tra i quali anche l’Italia.

A non brindare all’indipendenza del Kosovo, invece, non sarà solo Belgrado, che deve archiviare per sempre il sogno della Grande Serbia, ma nemmeno Mosca, Atene e Madrid. «Concedere l’indipendenza a Pristina provocherà effetti pericolosi in molte aree geografiche», ha avvertito lo zar del Cremlino, Vladimir Putin, nel corso della sua ultima conferenza stampa come presidente della Russia. Allarme condiviso anche dalla Spagna, che ha già annunciato che per il momento non intende riconoscere il Kosovo come Stato indipendente e che ha chiesto garanzie molto serie per non porre il veto in seno all’Unione Europea.

Nel Palazzo Santa Cruz di Madrid, dove ha sede il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, una decina di diplomatici sono al lavoro da settimane per spulciare tutti i documenti che saranno presentati nelle varie istanze europee e internazionali relativi alla questione kosovara e all’annunciata dichiarazione di indipendenza. «Non voteremo alcun documento che non specifichi l’eccezionalità della decisione di riconoscere il diritto all’indipendenza del Kosovo», ha detto un diplomatico spagnolo ad Adn Kronos International. «Ogni documento dell’Onu o dell’Unione Europea, o di qualsiasi altro organismo internazionale sull’indipendenza del Kosovo – aggiunge – per avere il sostegno della Spagna deve includere il fatto che si tratta di una decisione straordinaria ed eccezionale, «motivata solo dal fatto che i kosovari sono stati oggetto di una pulizia etnica».
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Comprensibili i timori della Spagna. Il paese iberico ha almeno tre regioni dove parte delle forze politiche e degli abitanti chiedono l’indipendenza, ovvero l’Aragona, i Paesi Baschi e la Catalogna. Riconoscere il diritto all’indipendenza al Kosovo solo perchè il 90% della popolazione parla un’altra lingua ed ha i connotati di una nazione diversa da quella del paese dove è attualmente collocata politicamente e geograficamente, aprirebbe infatti la porta per la secessione di almeno tre regioni spagnole, ma forse anche delle isole Canarie e delle due enclavi Ceuta e Melilla che la Spagna possiede nell’Africa settentrionale.

La Spagna non è l’unico paese europeo che ha problemi con le proprie minoranze etniche e linguistiche. Praticamente ogni Stato del Vecchio Continente ha in casa propria gruppi separatisti che attendono il momento più opportuno per rivendicare il proprio diritto all’indipendenza e alla secessione. In Francia, il governo di Parigi deve fare i conti con i corsi e i bretoni, in Gran Bretagna c’è la questione dell’Irlanda del Nord, in Belgio è in corso un duro scontro tra Vallonia e Fiandre, e poi c’è Cipro, diviso da un muro.

Nell’Europa dell’Est la situazione è ancora più esplosiva. Non è un caso che all’interno dell’Unione Europea, oltre alla Grecia, a Cipro e alla Spagna, sono contrari all’indipendenza del Kosovo anche la Romania, la Bulgaria e la Slovacchia. La Romania e la Slovacchia devono infatti fare i conti con forti minoranze ungheresi, mentre la Bulgaria ha una consistente popolazione turca. Temono gli effetti dell’indipendenza del Kosovo anche i macedoni, con il 30 per cento della popolazione di etnia albanese, la Grecia che convive con i suoi macedoni, e la Polonia con i suoi tedeschi.

L’ondata dell’indipendenza del Kosovo può colpire anche i paesi più lontani, dall’ex Unione Sovietica fino allo Sri Lanka, passando per la Turchia, l’Iran, il Pakistan e l’India. «Perchè il trattamento riservato dalla comunità internazionale ai kosovari non deve essere applicato anche altrove, per esempio in Abkhazia?», si è chiesto nei giorni scorsi Sergej Bagapsh, leader abkhazo. E perchè non in Ossezia, Cecenia, Nagorno Karabakh o Transdnistria? L’indipendenza del Kosovo potrebbe risvegliare i sentimenti secessionistici anche tra i tibetani e musulmani di Xingjiang, i curdi iraniani, iracheni e turchi, i beluchi iraniani e pakistani, i bengali, i kerala e i kashmiri indiani e perfino i gli svedesi dell’isola di Aland in Finlandia. (Dalla Stampa.it)
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L’Unione Europea ha dato il via libera a “Eulex Kosovo”, la più grande missione civile della storia dell’Ue, che trasformerà l’ormai quasi indipendente Kosovo in un protettorato europeo. La decisione, giunta a tarda notte, chiude la partita sull’invio della missione, durata due giorni, prima della proclamazione d’indipendenza, attesa per le 18 di domenica, e della riunione di lunedì tra i ministri Esteri Ue.
In Kosovo saranno inviati circa duemila uomini, tra agenti di polizia e magistrati (fra i quali circa 200 italiani), che si affiancheranno inizialmente alla missione Unmic delle Nazioni Unite e si aggiungeranno come presenza sul territorio al contingente Nato della Kfor.
I Ventisette hanno optato per il sì alla missione utilizzato la procedura “del silenzio-assenso”: se entro venerdì 15 febbraio nessuno degli Stati membri si fosse opposto, l’operazione “Eulex Kosovo” sarebbe stata lanciata. La missione prenderà effettivamente il via non prima di una o due settimane. Il suo compito è quello di «guidare e consigliare le istituzioni kosovare in tutti i campi che riguardano lo Stato di diritto», di stabilire «una giustizia indipendente e multi-etnica, così come una polizia multi-etnica», ha riferito una fonte diplomatica.

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